Sui diritti gay
Io penso che i diritti debbano essere uguali per tutti. Ne ho parlato molte volte e non ho mai cambiato idea. Oggi questa mia posizione vive in un movimento politico che sul tema ha deciso di non avere una posizione ufficiale, ma di lasciare che gli individui possano liberamente esprimersi in Parlamento. Monti ha ieri sostenuto nuovamente una idea – personale, come quella di tutti noi – generica sulla necessità di maggiori diritti per i gay, e una ispirazione di principio che invece penso debba essere patrimonio comune, su una tensione “europeista” anche su questi temi.
Non avere una posizione ufficiale “di partito” porta con sé due conseguenze molto positive per chi, come me, ha a cuore il tema dei diritti in generale, e di quelli delle persone omossessuali in particolare. La prima conseguenza è di far sì che questi temi, così importanti, non si possano strumentalizzare per ragioni elettorali o di posizionamento politico interno, come invece è accaduto sistematicamente nella seconda Repubblica, a destra e a sinistra.
Anche Vendola che oggi recita la parte del paladino per il matrimonio gay, per anni – e due elezioni da governatore – se ne era detto contrario, sostenendo solo la timidissima difesa delle “coppie di fatto” che è cosa molto meno seria di qualsiasi unione civile europea.
Invece, è urgente smontare l’idea che su questi temi debba schierarsi un partito contro un altro: le questioni che riguardano la sfera esistenziale delle persone non sono questioni “di parte”, o “distributive” come si dice in economia. Pertanto, andrebbero trattate come tali, evitando di intestare a un partito o movimento – che è una “parte” per definizione – la loro potestà.
Specialmente in Italia, dove su questi temi c’è un ritardo spaventoso ed è urgente legiferare è importante che le decisioni che verranno sperabilmente prese vengano vissute e interpretate come patrimonio comune, frutto di una libera discussione parlamentare, e non “conquista” di una fazione politica magari da ribaltare alle elezioni successive.