La pillola, il Papa, la “natura”

Il 20 gennaio i giornali britannici si sono messi a parlare delle nuove linee guida britanniche sulla prescrizione delle pillole contraccettive combinate per i ginecologi del Regno Unito. La novità riguarda le pause tra un blister della pillola e l’altro o il numero di giorni in cui si assumono dei placebo (è la stessa cosa, dipende dal tipo di pillola che si usa): le linee guida suggeriscono ai ginecologi di prescrivere alle proprie pazienti pause minori dei tradizionali sette giorni, oppure nessuna pausa, perché, nonostante non ci siano studi definitivi sull’argomento per mancanza di dati, gran parte dei ginecologi pensa che diminuiscano il rischio di gravidanze indesiderate rispetto alle pause di sette giorni.

A leggere molti degli articoli che sono stati pubblicati a proposito di questa notizia, la cosa che saltava di più all’occhio era il Papa. Il titolo di quello del Telegraph, il primo quotidiano a parlarne, è, tradotto in italiano: «La pillola contraccettiva si può assumere tutti i giorni del mese, ora che gli scienziati hanno respinto la “regola del Papa”».

Il riferimento al Papa aveva un suo perché e attirava molto l’attenzione, ma non era la cosa importante dietro la notizia. Cioè che si può benissimo prendere la pillola senza fare pause (e quindi non avere le mestruazioni, nemmeno quelle “finte”), ma che molte donne non lo sanno e anche molti giornali, sembra, dall’enfasi con cui ne hanno parlato e per il modo in cui sono andati a scomodare il Papa.

Le basi
Mettendo in una stanza una decina di donne sessualmente attive e non ancora in menopausa, e lasciandole confrontare per qualche ora sulle proprie esperienze con mestruazioni, ginecologi e contraccettivi ormonali si ha l’impressione che in Italia non venga fatta abbastanza divulgazione sulla salute riproduttiva: esperienze personali, a volte anche piuttosto sgradevoli, si mescolano a preconcetti e timori. Anche cercando articoli su questi temi si leggono cose poco chiare e fuorvianti. Prendete ad esempio questo articolo di D di Repubblica uscito tre anni fa. Parla delle pillole vendute nel formato “trimestrale”, che prevedono una sospensione e quindi una finta mestruazione (se state pensando «finta?», ci torniamo più sotto) e tra le altre cose dice, con un grassetto dell’originale e virgolettati di una ginecologa:

Il rischio che alcuni esperti intravedono è quello di un messaggio fuorviante per le ragazze che iniziano ad avere il ciclo: «La disponibilità di pillole che portano all’amenorrea sembra voler suggerire che è inutile e anzi fastidioso avere le mestruazioni». Le donne che non mestruano più perché entrano in menopausa sanno bene quanto sia fastidioso non avere più il ciclo. Averlo significa essere giovani, avere un corpo sano che funziona come un orologio lunare che mestrua ogni mese. «Con la disponibilità di queste nuove pillole a breve si arriverà a dire: “scegli tu quando vuoi mestruare”. Ma dare questo prodotto a una ragazza in crescita a 16 anni e quindi il messaggio che è meglio un corpo senza mestruazioni è un’aberrazione, non è culturalmente giusto e soprattutto è contro natura».

Un altro esempio, di tipo diverso. Due settimane fa sul Tascabile, la rivista online di Treccani, è uscita una recensione di Xenofemminismo di Helen Hester, un saggio femminista di quelli che si leggono quando ormai si ha una certa esperienza dell’argomento, non una cosa divulgativa. L’autrice della recensione, Elisa Cuter, quell’esperienza ce l’ha, eppure parlando della sua formazione sul femminismo scrive:

… non avendo mai fino in fondo accettato l’ingiustizia di avere il ciclo una volta al mese, mi ero spesso interessata all’esistenza in fase di sperimentazione di pillole contraccettive sprovviste dell’inconveniente del ciclo “fittizio” e artificiale provocato dalle pillole in commercio.

Cuter è nata nel 1987 e in realtà di pillole come quelle di cui parla ce n’erano in commercio da ben prima che avesse vent’anni: solo che probabilmente nessuno gliel’aveva detto. In alcune occasioni il Post ha cercato di fare la sua parte. Questo articolo del 2016 spiega come si può scegliere di non avere le mestruazioni usando la pillola e quest’altro, del 2017, spiega nel dettaglio come funzionano tutti i contraccettivi. Ecco un estratto, con qualche taglio:

I contraccettivi ormonali forniscono una dose minima di ormoni simili a quelli prodotti naturalmente che ingannano il corpo e scollegano il cervello dalle ovaie. (…) Questi ormoni artificiali stimolano anche la mucosa uterina interna, ma essendo in dosi molto basse la mucosa cresce pochissimo: e questo spiega perché le mestruazioni di chi prende questo tipo di anticoncezionali possano essere piuttosto scarse. Quando si sospende ciclicamente l’assunzione del contraccettivo (quando ad esempio si sospende ogni tre settimane la pillola o si tolgono cerotto e anello vaginale) gli ormoni non sostengono più la mucosa che scende, provocando le mestruazioni. O meglio: delle pseudo-mestruazioni perché non seguono un’effettiva ovulazione. Quelle indotte dai metodi ormonali sono infatti delle finte mestruazioni che vengono provocate dalla sospensione degli ormoni contenuti nel contraccettivo che, di per sé, mette a dormire le ovaie.

Quando si parla di sospensione del contraccettivo in questo caso ci si riferisce alle pillole che contengono sia ormoni progestinici che estrogeni e per questo sono chiamate “combinate”. Esistono anche altre pillole – simili alle cosiddette “minipillole” del passato, ma a differenza di queste efficaci quanto quelle combinate per la contraccezione – che contengono solo progestinici e per cui non ci possono essere sospensioni perché l’effetto contraccettivo sia garantito. L’articolo spiega anche perché esistono le finte mestruazioni:

Alla base dell’idea di una finta mestruazione c’erano e ci sono tuttora soprattutto un motivo psicologico e una credenza molto diffusa. Quando quella che oggi chiamiamo “pillola” venne inventata negli Stati Uniti tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta, si pensò di rendere il più “naturale” possibile tutto il processo: si pensava, ma in molti lo pensano ancora oggi, che avere mensilmente le mestruazioni fosse sintomo di benessere e che non averle fosse al contrario segno di cattiva salute (questo dipende a sua volta dall’associare le mestruazioni alla fertilità). E così venne inventata anche una finta mestruazione, provocata dalla sospensione degli ormoni contenuti nella pillola.

La ragione per cui si è parlato del Papa in merito alle pause nell’uso della pillola è John Rock, uno dei ginecologi americani che contribuì alla realizzazione della prima pillola negli anni Cinquanta. Era cattolico e per gli otto anni successivi all’approvazione del farmaco per la commercializzazione si impegnò perché la Chiesa lo accettasse come metodo contraccettivo: le finte mestruazioni di sette giorni dovevano avere lo scopo di facilitarne l’approvazione perché più “naturali”, appunto. L’approvazione non ci fu e Rock abbandonò il cattolicesimo, ma questo è poco rilevante per la salute riproduttiva delle donne. Quello che conta è che per più di sessant’anni si sono prodotti e prescritti farmaci in un certo modo non sulla base di un vantaggio medico, ma solo per rendere più accettabili culturalmente i contraccettivi ormonali.

Un’intervista per capirne di più 
Ho fatto qualche domanda a Franca Fruzzetti, vicepresidente della Società Italiana della Contraccezione (SIC) – un’associazione di medici e ricercatori fondata per diffondere informazioni sui metodi contraccettivi – e ginecologa dell’Ospedale Santa Chiara di Pisa, per chiarire i possibili dubbi su questo tema. Le risposte sono editate e condensate per chiarezza.

In Italia ci sono linee guida sui contraccettivi analoghe a quelle fissate nel Regno Unito dalla Faculty of Sexual and Reproductive Healthcare?
La SIGO e l’AOGOI, che sono le principali società italiane di ginecologi, assieme alla SIC, si stanno organizzando per fare delle linee guida sulla contraccezione ormonale che al momento in Italia non ci sono. Quando dobbiamo fare una prescrizione noi ci rivolgiamo a quelle degli altri paesi, che peraltro sono quasi tutte sovrapponibili. Quelle britanniche sono, tranne per una o due cose molto particolari, uguali a quelle dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). A lezione con i miei specializzandi, quando parlo della prescrizione della pillola, parlo di entrambe.

I ginecologi italiani, quando prescrivono la pillola combinata, consigliano di fare sospensioni di sette giorni oppure quattro o nessuno?
È qualcosa che comincia a entrare nella testa del ginecologo. Circa dieci anni fa partecipai a una delle prime riunioni, ricordo eravamo a Parigi, sull’uso continuativo della pillola e feci uno studio in cui valutai sia nelle donne sia nei ginecologi se erano pronte ad accettarlo. I risultati furono abbastanza sovrapponibili a quelli degli altri paesi europei; ad esempio che il 50 per cento delle donne vuole avere le mestruazioni, mentre al restante 50 per cento non interessa nulla. Anche i ginecologi cominciavano a interessarsi rispetto a questa possibilità e alcuni già la utilizzavano, prescrivendola per conto proprio. Ora la cosa sta prendendo piede.

Tra le pillole presenti sul mercato italiano, quali sono i formati più diffusi? (Ci sono confezioni che contengono 21 pillole e prevedono pause da 7 giorni, altre che ne contengono 28 di cui 4 placebo)
Forse le più diffuse sono ancora quelle da 21 giorni. Ce n’è una sola nel formato trimestrale, mentre le seconde più diffuse sono quelle da regime esteso, con 24 o 26 giorni di assunzione invece che 21. Non ci sono dati su quante donne in Italia usino i diversi tipi di pillola, solo le aziende produttrici possono saperlo. Nella povertà di prescrizioni, perché la pillola in Italia è molto poco prescritta [secondo i dati più recenti, solo il 25,2 per cento delle donne italiane tra i 18 e i 49 anni usa metodi contraccettivi ormonali, in Francia e Germania più del 35 per cento, ndr], penso che attualmente la continuatività abbia uno spazio molto piccolo. Non si capisce perché l’Italia abbia una prescrizione così bassa: forse c’entra la mancanza di educazione sessuale, ma i motivi sono tanti.

Le nuove linee guida britanniche sono basate su alcuni studi secondo cui nell’uso della pillola combinata la pausa di quattro giorni ha un migliore effetto contraccettivo rispetto a quella di sette. È una novità o lo si sapeva da tempo?
Noi che stiamo dietro a queste cose lo sapevamo bene. Per un motivo molto semplice: nei giorni in cui la donna sospende la pillola, l’ovaio si riprepara a ovulare. Nei primi tre giorni risente ancora della soppressione data dalla pillola, poi dopo il terzo giorno cominciano ad aumentare l’FSH [l’ormone follicolo-stimolante, ndr] e l’estradiolo. Con il regime esteso di 24 giorni (e solo quattro di pausa) l’attività ovarica è molto soppressa e quindi c’è una minore probabilità di incorrere in errori nell’assunzione e di avere gravidanze indesiderate. Aumenta il margine di sicurezza contraccettiva. Diciamo che il regime con sette giorni di pausa è un po’ vetusto.

Ma hanno senso le finte mestruazioni?
Senso non ce l’hanno, perché la mestruazione durante la contraccezione ormonale è qualcosa di artificiale. Anche una donna in menopausa mestrua prendendo la pillola. Far mestruare o non mestruare è esattamente la stessa cosa. Il regime con 21 giorni era nato ai tempi dei tempi per unire quello che c’era di scientifico con le resistenze da parte di tutti, anche della Chiesa. Questi periodi di sospensione peraltro sottopongono spesso le donne a stress psicofisici: se si guarda l’incidenza di effetti collaterali della pillola, come cefalea e gonfiore, sono più frequenti quando si fa la sospensione di sette giorni. Se poi una donna si sente più tranquilla ad avere le mestruazioni… non entriamo nel merito perché le donne prima di tutto devono essere soddisfatte di quello che prendono. Se vogliono avere le mestruazioni, non prescrivo le pillole continuative.

Un pensiero per Margaret Sanger
Xenofemminismo, nel suo spiegare cos’è lo xenofemminismo (l’articolo di Cuter lo riassume bene) racconta la storia del Del-Em, uno strumento piuttosto rudimentale che negli anni Settanta veniva usato per realizzare interruzioni di gravidanza clandestine nei gruppi femministi ma era stato inventato per accorciare le mestruazioni e i dolori ad esse legati aspirando il sangue mestruale. È un simbolo di come le donne cercarono mezzi propri per prendere il controllo del proprio corpo ed Helen Hester lo mette in contrasto con le tecniche mediche ufficiali che durante la seconda ondata del femminismo erano ancora perlopiù svolte da uomini. La pillola però non esiste solo grazie agli uomini: furono sì dei ricercatori (Gregory Goodwin Pincus, prima) a studiarla e ottenerne le prime formulazioni, ma fu una donna a organizzare i finanziamenti per i loro studi, Margaret Sanger (1879-1966). Forse la più importante delle prime attiviste per l’accesso all’interruzione di gravidanza, fu una delle fondatrici di Planned Parenthood, la nota organizzazione di cliniche non profit americane che forniscono molti servizi sanitari alle donne.

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Per qualsiasi dubbio sulle pillole e sugli altri metodi contraccettivi si può consultare il sito della SIC. Qui ad esempio ci sono le risposte alle domande più frequenti sulla pillola combinata, mentre qui si parla della cosiddetta “minipillola”.

Ludovica Lugli

Nata a Modena nel 1991, se fosse nata nel 1941 avrebbe fatto la libraia. Ha studiato fisica per un po’, ma forse avrebbe dovuto scegliere biologia dato che gli animali le piacciono più del grafene.