Ringiovanita
Ieri durante una discussione pubblica di presentazione di Scelta Civica, una signora ha detto una cosa bellissima. Parlava di lavoro, del fatto che fosse una dipendente della pubblica amministrazione, di quei lavoratori “spesso considerati negativamente” dall’opinione pubblica come nullafacenti. Era quasi pronta alla pensione, e poi la riforma “in qualche modo mi ha ringiovanita, perché ora ho una prospettiva di lavoro più lunga e voglio partecipare alla riforma dei miei uffici”.
Intendiamoci: io credo che la riforma delle pensioni – anche al netto del cosiddetto problema degli “esodati” – sia stato un grande sacrificio. La stessa interlocutrice di ieri aveva un tono di ironia rassegnata. Però la riforma delle pensioni è stata una cosa che per venti anni è stata sempre, sempre approcciata col metodo del rinvio. Si approvava, ma non entrava in vigore mai, e mai toccava i lavoratori attivi. Poi si approvava differita. Poi si tornava indietro, e per farlo si aumentavano le tasse ai precari. Poi l’Italia stava fallendo e il Governo Monti l’ha finalmente completata.
Ci sono però almeno due modi di vivere una riforma dura, ma necessaria e in quanto necessaria, utile. Uno è il modo tipico: protestare, dire o lasciare intendere di volerla cambiare, guardare indietro. L’altro l’ha mostrato ieri la gentile dipendente pubblica: si guarda avanti, e si scoprono cose a cui prima non si era pensato.