Oggi è stata piuma
Questo post affronta un tema molto delicato: la carezza.
Delicato perché parlare di carezze, non è facile. Non lo è mai in generale, per via di quel retrogusto di stucchevole tenerezza intrisa nel gesto e nel significato che la parola stessa evoca. E, a maggior ragione, non lo è di questi tempi. Ci sono così tante facce da schiaffi che affollano le cronache di queste ultime settimane, che altro che carezze.
Mazzate, ceffoni e calci nel sedere, uno gli rifilerebbe se solo capitassero a tiro.
Miserabili come quell’amico del giaguaro che buca le ruote all’auto di un disabile per vendicarsi di avergli fatto prendere una sacrosanta multa; o come quel subumano che ruba il telefonino a un uomo tramortito al suolo dopo aver avuto un incidente stradale; o anche quell’avvoltoio in giacca e cravatta che si è infilato in tasca cento milioni di Euro di tasse che gli erano stati affidati da 400 comuni; per non parlare di quel Batman che va ghiotto di ostriche e SUV, o di gladiatori e maiali vari.
Gentaglia che ti fa venire il prurito ai polpastrelli, che lo sganassone te lo ruba dalle mani (pazzesco, anche quello ti rubano…).
Eppure, sarò incosciente, o idealista, o semplicemente dolciastro d’animo, ma anche a costo di scivolare nel barile della melassa buonista e impiastricciarmi di sentimentalismo, io ci voglio provare a spiegare il perché se una mano “po’ esse fero o po’ esse piuma” – come diceva Mario Brega in un film di Verdone – è più forte quando è piuma.
Per farlo prenderò a prestito la Teoria Delle Carezze elaborata da una donna da cui molto probabilmente ho ereditato il fondo dolciastro del mio carattere: mia nonna materna, Adalgisa.
Gliela sentii dire, quella teoria, quando avevo più o meno dodici anni e il sangue che mi colava dal naso dopo aver dato una nasata al pugno di uno dei miei sette fratelli (a casa mia non si litigava spesso, ma quando succedeva, potevi essere sicuro di due cose: uno – la rissa era epica, e due – se c’ero di mezzo io, ero io quello che le prendeva).
La teoria consisteva in questo.
Ogni giorno riceviamo una carezza in dono (nella versione di mia nonna il dono arriva dal buon Dio, ma la teoria resiste anche senza risvolti religiosi) che come un velo invisibile e sottilissimo si posa sul palmo della nostra mano. Questo velo scompare nel momento in cui viene utilizzato, cioè nel momento in cui la carezza viene data, in qualche modo passata, a qualcuno. Se invece la carezza non viene data, quel velo impercettibile rimane lì sul palmo della mano e il giorno dopo a quel velo se ne aggiunge un altro, diventando un po’ più percettibile. Il giorno dopo se ne aggiunge un altro di velo, e il giorno seguente ancora uno. E così, carezza dopo carezza, quei troppi veli accumulati cominciano ad appesantire le mani, ne irrigidiscono i movimenti, tutte quelle carezze impilate una sull’altra si “solidificano”, e la carezza non è più capace di essere carezza: sa solo essere schiaffo.
Dunque, secondo questa teoria, la carezza deve diventare un’abitudine quotidiana. Perché essere gentili, per quanto appaia semplice, non è una cosa naturale, ma qualcosa da tenere in costante allenamento. Così l’avevo capita quando mi era stata detta quella volta. Solo più tardi, non più da bambino ma da adulto, compresi che c’era qualcosa ancora di più forte in quella teoria. E cioè che la violenza non è altro che gentilezza anchilosata, detriti di bontà non manifestata, buone intenzioni troppo a lungo rimandate.
A guardarla da questa prospettiva, la piuma è più forte del ferro. Perché la leggerezza precede la pesantezza. Che significa che se la piuma decide di restare piuma, il ferro non sarà mai ferro.
PS: Domani saranno passati cinquant’anni esatti dall’apertura del Concilio Vaticano II. Un evento di una forza sconvolgente, dirompente, coinvolgente come nessun altro evento del secolo passato è riuscito a essere. In quell’occasione Papa Giovanni XXIII si affacciò dalla sua finestra e fece un discorso bellissimo ai fedeli radunatisi in piazza S. Pietro, non più lungo di due o tre minuti, a braccio, che passò alla storia come “Il Discorso della Luna”, quello dalla famosa frase: “…Tornando a casa troverete i vostri bambini. Date una carezza ai vostri bambini e dite: questa è la carezza del Papa”.
Beh, quest’articoletto è il mio modo personale di onorare quel Papa. Un uomo che è stato capace di cambiare il mondo a forza di carezze.