Non è una nuova guerra fredda
Quando è stato ucciso l’ambasciatore russo ad Ankara molti hanno parlato di un “nuovo attentato di Sarajevo” – l’attentato che condusse allo prima guerra mondiale. È passata una decina di giorni dall’omicidio ma non sono ancora pervenuti ultimatum dagli imperi centrali, né pare arriveranno. Anzi, nel frattempo Russia e Turchia sono pure riuscite a concludere un accordo complicato sulla Siria.
Certo, negli ultimi mesi l’ordine internazionale è stato scosso e ha ricominciato a muoversi con rapidità e senza una destinazione chiara, lasciando disorientati i politici, gli analisti e l’opinione pubblica. Quando si è disorientati si cerca spesso di ricondurre tutto a schemi familiari, che mettano un po’ d’ordine e diano qualche indicazione sui possibili sviluppi, o che diano almeno qualche appiglio. E così stanno fiorendo i parallelismi storici: l’ambasciatore russo è un nuovo Franz Ferdinand, Aleppo è una nuova Sarajevo, e tra Russia e Stati Uniti c’è una nuova guerra fredda.
Sembra ci sia in giro molta nostalgia per il Novecento: per qualche ragione saremmo sul punto di rivivere la prima guerra mondiale, o quantomeno la guerra fredda (e qualcuno se lo augura pure). È dall’annessione russa della Crimea che si parla di “nuova guerra fredda”, e se n’è tornato a parlare diffusamente da ieri. Sono suggestioni e scorciatoie comprensibili – ma non hanno molto fondamento e fanno più confusione che altro. Non stiamo rivivendo processi già visti: stiamo vivendo processi nuovi, che inevitabilmente, sì, hanno qualche punto di contatto con cose fatte in passato dal genere umano su questo pianeta.
La guerra fredda non è stata solo un periodo di cattivi rapporti tra Stati Uniti e Unione Sovietica: in tutta la loro storia, le relazioni tra russi e americani non sono mai state particolarmente buone, con rarissime e brevi eccezioni. Le tensioni tra Obama e Putin indicano solo la chiusura di uno di questi periodi eccezionali e il ritorno alla tradizionale, secolare rivalità. La guerra fredda però era un’altra cosa, ed era molto di più: una rivalità che investiva in modo pervasivo tutto il sistema internazionale e che vedeva due blocchi nettamente contrapposti. Nella rivalità di oggi non c’è né l’uno né l’altro elemento.
È peraltro bizzarro parlare di “nuova guerra fredda” a venti giorni dall’insediamento dell’amministrazione americana più filo-russa della storia. Ma è anche dannoso, perché non sappiamo ancora quasi nulla della politica estera di Trump, e adottare una chiave di lettura preconcetta rende ancora più difficile capirci qualcosa. Con molta probabilità nei prossimi mesi ci troveremo con dei rapporti straordinariamente stretti tra l’amministrazione americana e la Russia e dei rapporti straordinariamente tesi tra gli Stati Uniti e l’Europa. Si tratta di sfide e rischi nuovi, e pensare alla guerra fredda non sarà di grande aiuto.