Nessuno più invoca Policarpo
23 febbraio, Policarpo di Smirne (69-155), mica un santo qualunque
Voi siete gente di rango e di gusto, chissà che santi vi appaiono appena saltate un pasto. Santi importanti, santi di riguardo: a me capita al massimo San Policarpo (con un grappolo in mano).
“Ehi ciao”.
“Ancora tu?”
“Passavo. Vuoi dell’uva?”
“Sono allergico, te l’ho detto”.
“Ah scusa”.
“E poi cosa vuol dire passavo, Policarpo, dov’è che sei diretto che passi sempre da qui”.
“Cosa vuol dire allergico?”
“Storia lunga”.
“È un problema? Magari ti posso aiutare, sai, io sono un Santo”.
“Lo so Policarpo, lo so”.
“Ti va un’albicocca?”
“Mi brucia lo stomaco”.
“Sei sempre così pallido, secondo me dovresti mangiare più frutta, te lo dico”.
“Policarpo, sto lavorando”.
“E io no?”
“Cioè il tuo lavoro consisterebbe nel convincermi ad assumere vitamine? te lo contano come miracolo?”
“Non lo so, in confidenza non è che mi abbiano spiegato come funziona”.
“Ma come non ti hanno spiegato, scusa. Tu sei San Policarpo”.
“Eh lo so”.
“Sei uno dei Padri Apostolici”.
“Ah sì?”
“Hai ascoltato il Vangelo direttamente dalla bocca di San Giovanni evangelista”.
“Ma pensa”.
“Te lo ricordi?”
“Ma sì, cioè, insomma, San Giovanni, quel… quel vecchietto”.
“Vecchietto?”
“Non era un vecchietto?”
“Dovresti averlo incontrato quando aveva al massimo cinquant’anni”.
“Ah sì, certo”.
“Ma come fai a esserti dimenticato, Policarpo”.
“Che vuoi, sono pur sempre cose successe centinaia e centinaia di anni fa”.
“Io pensavo che in paradiso vi ricordaste tutto”.
“Non sarebbe più il paradiso, se ci rifletti”.
“Sì? Ma insomma non ti hanno spiegato cosa devi fare? Non c’è, che so, Pietro all’ingresso che dà un vademecum”.
“Oh, quello”.
“Mi sembra di capire che non c’è molta stima”.
“Ma per carità, è davvero un sant’uomo. Ma sempre così indaffarato”.
“Eh beh, un ruolo di responsabilità”.
“Tutto il giorno su e giù a sovraintendere, non un attimo di respiro, mi domando come faccia. Sempre gentile, eh? Non si dimentica mai di salutare, buongiorno Policarpo, come va Policarpo, cioè si ricorda persino come mi chiamo”.
“Perché gli altri no?”
“Gli altri? Mica tanti”.
“Ma San Giovanni?”
“Giovanni quale?”
“Il tuo Giovanni, l’evangelista”.
“Per carità, quello non esce mai dal suo ufficio”.
“Un ufficio? A farci cosa?”
“Ma la cosa che fanno i santi di solito, come dite qui voi, l’intercessione”.
“Cioè esaudisce le preghiere”.
“Oddio esaudire è una grossa parola. C’è un… come faccio a spiegarti, c’è questo flusso di richieste che arriva dalla Terra, e il santo le ascolta, fa una specie di cernita, elimina le impresentabili, e le altre le indirizza a un ufficio più in alto, magari con una raccomandazione se pensa che sia veramente il caso. I santi fanno questa cosa, sono degli… degli intermediari, ecco”.
“Quindi Giovanni è molto indaffarato perché deve smistare tutte le preghiere che gli vengono rivolte”.
“Esatto”.
“E anche Pietro”.
“Ma un po’ tutti, ti dirò”.
“Ma per dire Sant’Ireneo, ce l’hai presente Ireneo”.
“Ehm… Ireneo, certo”.
“Era di Smirne come te, ha questo ricordo di lui bambino che ti vede nel foro che insegni il Vangelo. Rammenta la maestà del tuo portamento; la santità della tua continenza, cioè eri una specie di torre di guardia, per lui”.
“Eh ma ai bambini facciamo un po’ tutti questa impressione”.
“Ma voglio dire, Ireneo di Lione ce l’avrà bene un attimo per te, per darti una mano”.
“Non lo so, anche con lui bisogna prendere appuntamento”.
“Per vedere Ireneo? È così popolare?”
“In un qualche modo sì, c’è un posto nelle Gallie dove è vissuto dopo essere partito da Smirne…”
“Lione”.
“Lì c’è ancora una comunità che lo invoca con frequenza, insomma un lavoraccio”.
“Mentre tu…”
“Io? Io non mi lamento”.
“Comincio a capire. Tu sei sempre qua perché in paradiso ti annoi”.
“Ma che dici”.
“E ti annoi perché nessuno ti invoca. Gli altri santi hanno tutti le preghiere da smistare. Ma nessuno prega più per Policarpo da Smirne”.
“Smirne, già. Che poi alla fine dov’è Smirne? Non mi ricordo più”.
“In Turchia”.
“Mai sentita”.
“Per forza, i turchi sono arrivati secoli dopo, ai tuoi tempi era una provincia dell’Asia Minore di lingua greca”.
“Ecco, sì, il greco lo so parlare. Ti va un πορτοκάλ?”
“Adesso si dice arancia. Con la dominazione turca si è imposta la fede musulmana, e così tu, che all’inizio eri uno dei santi più importanti, sei rimasto senza il tuo nocciolo duro di fedeli e adesso ti aggiri smarrito per il cielo senza nessuno che t’invochi, nessuno che ti dia un senso”.
“Si dice arancia ma ne ho anche di rosse, e poi ci sono le amare e…”
“E basta con questa manfrina della frutta, ho controllato. Non sei neanche il patrono dei fruttivendoli”.
“Ah no?”
“No, probabilmente è un’idea che ti è venuta ragionando sul tuo nome, che in greco vuole appunto dire…”
“Tanti frutti”.
“Oh rootie”.
“Eh?”
“Scusa, non ho resistito. Vabbe’ Policarpo, hai della frutta secca almeno?”
“Noccioline?”
“Sono allergico”.
“Pistacchi”.
“Vada per i pistacchi”.
“Però mi devi promettere che…”
“Uffa Policarpo, eddai, gli altri santi non fanno così”.
“…devi scrivermi un pezzo, dai”.
“Ma mi piacerebbe, guarda. Però non vorrei fare di te una macchietta”.
“Meglio una macchietta che niente”.
“Non sono d’accordo”.
“Li vuoi tostati i pistacchi”.
“Si capisce”.
Voi siete gente di un certo livello, chissà che santi in fila al vostro cancello. Io invece al mio ho Policarpo di Smirne, cui mai nessuno chiede di esaudirne. Ripeto: ho San Policarpo da Smirne, cui mai nessuno chiede di esaudirne.
Ho guardato a ponente, ho guardato a levante: non ho trovato un santo meno interessante.
Policarpo, oh carpo. Policarpo, oh carpo. Policarpo, oh carpo. A-bop-bop-a-loom-op a-lop-bop-boom.