L’arte dell’autografo, per gli scrittori
Penso che ci sia qualcosa nella natura solitaria e interiore della lettura che fa sì che il lettore desideri ardentemente un tatuaggio sulla propria copia come conferma esterna dell’intimità transitoria tra lettore e libro. Questa urgenza poi si trasforma in una dipendenza a sua volta.
Lo scrittore Geoff Dyer in un vecchio e a tratti spassoso articolo del New York Times sul chiedere autografi agli scrittori, tradotto un po’ liberamente da me.
Quando vado alla presentazione di un libro di un autore che mi piace insieme a un amico mi chiedo sempre se sia il caso di fargli scoprire che sono una di quelle persone che si fanno autografare i libri. Penserà di me quello che pensavo io dei bambini che a Disneyland Paris si facevano firmare un quadernetto fatto apposta dai tizi che indossavano i costumi dei personaggi dei cartoni? È un timore infantile, ma del resto non è infantile il desiderio che il corpo che contiene un cervello con cui ci siamo sentiti profondamente connessi attraverso un blocco di fogli di carta tocchi e lasci un segno su quello specifico blocco di fogli di carta? E magari ci scriva anche il nostro nome dopo aver incrociato il nostro sguardo? E nei migliori dei casi un breve messaggio cordiale nella sua lingua che dentro di noi penseremo di avergli ispirato col modo in cui gli abbiamo chiesto l’autografo?
Settembre è un mese di festival letterari – quello di Mantova c’è già stato, quello di Pordenone è in questi giorni – e molti scrittori stranieri sono stati o sono in giro per l’Italia. Nonostante il sempre lieve imbarazzo, mi sono fatta fare un autografo da tutti quelli che ho visto e tra una fila per il tavolo delle firme e l’altra ho pensato che anche gli autografi si possono recensire e che forse saranno recensiti sempre di più se, come si dice ogni tanto, gli scrittori dovranno diventare sempre di più personaggi di spettacolo. Ecco dunque 11 scrittori giudicati solo ed esclusivamente sulla base del modo in cui mi hanno firmato un libro. Aggiungete pure le vostre recensioni di autografi nei commenti per rendere un servizio a tutti i lettori con questa dipendenza.
Chimamanda Ngozi Adichie, voto 5 su 10
Adichie è un’autrice ritrosa con i giornalisti ed è poco disponibile a fare presentazioni e tour in giro per il mondo, quindi ottenere un suo autografo non è facile. Se per caso ci riuscite, non portate con voi la speranza di ottenere qualche segno di riconoscimento del vostro amore per lei: il voto è 5 perché, appunto per questo, vi spezzerà un po’ il cuore. Potrete comunque ammirare che anche molto da vicino è bellissima. Anche la sua grafia, peraltro più leggibile che no, lo è. Come è giusto che sia, dato che è una che se lo può permettere, si firma solo con il nome. Chimamanda.
Margaret Atwood, 8
Atwood è la vicina di casa dei sogni, una nonnina spiritosa che vi offre un tè e mentre chiacchierate vi dice che forse ha messo il veleno per topi nell’impasto dei biscotti al posto di qualche altro ingrediente. Poi però vi racconta cosa ha letto su Twitter in mattinata e un paio di aneddoti degli anni Settanta e vorreste restare a casa sua per sempre. Ha una bella grafia, vi sorride sinceramente e se c’è tempo vi scriverà qualcosa come «all best wishes». Ma soprattutto vi sentirete a vostro agio a chiederle di farvi una foto insieme.
Emmanuel Carrère, 7
Nulla da dire, Carrère è cortese e sorridente, si presta ai firmacopie senza presentazione e un «avec toute ma sympathie» si farà notare in mezzo ai «wishes» e ai «thanks» del resto della collezione. Non potrete togliervi il dubbio però che se foste uomini e non donne non sarebbe stato così amichevole. Ah, lo immaginerete forse, ma è meglio parlargli in francese che in inglese.
Dave Eggers, 8
L’autore di L’opera struggente di un formidabile genio non smentisce ciò che immaginate del suo temperamento: scriverà il vostro nome mettendoci un punto esclamativo alla fine, cosa che personalmente apprezzo. È anche uno di quegli scrittori che ci tiene a scambiare due parole con i lettori, quindi aspettatevi una domanda sul vostro nome o qualcosa del genere, ma non preoccupatevi: va bene essere naturali, per Eggers il lavoro dello scrittore richiede una attenta osservazione degli altri esseri umani per come sono, non vi vuole artefatti. Unica nota di demerito: so che sembro più giovane di quello che sono ma prendermi per una studentessa… uno scrittore deve essere un osservatore migliore di così e capirle al volo certe cose, Dave!
James Ellroy, 5
È passato molto tempo da quando mi sono fatta firmare Perfidia, quindi non ricordo bene come andò l’autografo se non per qualche dettaglio: la fila scorreva veloce e me ne ero andata trovandolo simpatico. Probabilmente la presentazione era stata divertente e lui sembrava ben disposto a fare gli autografi, ma quando sono andata a rivedere come aveva firmato, be’…
Non è tanto per la J (presumo che sia una J, quello in alto sarà un puntino?) che potrebbe aver fatto chiunque (mi rendo conto che sarebbe una critica scema), ma perché ha sbagliato pagina: gli autografi si fanno in quella dove ci sono titolo del libro e nome dell’autore. Forse è per quello che alla fine Perfidia non l’ho letto. Ma può anche darsi che sia stato per le 886 pagine.
Annie Ernaux, 8
Vi farà sentire un po’ in colpa chiedere a una signora anziana apparentemente delicata come Annie Ernaux lo sforzo di scrivere il vostro nome e firmare la vostra copia di Il posto o Gli anni, specialmente se le persone che come voi si sono messe in fila lo hanno fatto in modo disordinato e un po’ asfissiante. Lei però non darà l’impressione di essere infastidita e scriverà anche la data del giorno del vostro incontro.
Jonathan Safran Foer, 5
È forse il più buono degli scrittori l’uomo che sta provando a salvare il mondo convincendoci a mangiare meno carne, latte e uova? Anche quando si va a chiedergli un autografo si ha questa impressione: Foer si sacrifica per l’umanità intera rinunciando agli hamburger e per i suoi lettori sottoponendosi alla tortura degli autografi. È evidente che dentro di sé odia farli, ma sarà comunque gentile e, a meno che la fila non sia lunga chilometri com’era a Milano per Eccomi, scriverà anche il vostro nome. Se vi sarete preparati una cosa sagace o anche solo cordiale da dirgli, vi rivolgerà uno di quei sorrisi della cui autenticità comincerete a dubitare poco dopo esservi allontanati. La firma somiglia poco al nome, ma ha un suo fascino.
Valeria Luiselli, 7
Di solito non chiedo autografi agli scrittori di cui non ho ancora letto nulla, ma quello che Valeria Luiselli ha detto durante la presentazione di Archivio dei bambini perduti a Milano e gli estratti che sono stati letti (come questo) mi sono bastati non solo per acquistare il libro, ma anche per mettermi in fila per la firma. P, L ed M maiuscole eleganti e semplici; semplice anche la firma, o meglio la sigla, VL. Non tutti gli autori che sembrano simpatici durante le presentazioni lo sembrano anche ai successivi firmacopie, lei sì.
Ian McEwan, 3 nel complesso ma 9 per la tecnica e l’eleganza
A Mantova quest’anno McEwan era probabilmente lo scrittore più celebre e autorevole: la presentazione di Macchine come me ha chiuso il festival e sembrava che tutte le persone presenti si fossero messe in fila per gli autografi. Quindi ovviamente niente dediche personalizzate, ma non solo: c’era addirittura una addetta all’apertura dei libri sulla pagina da firmare, che li passava prontamente a McEwan con un gesto sempre uguale. Per questo alla fine la fila scorreva velocissima. McEwan dunque non aveva il tempo di mostrarsi affabile o meno, ma il rapidissimo gesto della mano nella firma era elegantissimo. Probabilmente però un autografo fatto con più calma avrebbe avuto tratti un po’ diversi. Ulteriore nota di merito: non si ribellerà se vi portate da casa tutti e 16 i suoi romanzi, e li firmerà tutti. Al posto suo vi giudicherà la persona dietro di voi in fila.
George Saunders, 8 e mezzo
Non so se lo dice a tutte le persone relativamente giovani che vanno a farsi firmare un libro ma George Saunders (anche lui uno da sigla) mi ha guardata e mi ha chiesto se fossi una scrittrice. Se far gongolare le persone che gli chiedono un autografo è una strategia di marketing, funziona.
David Sedaris, 10 e lode
David Sedaris ama interagire con i suoi lettori ai firmacopie: si porta dietro una scatola di pennarelli e ad ogni persona che chiede una firma fa un disegno e lo colora. Possibili soggetti: il vostro ritratto di schiena o la collana che portate al collo. Mentre è intento a disegnare e colorare vi chiederà qualcosa, anche cose molto private che normalmente non direste mai a uno sconosciuto. Dato che volete il suo autografo però probabilmente lo conoscete e sarete pronti a dirgli qualsiasi cosa voglia sapere. Chissà, magari finirete anche dentro uno dei suoi libri.