Effetti collaterali
Grazie alla crisi climatica, nel corso dei prossimi anni potremmo davvero ritrovarci con città più verdi, trasporti più dolci, allevamenti migliori, cieli stellati più ricchi. Non si tratta solo di contenere l’aumento delle temperature medie: è anche un’ottima occasione per rendere le nostre comunità più giuste e gradevoli.
Nonostante l’ovvia bellezza degli alberi, finora era stato piuttosto complicato convincere le amministrazioni comunali a cementificare qualche area in meno e a ricavare qualche spazio in più per le piante. La meraviglia per le prime foglie in primavera o per i colori in autunno e la piacevolezza dell’ombra nelle giornate estive non erano una motivazione sufficiente. Per smuovere le autorità serviva attendere che gli alberi diventassero anche utili: e adesso che le città devono arrabattarsi per limitare le isole di calore, piantare più alberi è diventato un obiettivo politicamente accettato. Allo stesso modo, far leva sulla poesia dei viaggi in treno – e dei treni notte in particolare – non sarebbe mai bastato per convincere le autorità a investire di più su trasporti ferroviari confortevoli e capillari: serviva attendere che apparisse urgente ridurre le emissioni legate ai trasporti. E ora che le istituzioni si sono accorte che anche le biciclette inquinano poco o nulla, chi va in bici potrà forse finalmente contare su degli spazi adeguati – la semplice rivendicazione di strade più gradevoli e sicure per tutti non bastava.
Per quanto appassionato, l’impegno di una minoranza mossa da considerazioni di giustizia aveva finora faticato a tutelare gli animali da allevamento. Se il consumo di carne diminuirà nei prossimi anni, non sarà probabilmente tanto per ragioni etiche, ma per la crescente consapevolezza dell’impatto degli allevamenti intensivi sul clima. Fra le altre cose, la pressione della crisi ambientale potrebbe anche facilitare un contenimento dell’inquinamento sonoro e luminoso e la diffusione di una cultura della condivisione e del riuso.
Per quanto si trattasse di belle esperienze, di buone pratiche o di misure giuste, prima dello scoppio della crisi climatica niente di tutto ciò aveva la forza per imporsi da solo sull’agenda politica. Anche comprensibilmente, c’erano sempre priorità più importanti. A quanto pare serviva una spinta esterna per indurci a rendere migliori i posti dove viviamo e le comunità in cui siamo inseriti: in vari ambiti, grazie alla crisi climatica quella spinta ora esiste. Il contrasto al riscaldamento globale può insomma portarsi dietro una serie di cambiamenti che fino a poco tempo fa erano derubricati a desideri di frange curiose di ambientalisti, animalisti, idealisti o nostalgici. Ancora adesso, non è che gli alberi o le biciclette vengano promosse per il loro valore intrinseco – ma perché si rivelano strumenti utili per perseguire una nuova priorità politica.
Era ora che il contrasto alla crisi climatica si imponesse come un’urgenza. Allo stesso tempo, si intravede talvolta il rischio – in una parte della popolazione più preoccupata dalla crisi in corso – di fare dell’utilità o nocività climatica l’unico metro di giudizio delle attività umane. Qualcuno se ne approfitta, contando sul fatto che qualsiasi prodotto o attività a basse emissioni goda adesso di un pregiudizio positivo. In realtà, è evidente che non basta che un mezzo di trasporto o una fonte di energia diventino sostenibili dal punto di vista delle emissioni per sottrarli a qualsiasi altra obiezione. Se anche tutte le auto diventassero elettriche e smettessero di inquinare, continuerebbero comunque a occupare una quota spropositata di spazio urbano e rimarrebbero dei mezzi piuttosto pericolosi per pedoni e ciclisti. E così per gli impianti idroelettrici, eolici e nucleari per la produzione di energia: possono senz’altro rivelarsi sostenibili dal punto di vista delle emissioni, ma questo non giustifica costruzioni indiscriminate. Ci sarà comunque bisogno, tra gli altri criteri, di prendere in considerazione, ad esempio, la tutela dell’integrità di un paesaggio o di un ecosistema naturale.
Così come era problematico considerare la crescita economica il criterio centrale per tutte le politiche e attività umane, sarebbe limitante adesso farsi guidare solo dall’obiettivo della riduzione delle emissioni, o da una mera combinazione tra sviluppo economico e sostenibilità ambientale – senza nulla togliere all’importanza dell’uno e dell’altro obiettivo. Esistono dimensioni dell’esperienza umana che vanno oltre ciò che è utile o efficace: dimensioni che hanno più a che fare con il sentimento di comunità, la qualità della vita individuale, l’ammirazione per la bellezza.
In molti casi le cose belle e giuste aiutano pure a contrastare il riscaldamento globale. In altri casi possono presentarsi delle contraddizioni, che vanno risolte di volta in volta: continueremo anche in futuro a svolgere attività tutto sommato superflue, ma nocive dal punto di vista delle emissioni. Sono attività che arricchiscono le persone e le comunità in ambiti comunque importanti per la specie umana, come quello della meraviglia e del godimento: il crepitio di un fuoco dentro un caminetto, un piatto di carbonara, i fuochi d’artificio, ammirare il mondo da un aereo, un viaggio in un paese lontano.