Una poetica fragile per i “paesaggi dell’abbandono”, i disegni mirabili di Beniamino Servino
Da alcuni mesi, e con una frequenza quasi quotidiana, Beniamino Servino, uno dei migliori architetti della scena attuale italiana ed europea, ci sta regalando una sequenza di visioni e immagini che hanno il potere di risvegliare le inquietudini e le troppe incertezze che ci assalgono ogni volta che pensiamo al paesaggio contemporaneo e alle sue architetture.
Appoggiandosi alla sua pagina Facebook, e con la naturale perizia di un artigiano che rende semplice anche l’espediente tecnico più sofisticato, Servino lancia nella rete immagini che sono il prodotto di montaggi e continue, ossessive variazioni tra fotografie prese dalla realtà che abita l’autore casertano, e i segni, tra chine e digitale, che trasformano queste tracce di quotidianità paradossale in visioni stranianti e metafisiche. Troviamo così un San Sebastiano rinascimentale incatenato a una sequenza di pilastri di cemento armato grezzo in un cantiere abusivo, i resti delle troppe fabbriche abbandonate e morenti trasformate in paradossali immense costruzioni, frammenti poetici di architetture del passato metabolizzate in ordinari mirador sui territori flagellati dall’incuria.
Servino riflette poeticamente e dolorosamente sui “paesaggi dell’abbandono”, risarcendoli con tratti ispirati e sofisticati, ma non concedendoci alcuna illusione di redenzione, se non attraverso l’impalpabile ed effimera leggerezza del tratto. L’unico appiglio concesso dall’autore sono i titoli dei disegni che, ogni volta, usano lo strumento elegante e sottile dell’ironia, verso se stessi e, soprattutto, verso una parte sterile e narcisistica del mondo dell’architettura che troppo spesso si nutre di slogan, proclami, frasi utili a vendere il nulla.
Servino sta cambiando il nostro modo di guardare al disegno di architettura, abbattendo definitivamente i confini labili tra reale e virtuale, tra il tratto originale e il segno digitale, facendo fare un interessante passo in avanti alla cultura architettonica italiana contemporanea che si è sempre nutrita di segni, disegni, visioni immaginate come veri manifesti di poetica e politica sulla realtà. Sarà la crisi drammatica che “costringe” questo importante autore a scaricare tutte le proprie energie creative e sperimentali nel disegno, ma è anche e soprattutto la necessità di spostare l’asticella delle proprie ricerche e riflessioni teoriche verso un orizzonte nuovo e incerto in cui tutti noi, prima o poi, saremo costretti ad avventurarci.