Tredici mesi in paradiso
1° novembre – Tutti i Santi
Oggi, come ben sapete, è la festa di tutti i santi, in cui, secondo la più genuina tradizione italiana ci si lamenta del fatto che Halloween non sia una tradizione italiana. Poi uno va a vedere e scopre che distribuivamo dolci e intagliavamo le zucche fin dal medioevo. Ne abbiamo parlato già l’anno scorso, non vorrei ripetermi troppo. Il primo novembre è anche l’ovvio onomastico di questo blog, che a tutti i santi è dedicato: quale occasione migliore per fare un bilancio dei primi tredici mesi assieme?
Per prima cosa: grazie. Grazie ai redattori del Post, per l’ospitalità e la sollecitudine; al direttore che mi ha lasciato praticamente carta bianca, senza sapere dove sarebbe andata a parare la cosa, visto che all’inizio non lo sapevo bene neanch’io. Ma soprattutto grazie a voi lettori, mi è più comodo dirvelo oggi che non vi è possibile rispondere nei commenti: grazie, siete matti, grazie. Non so esattamente quanti siate, magari non tantissimi, ma siete veramente affettuosi ed entusiasti, in un modo che a volte m’imbarazza. Non so se si è capito, ma chi scrive queste storie non è esattamente un esperto, anche se sperava di farsi una cultura strada facendo, ma poi è stato un anno difficile, urla di bambini nel cuore della notte, e poi la crisi, le cavallette, il terremoto… vi meritavate un agiografo migliore. Più professionale, diciamo. Magari col tempo, con l’impegno. E ora vediamo il consuntivo.
In 13 mesi (400 giorni, più o meno) ho scritto 70 pezzi. Pensavo meno. 69 sono stati dedicati a ricorrenze del calendario cattolico, uno a Steve Jobs (ci entrerà, ma è ancora un po’ presto). Considerato che la Madonna si è presa da sola quattro pezzi (Rosario, Loreto, Fatima e Assunta, e non siamo neanche a metà), in tutto abbiamo ospitato 11089 santi, più un numero imprecisato di neonati fatti ammazzare da Erode. Se dal conto togliamo anche le diecimila leggendarie vergini di Orsola, e i 25 compagni di Paolo Miki (loro purtroppo realmente esistiti, e realmente crocefissi), si raggiunge la più ragionevole cifra di 64 santi (62 santi e due beati): 17 donne, 46 uomini, un pezzo di legno. Su 17 donne, cinque si chiamavano Maria, tre Teresa; tra i maschi il nome più frequente è Giovanni (4 se contiamo anche Francesco d’Assisi, che sul certificato di battesimo si chiamava così: e mi è sfuggito il Battista). Sono ovviamente pochi rispetto alle migliaia che ormai popolano il martirologio romano. Ma il vero guaio è che sono anche mal distribuiti (continua).
I duemila anni della cristianità si possono grosso modo dividere in cinque secoli di tardoantico (1-476), dieci di medioevo (477-1492) e altri cinque di età moderna. Sin dall’inizio pensavo che il medioevo sarebbe stato il perno di tutta l’operazione. Scoprire dopo un anno che più della metà dei pezzi sono riferiti all’età tardoantica è illuminante anche per me. Sul serio, non sapevo di essere così appassionato di quell’epoca (o così poco a mio agio col medioevo). Questo squilibrio tradisce un’antica passione per le Scritture, per cui tra i santi è stato agevole inserire quattro personaggi biblici, e in generale mi risulta più semplice scrivere un pezzo su una comparsa del Nuovo Testamento che su personaggi storici dei duemila anni successivi. Se i buchi intorno al 600 e nel nono secolo sono comprensibili (si tratta di periodi veramente oscuri), un po’ imbarazzante è la totale assenza di agiografie riferite al Settecento, secolo dei Lumi, ma anche in fatto di santi tutt’altro che opaco. Rimedierò.
Anche la distribuzione geografica lascia molto a desiderare. Un terzo dei santi sono italiani, questo era prevedibile. Si difendono molto bene gli ebrei, con un sesto del bottino (due profeti, un generale, un personaggio letterario, tre pie donne, quattro apostoli più Paolo). Se la Francia, con tre santi appena, è già piuttosto trascurata, la vera vergogna è la Spagna, che è rappresentata da una santa sola (Teresa), come il Perù, la Macedonia, il Giappone. Non so veramente cosa dire a mia discolpa, almeno due santi spagnoli li avevo nelle bozze; è andata così. Meglio della Spagna sono andati paesi che non sospettereste come l’Egitto (due) e la Turchia (tre), anche se è impreciso chiamarla così, visto che ai tempi di Cristoforo o Foca i turchi dovevano ancora arrivare. Tra le regioni italiane il Lazio non ha rivali, mentre l’Emilia è ancora a zero: nessuno è profeta in patria.
Lo sbilanciamento cronologico spiega anche l’inclinazione al martirio, la forma di santità più tipica dei primi secoli: su una sessantina di santi, per ora abbiamo raccontato la storia di 17 martiri (più i Santi Innocenti) (più i 25 compagni di Paolo Miki) (e perché no, le 10.000 vergini di Orsola). La seconda categoria più rappresentata, a sorpresa, è quella dei dottori della Chiesa: ben otto (poi ci sarebbe ancora da discutere cosa ci faccia Teresina del Buon Gesù nel comitato scientifico, ma lasciamo perdere che divento sgradevole). Anche le religiose, suore, o monache che dir si voglia, sono rappresentate da otto consorelle. Relativamente poche le vergini (7, se togli le 10000 pseudo-orsoline), almeno in confronto alla loro massiccia presenza sul calendario: ma è oggettivamente più difficile raccontare storie su di loro, mentre coi martiri mal che vada almeno una scena di sangue c’è. Sette anche i taumaturghi, i vescovi (!), sei i frati, cinque eremiti, cinque mistiche, quattro apostoli,tre missionari, tre pontefici, tre evangelisti – la categoria in percentuale più rappresentata, siamo al 75% del totale, manca Matteo e poi abbiamo finito – due profeti (Ezechiele e Osea), due preti di strada (don Bosco e Filippo Neri). Tra le categorie professionali i soldati (3) battono gli infermieri/e (2). Ora che ci penso, i papi sono anche vescovi, e quindi in tutto ne abbiamo 10, sono loro la seconda categoria più rappresentata dopo i martiri. Non lo avrei mai detto.
Chi manca all’appello? Ancora migliaia, la rubrica è potenzialmente inesauribile. Ma quali sono le assenze meno giustificate? Senz’altro Giovanni Battista. Ma anche Domenico, Antonio da Padova, Ambrogio, sono buchi che gridano vendetta. Thomas di Canterbury. Gennaro. E così via, se si comincia non si finisce più. Il problema non è mai quello di trovare santi interessanti, ma di trovarne di raccontabili: no, in realtà non è nemmeno questo il punto. Tutti i santi sono racconti, anche se forse Bonaventura da Bagnoregio è un racconto meno intrigante di Maria Egiziaca. Il vero problema sono gli spunti divertenti. Le barzellette. Ecco, è oggettivamente difficile reperire barzellette su, poniamo, Carlo Borromeo. Comunque ci stiamo lavorando. Se al Post sono così buoni da ospitarci ancora, direi che un altro anno in Paradiso possiamo permettercelo. Poi vediamo chi si stanca prima, io o voi.
Un’ultima nota per chi invoca a gran voce un libro (digitale o addirittura cartaceo): grazie, siete gentilissimi, l’unico problema è che credo siate anche in quindici. Basta convincere altri novecentoottantacinque potenziali acquirenti e il gioco è fatto. Però vi avverto, è il classico libro che si compra, si appoggia su una scansia e poi non si apre più. Qui si aprirebbe un lungo discorso sulla crisi dell’oggetto libro, e sulla necessità degli scrittori di trovare altri spazi, non solo nel senso di passare dal cartaceo al digitale, ma di passare a prassi di racconto periodiche, quotidiane, qualcosa che il lettore indaffarato e distratto possa affrontare anche in intervalli di tempo ristretti, la pausa caffè, il gabinetto, quei cinque minuti in cui ti scarichi la posta e già che ci sei ti leggi due cose su San Policarpo di Smirne. Ne riparliamo, abbiamo tutto il tempo del mondo.