Una volta ogni quattro anni, sentiamo parlare dei “grandi elettori”: nel sistema elettorale statunitense sono loro, e non i cittadini, che alla fine eleggono il o la presidente degli Stati Uniti. Ognuno dei 50 stati, più il District of Columbia della capitale Washington, mettono in palio un certo numero di grandi elettori. Per capire il meccanismo, possiamo considerarli come punti: ogni stato assegna un certo numero di punti, proporzionale alla sua popolazione (e non alle sue dimensioni).
In tutto i grandi elettori, e quindi i punti, sono 538. Diventa presidente chi riesce a ottenerne almeno la metà più uno, ossia 270.
I punti di uno stato – per esempio, i 40 del Texas – vanno tutti al candidato che arriva primo in quello specifico stato. Non c’è una distribuzione proporzionale: chi prende anche solo un voto più degli altri se li aggiudica tutti (a parte in due stati, Maine e Nebraska, come abbiamo spiegato qui).
I grandi elettori sono attivisti, volontari o politici locali: i candidati li indicano per ogni stato compilando una lista di persone di fiducia. L’incarico dei grandi elettori, se eletti, è molto breve: dovranno riunirsi una volta sola (il martedì successivo al secondo mercoledì di dicembre, quest’anno il 17 dicembre) nei loro stati per esprimere formalmente un voto per il candidato che vogliono eleggere presidente. L’organo che raggruppa tutti i grandi elettori si chiama “collegio elettorale” (electoral college in inglese) ma in realtà non si riunisce mai fisicamente.
I grandi elettori sono legalmente liberi di votare per chi vogliono, a prescindere dal candidato a cui erano collegati, ma il loro impegno politico è stato violato poche volte nella storia, e mai in modo determinante per il risultato finale di un’elezione. Molti stati hanno inoltre introdotto leggi apposite per punire i cosiddetti faithless electors, ossia i grandi elettori che non votano come previsto: possono essere multati e sostituiti con un altro grande elettore fedele al partito che ha vinto in quello stato, in modo da non rischiare di falsare il risultato e la volontà dei cittadini.