Copertine come da noi non se ne vedono
Che belle che sono certe copertine di libri che si vedono negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Ne ho messe insieme alcune che mi sono piaciute tra quelle degli ultimi tre mesi. Eccone tre:
Chi è impallinato di libri ed editoria lo sa bene: le copertine anglosassoni sono spesso più creative e belle di quelle italiane. Le ragioni sono culturali ed economiche. Le case editrici italiane catalogano i libri per collana – per quanto ai lettori spesso non sia chiaro con quali criteri – e le collane hanno le loro regole grafiche: ogni libro ha una sua immagine in copertina, ma all’interno di schemi prestabiliti. Più si resta all’interno dello schema che c’è già, meno si deve spendere per qualcosa di nuovo; gli editori italiani lo fanno, ad esempio chiedendo a un illustratore di realizzare una specifica copertina, solo quando pensano che il libro in questione lo meriti. Il risultato è che c’è meno varietà, meno creatività e risultati meno attraenti di quelli che si vedono in certe librerie straniere.
Tra luglio, agosto e settembre sono queste le copertine italiane che hanno attirato l’attenzione “dell’osservatorio copertine” del Post. Tra quelle americane e britanniche invece ci sono queste:
Se avessimo copertine più belle si venderebbero più libri in Italia? Probabilmente no, «le copertine sono importanti ma sono solo una parte di un libro» dicono gli addetti ai lavori e come dar loro torto. Però che fascino le due copertine realizzate per il nuovo romanzo di Hari Kunzru, Red Pill. L’unico romanzo di Kunzru che ho letto non mi è piaciuto, ma a vederle mi sono incuriosita. A sinistra quella americana, a destra quella britannica:
Leggendo in giro ho scoperto che Red Pill parla di uno scrittore che vive una crisi paranoica, di quelle in cui ci si convince di essere spiati e perseguitati, durante una residenza artistica a Berlino. È ospitato in un palazzo sulle rive del lago di Wansee, di fronte alla villa dove i nazisti tennero la conferenza in cui progettarono lo sterminio degli ebrei. Il titolo è legato al significato che l’espressione red pill, cioè “pillola rossa”, ha assunto nella cultura di internet a partire da Matrix: è la pillola da ingerire per arrivare a vedere il mondo com’è per davvero, senza illusioni, e per gruppi di estrema destra e incel americani è un simbolo della loro visione del mondo – complottista e sessista – contro quella di chi ha idee progressiste.
Tornando alla grafica del libro, l’edizione britannica è stata molto apprezzata anche per le controguardie e i fogli di guardia, dove c’è un’immagine del lago. Forse è un libro che comprerei solo per la copertina.
Forse invece se ogni mese le librerie fossero piene di copertine come queste si sarebbe troppo distratti da quello che c’è dentro i libri, o forse ci sembrerebbero meno speciali, chissà.