Visitare stati scomparsi
Scrivere una guida turistica significa provare a rappresentare un pezzetto di mondo. Non c’è nessuna ragione specifica per cui le guide debbano ricalcare i confini degli stati, o delle varie regioni all’interno di un paese. La distribuzione degli ambienti naturali e del patrimonio culturale molto spesso attraversa i confini amministrativi o statali – ma praticamente tutte le principali collane di guide turistiche si occupano solo di stati o regioni ben precise.
Tra le pochissime eccezioni ci sono le guide dedicate alle Dolomiti e quelle che seguono i vari cammini, che mettono assieme porzioni di regioni diverse. È ancora più raro che si combinino all’interno di uno stesso volume regioni di uno stato con quelle di un altro, come potrebbe avvenire per un’ipotetica guida Corsica-Sardegna o per una guida dedicata alle Alpi.
Chi prova a scartare di lato, rispetto ai confini tradizionali, di solito segue un filo tematico. Le guide della collana “Ritrovare l’Italia” (il Mulino) in effetti saltano da un posto all’altro seguendo una traccia precisa: l’Italia etrusca, longobarda, araba, ebraica… Un’operazione simile la fanno i vari atlanti delle isole remote, dei luoghi inaspettati, e così via. Da una prospettiva diversa, anche il Viaggio nell’Italia dell’Antropocene scompagina i territori a cui siamo abituati.
È appena uscito un libro che prova a fare un esercizio ancora diverso, e ancora più ambizioso: una guida turistica alla Repubblica di Venezia, intesa come il primo volume di una serie dedicata agli “stati scomparsi”. Vi ritrovate in mano un libro che ha tutto l’aspetto familiare della guida turistica – le belle foto, gli aneddoti storici, le specialità gastronomiche, le curiosità linguistiche – ma che allo stesso tempo è straniante, perché fa riferimento a uno stato che non esiste più. È una guida a tutti i territori che furono controllati dalla Serenissima nel corso degli oltre mille anni della sua storia, da Bergamo e Brescia fino a Creta e Cipro, passando naturalmente per il Veneto e buona parte della costa orientale dell’Adriatico. Per certi versi è come sfogliare una guida d’epoca, dove le frontiere seguono linee diverse da quelle di oggi e alcuni monumenti ormai scomparsi esistono ancora. Ma questo è un libro fresco di stampa, che parla a noi contemporanei: solo che per rappresentare il pezzetto di mondo che s’è scelto non segue i confini statali o amministrativi odierni, ma quelli della Repubblica di Venezia.
A prima vista lanciare delle guide agli “stati scomparsi” potrebbe sembrare un’operazione nostalgica, che magari occhieggia agli indipendentisti veneti e alle varie costellazioni di gruppi che in giro per l’Europa rimpiangono i bei tempi dei Borbone, dell’imperatore Francesco Giuseppe, della Grande Ungheria, o di chiunque altro.
Al contrario, l’intento del progetto non è rimpiangere antichi stati e antiche frontiere, o addirittura alimentare nazionalismi e revanscismi. Lo chiarisce bene Giovanni Vale – ideatore e autore della collana – nell’introduzione alla guida, dove la definisce «un grimaldello con cui aprire la cassaforte delle identità nazionali. Una scala con cui scavalcare indisturbati le frontiere. […] Può darsi che all’interno di questo libro, quelli che per voi sono oggi degli ‘stranieri’ diventeranno dei ‘concittadini’».
Occorre un grande equilibrio e una grande consapevolezza per muoversi su un terreno così delicato come quello delle eredità storiche, delle frontiere e delle identità nazionali, e per di più riuscire a farlo col tono leggero di una guida turistica.
I confini e i loro spostamenti si portano sempre dietro dolore, stereotipi e violenza. È giusto darne conto e restituire almeno in parte la diversità dei punti di vista – e dunque ad esempio accennare alle vicende di chi si trovò a subire la potenza della Repubblica di Venezia. Allo stesso tempo, una guida turistica non è un saggio storico o politico. Le si chiede di selezionare e incuriosire, più che di problematizzare e valutare.
Per quanto attenta, un’operazione editoriale di questo tipo rischia comunque di alimentare della nostalgia. Sarebbe sicuramente più complicato scrivere una guida all’Africa orientale italiana oppure a stati scomparsi da pochi decenni, come l’Unione sovietica o la Jugoslavia. D’altra parte, una guida turistica non è per forza celebrativa. Segnala luoghi molto connotati, spesso spettacolari e legati a vicende di rilievo – ma quelle vicende possono pure essere legate a pagine oscure della storia. Ad esempio, tra le guide del Mulino ce n’è anche una di Anna Foa dedicata ai luoghi di confino fascista.
La guida alla Repubblica di Venezia riesce bene a dimostrare che non c’è nessuna ragione per farci dettare dalle frontiere attuali le categorie con cui leggiamo il mondo. Anzi, proprio giocando a spostare le frontiere si aprono squarci inaspettati e curiosi sulla realtà – si coglie meglio la particolarità di certi luoghi, e si riescono a riconnettere fili che si erano spezzati.