Le cose che mi ha spiegato Rebecca Solnit

Sono femminista da quasi due anni e quattro mesi. Ho una data di anniversario precisa con il mio femminismo perché spesso tengo nota dei giorni in cui inizio e finisco un libro, e so che il 9 agosto del 2015 finii di leggere Men Explain Things To Me di Rebecca Solnit. Circa un mese fa è finalmente uscito in italiano, pubblicato da Ponte alle Grazie, con un titolo che è una traduzione letterale: Gli uomini mi spiegano le cose.

Potreste aver sentito parlare di Gli uomini mi spiegano le cose anche prima che il libro italiano uscisse perché uno degli articoli che contiene, quello che dà il titolo alla raccolta, è particolarmente famoso: Solnit racconta diversi aneddoti in cui degli uomini le parlarono di cose che lei conosceva meglio di loro con la presunzione di saperne di più. L’espressione mansplaining, ormai diffusasi anche in Italia, almeno in certe bolle culturali, è stata ispirata proprio da questo articolo.

Solnit ha 56 anni, è americana ed è un’intellettuale che si è occupata di tantissime cose: dell’opera del fotografo Eadweard Muybridge, dell’Irlanda, di ambientalismo e altre forme di attivismo, del camminare per le città e delle loro mappe. Ha anche scritto un (meraviglioso per quanto mi riguarda) memoir che parla del raccontare storie, di malattia e tante altre cose, The Faraway Nearby. Solnit è femminista e ha scritto molto anche della violenza sulle donne e di altri aspetti del patriarcato. Negli ultimi anni la diffusione del concetto e dell’espressione mansplaining l’ha resa molto famosa tra le giovani donne americane. Poi Speranza nel buioun suo libro del 2004 su varie storie di attivismo (in italiano era stato pubblicato da Fandango, ma oggi in libreria non si trova) ha avuto un rinnovato successo commerciale dopo l’elezione di Donald Trump, nel 2016.

Nell’estate del 2015, quando spinta da una serie di cose che avevo letto su Soft Revolution e dai discorsi di un fidanzato femminista decisi di capire a cosa servissero ancora i discorsi sulla parità di genere e cosa significasse “femminicidio”, conoscevo il nome di Solnit vagamente, solo per avere letto qualche suo articolo su Internazionale. A essere sincera, nel mio cervello confondevo il suo nome con quello di Susan Sontag. Scelsi Men Explain Things To Me dallo scaffale di una libreria perché la sua copertina prometteva di farmi capire a cosa servisse il femminismo in poco più di cento pagine (nell’edizione italiana sono 164). Il libro, che è una raccolta di nove articoli scritti tra il 2008 e il 2014, mantiene la promessa della copertina.

Per citare un passaggio:

«Io credo che la nostra comprensione della misoginia e della violenza contro le donne migliorerebbe alquanto se considerassimo l’abuso di potere come un’unica realtà, invece di trattare la violenza domestica come cosa distinta dallo stupro, dall’omicidio, dalle molestie e dalle intimidazioni, sul web, a casa, sul luogo di lavoro e per strada: visto nel suo complesso, lo schema è chiaro».

È in un poscritto a un articolo del 2008 scritto nel 2014, ma potrebbe benissimo trovarsi in un editoriale di riflessione sulle recenti inchieste giornalistiche su molestie sessuali e stupri e i successivi racconti fatti da moltissime donne sui social network con hashtag come #quellavoltache, #metoo e #balancetonporc. Non si basa solo sull’esperienza personale di Solnit, ma su una profonda riflessione che tiene conto dei dati sulla violenza sulle donne (americani quasi sempre), oltre che sulla violenza in generale, gli stessi che danno un senso alla parola “femminicidio”.

Gli uomini mi spiegano le cose è meno divulgativo di Dovremmo essere tutti femministi e Cara Ijeawele di Chimamanda Ngozi Adichie, ma non contiene nemmeno il linguaggio ostico dei testi dei women’s e gender studies. Non è il primo libro di Solnit a essere pubblicato in italiano (Fandango ha pubblicato due dei suoi saggi, Internazionale e Sotto il vulcano, il blog della casa editrice Sur, hanno tradotto alcuni suoi articoli) ma è il primo su tematiche prettamente femministe, pur parlando anche di economia, di attivismo, di arte e di Virginia Woolf. Parla di Dominque Strauss-Kahn e del Fondo Monetario Internazionale; del «matrimonio paritario», cioè dell’uguale diritto al matrimonio per tutte le persone a prescindere dal loro orientamento sessuale; della storia di Anita Hill, della “sindrome di Cassandra” di cui soffrono spessissimo le donne che denunciano una violenza sessuale.

Un altro passaggio, da un articolo del 2014:

«Credo che il futuro di quello che forse non si potrà più chiamare femminismo debba includere uno studio più profondo sugli uomini. Il femminismo ha cercato e cerca di cambiare l’umanità intera: molti uomini partecipano al progetto, ma analizzare quali benefici esso apporti agli uomini, e in quali modi l’attuale situazione danneggi anche loro, potrebbe stimolare una riflessione più attenta. La stessa cosa si potrebbe ottenere indagando sugli uomini che sono responsabili della maggior parte delle violenze, delle minacce, dell’odio – il reparto d’assalto della forza di polizia volontaria – e sulla cultura che li incoraggia. Ma forse questa indagine è già iniziata. (…)

Gli uomini che comprendono il problema capiscono anche che il femminismo non è un complotto per defraudare i maschi, ma una campagna per la libertà di tutti».

Gli uomini mi spiegano le cose non è il “libro definitivo” sul femminismo ma è utilissimo se ci si vuole accostare a certi temi con desiderio di capire e senza pregiudizi, e cominciare una riflessione. La mia è stata che pur essendo una donna privilegiata, che ha avuto tutte le possibilità possibili e un’ottima educazione da parte di una madre che svolgeva i ruoli di due genitori e lavorava, qualcosa “contro le donne” era dentro la mia testa. Alla scuola materna non mi azzardavo a chiedere che mi fossero regalate delle macchinine pur volendole tantissimo perché mi avevano detto che erano una cosa da maschi, da più grande pensavo che il lavoro di mia madre fosse meno importante di quello di mio padre per nessuna vera ragione (era lo stesso lavoro tra l’altro), al liceo regalai Orlando di Virginia Woolf a un mio amico dicendogli una cosa tipo «lo so che l’ha scritto una donna, ma fidati è un grande libro».

Lo scorso febbraio negli Stati Uniti è uscita un’altra raccolta di articoli e saggi di Solnit che rappresenta il seguito ideale di Gli uomini mi spiegano le cose. Si intitola The Mother of All Questions, dall’omonimo articolo che apre la raccolta. Significa “La madre di tutte le domande”: è la domanda che, nelle sue diverse versioni, spesso le donne di successo o di potere si sentono fare, quella sul perché abbiano avuto dei figli o se abbiano intenzione di averne in futuro. Il tema del libro però non è solo questa domanda e perché venga fatta, ma, come nel caso di Gli uomini mi spiegano le cose, tante questioni per cui oggi il femminismo è ancora necessario.

Tra le altre cose, per dire che le battute sulle molestie sessuali sono divertenti solo se prendono di mira i molestatori e chi li difende, non le donne che li subiscono. Parla anche: di chi scrive commenti misogini online; di romanzi «che nessuna donna dovrebbe leggere» (c’è ironia); della famosa storia dell’uomo preistorico cacciatore e della donna preistorica che sta a casa; della radicalità del film Il Gigante con Elizabeth Taylor, Rock Hudson e James Dean.

Non so se The Mother of All Questions sarà pubblicato prossimamente, ma mi auguro che questo e altri libri di intellettuali che nel mondo anglosassone stanno arricchendo tantissimo il discorso sulle donne, e non solo, siano conosciuti da un maggior numero di persone anche da noi. Intanto sono passati nove mesi da quando The Mother of All Questions è uscito, di cose ne sono successe, e Solnit continua a scrivere.

Un’ultima cosa: molto spesso Solnit è divertente.

 

La traduzione dei passaggi di Gli uomini mi spiegano le cose è di Sabrina Placidi.

Il Post ha un’affiliazione con alcuni siti e ottiene una piccola quota dei ricavi se acquistate alcuni dei prodotti linkati, che non ne cambia il prezzo.

Ludovica Lugli

Nata a Modena nel 1991, se fosse nata nel 1941 avrebbe fatto la libraia. Ha studiato fisica per un po’, ma forse avrebbe dovuto scegliere biologia dato che gli animali le piacciono più del grafene.