Pier Damiani e il capolavoro perduto
21 febbraio – San Pier Damiani (1007-1072), dottore della Chiesa decisamente omofobo.
Cosa fareste per recuperare quel documento?
Un giorno (più probabilmente una notte) avete scritto qualcosa, una cosa che all’inizio non vi sembrava neanche granché. Un appunto su un’idea che vi frullava in testa. Una dissertazione in dieci capitoli. La prima pagina di un romanzo che avrebbe funzionato. Un foglio elettronico con tutte le formule al posto giusto. La ricostruzione della carriera. Una notte avete scritto qualcosa e non ci avete più pensato per mille altre notti; finché non avete capito che quella era la pagina giusta da cui ricominciare da capo. Ma, indovinate: quella pagina non si trova più.
Avete messo sottosopra gli scaffali, rivoltato i cassetti come calzini. Tutti i dischi rigidi, tutte le chiavette, avete portato dai cinesi quel laptop che si è spento per sempre cinque anni fa. E più cercavate, più quel documento diventava interessante, necessario, fondamentale, unico. Perché è l’unico che non si trova più. Il che non è possibile; voi non buttate mai nulla. Probabilmente è nel posto sbagliato, archiviato col nome sbagliato, dove lo ritroverete quando sarà troppo tardi. Oppure lo avete prestato a qualcuno, sì: qualcuno sembrava curioso e vi siete fidati senza tenervi una copia, pazzi! A nessuno bisogna prestare i propri documenti, di nessuno ci si può fidare. Neanche di un papa. Non è un modo di dire, per esempio San Pier Damiani si fidò di un papa, e lo sapete come andò a finire, no? In effetti forse no.
Pier Damiani il dottore della Chiesa, Pier Damiani l’inflessibile, l’incorruttibile, l’uomo che in teoria riusciva a vivere soltanto in un eremo appartato, circondato dall’algido affetto dei suoi confratelli, Pier Damiani che invece per un motivo o per un altro era sempre in giro per Sinodi o a Roma a lobbizzare con questo e quel pontefice; Pier Damiani un giorno scrisse una lettera stranissima a due cardinali, una lettera matta in cui si prendeva gioco del papa in carica, proprio lui! Pier Damiani, il riformatore: ce l’aveva con Alessandro II. Stia attento, scriveva: che un papa di nome Alessandro c’è già stato e fu frustato a sangue. Ma che aveva fatto il secondo Alessandro per meritare anche solo un vago riferimento al supplizio inflitto ai ladri? Cosa poteva aver mai fatto un pontefice per meritare un’accusa infamante e neanche tanto velata da parte di Pier Damiani? Indovinate: non gli restituiva un manoscritto.
Glielo aveva chiesto per farsene una copia: e doveva averglielo chiesto in termini piuttosto perentori, se Pier confessa che altrimenti non glielo avrebbe dato. Quando era tornato a riprenderlo, niente: il documento non c’era più. Ma che c’era mai scritto, in quell’unico fascicolo autografo tra mille che Pier non poteva più andarsi a rileggere? Magari niente d’importante. Lui stesso protesta che era poca roba, nulla per cui valesse la pena litigare o perdere il favore di un pontefice. E invece era proprio quello che stava facendo: aveva aperto un contenzioso col vicario di Pietro. Non riusciva a contenersi, Pier Damiani il continente. Ma perché Alessandro non rendeva il malloppo? L’ipotesi banale resta la più verosimile: magari aveva perso tutto. Basta appoggiare il quinterno sull’angolo sbagliato della tua Cattedra; magari qualcuno viene a mettere a posto, con le migliori intenzioni del mondo lo infila nello scaffale sbagliato delle biblioteche vaticane, e bye bye Inedito del Dottore della Chiesa, vallo a ritrovare se ci riesci. Possono passare anni. Secoli.
Ma siccome le vite dei santi non sono necessariamente così simili alla mia, non posso omettere un’altra spiegazione, molto più affascinante: quel manoscritto che papa Alessandro aveva tolto dalla circolazione, quell’opuscolo da cui Pier Damiani con molta fatica si era staccato, non era un brogliaccio qualsiasi, bensì il fascicolo più scottante a cui aveva messo mano, quello che oggi è (ingiustamente) la sua opera più famosa: il Liber Gomorrhianus. Avete presente il Liber Gomorrhianus, no? In effetti forse no.
Beh, è una specie di pietra miliare. Mettiamola così: sapete che la Chiesa ha questo problema dei preti pedofili, no? Ogni tanto se ne parla. Ecco: da quand’è esattamente che se ne parla? Quando è cominciato lo scandalo, o almeno quando la Chiesa ha iniziato a percepirlo come scandalo? Sono stime difficili da fare per uno storico. Di solito. Ma in questo caso no, in questo caso si può mettere una data quasi precisa: il primo a denunciare il fenomeno, in un latino ecclesiastico semplice ed elegante, fu Pier Damiani, nel Liber Gomorrhianus, indirizzato a papa Leone IX più o meno nel 1051. Quando si dice che è problema è annoso, pensate che questo specifico problema sta per compiere mille anni.
E prima non esisteva? Pier ne parla già come di una malattia morale ben nidificata. Più che i peccatori gli preme denunciare chi li copre: tutta una spaventosa rete di complicità sulla quale intende fare luce. In effetti chi voglia affrontare il Liber come se si tratti davvero del primo trattato di sessualità del medioevo rischia di restare deluso. Pier parla pochissimo dei peccati che denuncia; si capisce che ne prova un ribrezzo genuino. La sua casistica è limitata all’essenziale: secondo Pier ci sono quattro tipi di atti esplicitamente denunciati dalla Bibbia come contro natura. In ordine crescente di gravità: masturbazione solitaria, masturbazione reciproca, coito interfemorale e rapporto anale. Sono comunque tutti peccati mortali: chi li commette, secondo Pier, deve essere sollevato dall’incarico ecclesiastico. E la pedofilia? Pier ci arriva per gradi, esprimendo una riprovazione particolare per i presuli che iniziano al peccato i giovani che sono loro affidati. Oltre alla sodomia, in questo caso Pier intravede l’incesto, dal momento che il maestro è un padre spirituale, e il vincolo spirituale è più importante di quello carnale. In ogni caso, la soluzione è la stessa: chi pecca contro la natura e contro il vincolo famigliare deve perdere il suo incarico; gli deve essere impedito di confessarsi e ricevere l’assoluzione da un complice nel peccato (Pier aveva la sensazione che la cosa succedesse spesso). Ne va della salute morale della Chiesa, il papa deve assolutamente recepire la gravità del fenomeno e intervenire con severità. Il papa ringraziò, recepì, e qualche anno dopo fece sparire il manoscritto del Liber. Il primo caso di dossier sugli abusi del clero insabbiato dal clero. Notevole. Fin troppo.
E infatti le cose non andarono esattamente così. Innanzitutto giova ribadire che non siamo sicuri che il Liber sia davvero stato sequestrato da un papa: Pier Damiani si riferisce semplicemente a un documento scritto da lui, che ne scriveva tantissimi, su tantissimi argomenti sui quali un pontefice poteva essere altrettanto sensibile. Il motivo per cui pensiamo subito al Liber è il motivo per cui nelle librerie oggi si può trovare, con un poco di sforzo, un’edizione del Liber, mentre per tutti gli altri testi di Pier bisogna frequentare biblioteche molto specialistiche, ed è il solito banalissimo motivo, ovvero: pensiamo solo al sesso. Argomento che, sublime ironia, a Pier interessava pochissimo: noi invece non vorremmo parlare d’altro o studiare d’altro, e quindi se a un certo punto in una lettera si parla di un documento trafugato per oscuri motivi, dev’essere senz’altro una questione di sesso. Ovviamente si dice che il papa in questione aveva avuto esperienze sodomitiche in collegio e considerava il dossier un atto d’accusa. Quante cose si dicono, senza bisogno di provarle. Ma anche se fosse tutto vero, il papa che fece sparire il dossier non fu Leone IX (morto nel 1054), ma Alessando II, salito al Soglio nel 1061.
Quanto a Leone, sappiamo che il Liber gli era sostanzialmente piaciuto: che aveva definito la foga inquisitoria di Pier come “santa indignazione”, benché non intendesse recepire al 100% le proposte di Pier. “Noi agiremo più umanamente”, aveva scritto (“nos humanius agentes“). Leone in effetti intendeva degradare soltanto gli ecclesiastici non coinvolti in attività sodomitiche “da lunga abitudine o con molti uomini”. Ma la disponibilità papale a chiudere un occhio sulle scappatelle occasionali o sugli errori di gioventù non sconfessava affatto l’impianto accusatorio di Pier Damiani – si trattava anche di un gioco delle parti, tra due intellettuali consapevoli: a Pier toccava la parte del poliziotto cattivo, del magistrato inquisitore che chiede una pena di vent’anni per ottenerne cinque con la condizionale. Era una parte che doveva riuscirgli particolarmente congeniale: siamo tutti particolarmente spietati con i vizi che non condividiamo, e a Pier, tra tanti vizi che possono capitare a un povero cristiano, questo proprio non lo aveva. È sempre difficile parlare di sesso senza tradire una minima curiosità, una minima partecipazione: Pier non si tradisce perché davvero l’argomento non lo appassiona. Che si tratti di una pratica solitaria o di un rapporto anale con un minore, per lui la questione è molto semplice: la Bibbia dice che è male, Onan morì sul colpo, Sodoma e Gomorra furono incenerite, amen. È vero che la Chiesa non prese il suo Liber alla lettera, ma cominciò a porsi un problema dove prima non c’era nemmeno il problema. Per trovare un documento che proibisse agli stupratores puerorum di ricevere la comunione in punto di morte, Pier nel 1050 era dovuto risalire a un concilio del 305. In mezzo, settecento anni di silenzio. Dopo Pier invece qualcosa si mise in moto, anche se con la tipica prudenza dell’istituzione ecclesiastica, che vista da vicino sembra immobilismo. I sodomiti sarebbero stati esplicitamente espulsi dal clero e scomunicati solo nel secolo seguente, col Concilio Laterano III. Quanto al problema della pedofilia, c’è voluto qualche altro secolo, ma adesso se ne parla. Diciamo.
Un giorno – più facilmente una notte – avete perso un documento. All’inizio non vi sembrava una grande perdita, ma ora che non lo trovate più vi rendete conto che era perfetto. A dire il vero queste cose ormai succedono sempre meno, ora che tutto è sulla nuvola. Per dire, a me capita di ritrovare cose che credevo perdute e bellissime, articoli che avevo scritto per magazine on line che un giorno sono andati offline senza preavviso e figurati se l’Internet Archive si è fatta una copia: poi un bel giorno mi viene in mente una data o una stringa e bingo! Li trovo proprio sull’Internet Archive.
E fanno schifo.
Non riesco nemmeno a leggerli, buon dio, bisognerebbe chiedere all’Internet Archive di cancellarli. Chissà che schifezza aveva scritto Pier Damiani, che papa Alessandro non gli voleva restituire, e che gli sembrava un capolavoro soltanto perché non poteva più rileggerla. Io per dire qualche ora fa ho cancellato senza volere le dieci righe che servivano a finire questo pezzo e ora mi dispero, sono convinto che non troverò mai più un finale altrettanto bello e necessario, e intanto prendo tempo raccontando inezie al lettore. Era tutta una digressione finale sulla Chiesa Cattolica come prodigiosa macchina celibe, ma proprio per questo condannata ad avanzare nei secoli guidata da un’esplosiva miscela di uomini (selezionati e svezzati nei collegi): omosessuali e asessuali (ancora oggi secondo il New York Times i sacerdoti USA di inclinazione omosessuale potrebbero essere il 40% – qualche ecclesiastico col gay radar particolarmente sensibile parla del 70%). Con questa fondamentale controindicazione, che gli asessuali proprio non capiscono gli omo, e quindi questi ultimi devono in tutti i modi nascondersi ai primi attraverso tutta una serie di ipocrisie e codici di comportamento e regole che ti spiegano perché devi metterti le scarpine porpora anche se a te francamente basterebbero due sandali e via che si va. E che comunque la macchina, con qualche strappo e qualche panne ogni tanto sarebbe potuta andare avanti ancora per molto, non avessimo chiuso quasi tutti i collegi. Ecco, il pezzo diceva più o meno questo, ma lo diceva molto meglio di così. Magari se facessi control+Z per mezz’ora ritroverei quelle righe, ma quante altre ne perderei che immediatamente dopo troverei più necessarie. Quindi niente, stanotte il pezzo finisce così, chiedo scusa.
(Per scrivere un pezzo su Pier Damiani ho letto diverse cose, non tutte capendole e molte dimenticandone; in particolare lo spunto del manoscritto sottratto da papa Alessandro l’ho trovato in un articolo di Irene Zavattero, “Il Liber Gomorrhianus di Pier Damiani“).