Ascoltare gli animali
Questo post parla di una piccola “notizia” su una cosa bella e due altre cose belle che la notizia mi ha fatto venire in mente.
La piccola notizia è che nella Official Singles Chart Top 100, la classifica dei singoli più ascoltati nel Regno Unito, della settimana dal 3 al 9 maggio, al 18esimo posto, c’era una “canzone” interpretata non da esseri umani, e nemmeno da macchine, ma da altri animali. Si intitola “Let Nature Sing” e l’ha prodotta la Royal Society for the Protection of Birds (RSPB), la più grande organizzazione per la protezione degli animali selvatici in Europa; l’hanno scaricata più di 23mila persone.
“Let Nature Sing” dura due minuti e mezzo e raccoglie i canti di 25 delle specie di uccelli più note o a rischio di estinzione delle isole britanniche, tra cui il merlo (Turdus merula), il pettirosso (Erithacus rubecula), l’allodola (Alauda arvensis), la tortora comune (Streptopelia turtur) e l’usignolo (Luscinia megarhynchos), il cui numero nel Regno Unito è diminuito del 90 per cento negli ultimi 50 anni. I canti sono stati registrati tra il 2016 e lo scorso gennaio da Adrian Thomas, un esperto della RSPB; del montaggio si sono occupati il direttore musicale del Globe di Londra, Bill Barclay, e il musicista folk Sam Lee.
“Let Nature Sing” è stata fatta per sensibilizzare sulla probabile estinzione a cui sembrano destinate moltissime specie animali. A questo proposito, secondo l’importante e lungo rapporto presentato il 6 maggio dall’IPBES, l’organismo dell’ONU che si occupa della biodiversità sulla Terra, circa un milione di specie di animali e piante in tutto il mondo rischia l’estinzione a causa delle attività umane nei prossimi decenni.
Nel Regno Unito l’interesse per gli animali è molto diffuso. Ce lo dicono gli stereotipi (per qualche ragione nella mia memoria è rimasta indelebile la battuta «Niente abbracci, cara: siamo inglesi. Dimostriamo affetto solo a cani e cavalli», da questo film non particolarmente dignitoso da citare) e lo dimostra la grande tradizione di naturalisti britannici, la bellezza, l’accuratezza e la chiarezza dei documentari di BBC sulla natura e la storia e la grandezza della RSPB, che ha più di un milione di membri. Tuttavia se “Let Nature Sing” si è piazzata così in alto nella classifica dei singoli è anche per l’influenza di Extinction Rebellion, il movimento ambientalista che per 10 giorni ad aprile ha occupato varie zone di Londra per protestare contro il cambiamento climatico e farne parlare molto.
Non è la prima volta che una “canzone” realizzata con canti animali ottiene un grande successo, e qui vengo alla prima delle due cose a cui “Let Nature Sing” mi ha fatto pensare. Negli anni Sessanta il biologo americano Roger Payne scoprì la complessità dei canti delle balenottere azzurre durante la stagione degli accoppiamenti, li registrò e, nel 1970, li fece conoscere al mondo con il disco Songs of the Humpback Whale, che vendette più di 100mila copie, un record per le registrazioni di suoni naturali. Si dice che influenzò la proposta di moratoria sulla caccia alle balene fatta durante la Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente umano del 1972.
L’intero disco dura un po’ più di 30 minuti. Come “Let Nature Sing”, è montato e condensato, e ci fa sentire canti che difficilmente potremmo ascoltare dal vivo, quindi in un certo senso è un’esperienza sonora innaturale. Fa capire bene però la complessità dei suoni con cui comunicano i cetacei, che, ha scoperto lo stesso Payne, possono essere ascoltati anche a migliaia di chilometri di distanza dai loro simili. Forse più di molti, anche incredibili, video girati nelle foreste pluviali, ci fanno capire con chi abbiamo a che fare quando parliamo di animali.
“Let Nature Sing” mi ha ricordato, come potrà immaginare chi ha già visitato la ventiduesima Triennale di Milano, The Great Animal Orchestra: un’installazione, o meglio una “scultura sonora”, allestita in una grande stanza buia dove si possono ascoltare, stando seduti o sdraiati, i suoni di diversi ambienti naturali e intanto vederne una resa grafica sulle pareti. Le tracce audio mettono insieme, sovrapponendo i versi di vari animali, dagli insetti ai grandi predatori mammiferi, più di 5.000 ore di registrazioni di habitat naturali fatte da Bernie Krause, un musicista ed esperto di registrazioni sonore della natura. Si può andare ad ascoltare a Milano fino al primo di settembre.
Anche i suoni di The Great Animal Orchestra sono montati e condensati. Per questa installazione vale probabilmente la critica mossa a Planet Earth II secondo cui i documentari sulla natura fatti in modo da affascinare sulla vita degli animali selvatici contribuiscono all’estinzione delle specie che mostrano, dato che non danno un’idea dei rischi che corrono, al contrario ci fanno pensare che la natura se la passi alla grande… nei posti in cui c’è. Forse, perché questi canti e conversazioni animalesche creino un legame di empatia tra noi umani e loro altri animali, servirebbe ascoltare un disclaimer prima che comincino, qualcosa che ci ricordi cosa dice il rapporto dell’IPBES sulla riduzione degli spazi naturali e le estinzioni. O forse basta ascoltarle meglio, o più spesso, e magari poi andare a cercarsi un live fuori città.