Quel che un giorno sarà / della tua vanità
26 maggio – San Filippo Neri, prete di strada.
Vai cercando qua, vai cercando là
ma quando la morte ti coglierà
che ti resterà delle tue voglie?
Sanpippo il Buono potrebbe, volendo, vantare alcuni futili primati. È il primo moderno prete di strada, trecento anni prima di Giovanni Bosco ma sostanzialmente alle prese con lo stesso lumpenproletariato di figli di NN. È il primo santo col cognome, che si usava già da secoli: però sul calendario ci finivi solo col nome di battesimo e al massimo il luogo di nascita. Francesca Bussa de’ Leoni in Ponziani è Santa Francesca Romana, per dire; Caterina Benincasa non la conosce nessuno, bisogna togliere il cognome e specificare “Da Siena”, ah, allora è la patrona d’Italia. Filippo invece è sin da subito Filippo-Neri. In circolazione c’era anche il suo nobile amico Carlo Borromeo, che invano cercò di portarselo a Milano dove c’erano analoghi problemi coi meninos da rua; però “Borromeo” è più di un cognome, è un blasone, uno stemma. Il cognome di Sanpippo è invece il più banale del mondo, uno di quelli bisillabi tipici toscani; non è un NN ma quasi, niente ascendenze nobili, è la marca di un chinotto poco noto oltre il GRA. Sanpippo è anche il protagonista della prima fiction agiografica della RaiTv, perlomeno la prima che ho visto io, che è anche la più bella, scritta e diretta da Luigi Magni, mica cotiche. E c’è Branduardi.
Parliamo di Angelo Branduardi. È uno degli artisti italiani più snobbati in Italia. Qualche mese fa una popolare rivista rock mise assieme la classifica dei cento migliori dischi italiani scelti da una giuria qualificata, e c’erano un po’ rimescolati mostri sacri, meteore, e gente assurda (con tutto il rispetto per il prog italiano). Non c’era Branduardi. E Alla fiera dell’est? mai esistita. C’erano a dire il vero tante altre ingiustizie, ma per Branduardi si mobilitarono dall’estero: dal resto dell’Europa, del mondo, vennero a scrivere, ma come? Siete italiani e non vi piace Branduardi? Ma Branduardi è l’Italia. Come gli spaghetti alle polpette, forse. Su Youtube Vanità di Vanità, la sigla di State buoni se potete, c’è anche in versione serba, cantata da un coro di bambini ortodossi alla presenza del patriarca serbo. Ultimamente sento che tornano di moda gli 883, c’è una Repetto-renaissance, del resto in tv ieri pomeriggio ho visto Franco IV e Franco I, normale. Ma Branduardi guai, Branduardi se inviti gente in casa devi nasconderlo dietro i remix di Albertino e se lo carichi sull’Ipod lo devi travestire coi tag delle canzoni dei Sepultura. Forse in Serbia, chissà. A me Branduardi piaciucchia, niente di speciale. Mi sembra che non sia vissuto nel passato di tutti gli altri, ma in una bolla fuori dal tempo e dallo spazio. Anche in State buoni se potete è così, un’entità che suona il suo arciliuto dall’inizio alla fine senza accorgersi di tutto quello che gli succede intorno, risse di uomini e ragazzi e demoni; se Johnny Dorelli non gli dice di andare a letto lui probabilmente resta lì, su un inginocchiatoio a strimpellare tutta la notte, tutto il giorno. Ne ho conosciute di persone così, le invidio. Secondo me sono felici. Alla fine ti rendi conto che quel che fa la differenza tra una fiction normale e una scritta da Magni sono i dettagli: doveva infilarci Branduardi, e cosa fa? Lo mette lì, una presenza rassicurante e lontana, non invecchia mai ma non riconosce nemmeno bene i personaggi, un angelo. Io perlomeno gli angeli me li immagino così: suonano il liuto, sorridono, non capiscono niente. Qualche anno fa hanno rifatto una fiction su Filippo Neri, ci hanno messo Proietti. Non l’ho guardata, giusto un’occhiata su youtube per documentarmi. La prima apparizione angelica è arrivata prima ancora dei titoli iniziali. Invece Magni l’angelo te lo mette lì e tu te ne accorgi vent’anni dopo, che c’era e che l’hai visto.
È strano il modo in cui certe fiction ti restano in testa. Io Belfagor in realtà non me lo ricordo: rammento un mostro in bianco e nero negli incubi che facevo da piccolo, somigliava vagamente a lui. Ma se devo parlare di paura, ecco: Renzo Montagnani in State buoni se potete mi gelava discretamente in sangue nelle vene. Il dirimpettaio dell’Oratorio di Sanpippo, il fabbro che soffia col mantice su un fuoco che grida – altra idea geniale – con le voci dei dannati de l’inferno. Tanto più riusciva perturbante quanto più era Renzo Montagnani, una faccia nota, in teoria rassicurante. Negli stessi anni faceva i varietà alla domenica sera, si travestiva da prete addirittura. Però compariva anche in certi film scollacciati che riuscivi a captare su telepanaro la notte di nascosto, quindi quel bagliore luciferino negli occhi era in un qualche modo credibile. Una realistica incarnazione del Male, il vicino di casa dai modi schietti e bonari che ti invita in casa e ti regala i giornaletti porno, Montagnani metteva i brividi ogni volta che entrava in scena. Per fortuna se ne va nel primo episodio (ma se ne va col botto, nell’unica scena splatter: Johnny Dorelli gli scarnifica la testa con una secchiata d’acquasanta). Aggiungi l’accento toscano. Colgo l’occasione per dire una cosa ai toscani.
Amici toscani, allo stesso modo in cui prima o poi qualcuno dovrà spiegare ai francesi a cosa serve il bidet, voglio dire, a che serve realmente… qualcuno prima o poi deve illuminarvi sull’orribile equivoco. Voi siete convinti di essere simpatici a tutti, per via della vostra parlata schietta, per il fatto che nella lingua italiana, che tutti gli altri indossano come una camicia appena candeggiata col bottone del colletto che sega la glottide, voi vi ci trovate comodi come nel pigiama usato. Amici toscani ebbene, non è vero. Cioè, è vero che la gente ride. Ma è un modo per esorcizzare la paura. Ci fate paura. Tutti. Il primo toscano che ai non toscani viene in mente è Dante Alighieri, un tizio che nemmeno l’inferno si è tenuto, e tutti da secoli ci ripetiamo che un motivo ci sarà. Per noi comunque il fiorentino è la parlata dell’inferno, rifletteteci. Il secondo toscano che ci viene in mente è Pacciani, spiace ma è così. C’è qualcosa di arcaico, famigliare e perturbante, nel modo in cui aspirate o calcate le consonanti. Forse siete i superstiti di un antico olocausto etrusco, forse abbiamo tutti messo su casa su qualche vostra necropoli. I più celebrati tra voi nel mondo sono quelli che questa cosa l’han capita: la Fallaci, Benigni, se ci pensate hanno tutti un che di demoniaco nel loro immaginario. Pieraccioni no, ma forse è appunto quello che gli manca. In ogni caso io credo che Montagnani sia stato uno dei più grandi attori sprecati della sua generazione, anche se sicuramente recita in qualche film sexy rivalutato di recente. Però con Magni fa la sua porca figura pure Johnny Dorelli: pensate che io per tanti altri anni ancora non ho saputo che cantasse, per me era FilippoNeri e punto.
Un’altra grandissima trovata di casting fu Ignazio Loyola, cioè Philippe Leroy. Il suo accento francese non aveva molto senso; però Leroy era già stato Yanez e Leonardo Da Vinci, e questo invece aveva senso eccome: Leonardo + Yanez = Loyola, tutto torna. I suoi siparietti con Filippo-Johnny sono la cosa più divertente: il tormentone di Leroy è “Li avete letti i miei Esercizi Spirituali?”
“Eh, no, sa, ho avuto da fare”.
“Ve li ho prestati quando Francesco Saverio partiva per l’India, adesso è in Cina”.
I piccoli gesuiti irrompevano in State buoni se potete cantando in coro un inno scritto apposta da Branduardi, Capitan Gesù, una specie di sigla di Capitan Harlock se invece del Giappone del XX secolo lo avessero fatto nell’Italia durante il Concilio di Trento: Capitan Gesù, non star lassù, ma sta quaggiù a battagliare il male! Sempre quaggiù, a battagliare il male! Gesù mio generale! Irresistibile. Seguivano maledizioni alla “belva luterana” e “al popolo giudìo”, e l’ultima strofa era tutta la la la la. A un certo punto fanno pure una partita a calcetto contro gli scalcagnati ragazzi di Sanpippo, e segnano ogni volta che Ignazio glielo ordina, perché sono gesuiti e i gesuiti sono così, obbediscono. Loyola e Sanpippo siedono in panchina.
Io avevo paura a riguardarlo, State buoni se potete. Certi vecchi album di foto non vanno semplicemente riaperti. Poi però su Sanpippo non sapevo bene come scrivere, volevo anche dare un’occhiata a una biografia ma mi hanno chiuso la biblioteca comunale per terremoto e non so quando riaprirà, insomma non ho fatto i compiti, signoramaestra. E allora mi sono detto vabbe’, magari su Youtube c’è qualche frammento di quella fiction. No. Su Youtube c’è tutto, State buoni se potete, ed è una roba incredibile, i bambini attori passano il tempo a dire “stronzo” e “merda”, ma io l’ho vista in prima serata a dieci anni! In particolare i ragazzini di Sanpippo se la prendono con un “frocio” che va in giro in ghingheri, un protetto di un cardinale. A un certo punto lo circondano per fargli la “stira”, che da noi si chiamava sgugna, insomma lo schiacciamento dei testicoli a scopo bullismo, solo per accorgersi (orrore) che il frocio è una ragazzina (Federica Mastroianni). Al che il più grande, Cirifischio, spiega agli altri che la stira non si può più fare. (“Perché?” “Perché le femmine non ci hanno il pisello”. “E che ci hanno?”) La portano però all’oratorio, dove avviene il dialogo che accludo:
FILIPPO
“E tu chi sei, come ti chiami?”
LEONETTA
“Leonetta”.
FILIPPO
“Leonetta. Ma il cardinale lo sa che sei una femminuccia?”
LEONETTA
“Ma se è stato lui a vestimme da maschio”.
FILIPPO
“E perché?”
LEONETTA
“Io so’ la figlia de madama Lucrezia”.
CIRIFISCHIO
“Fiuuuu! ‘Na mignotta rinomata”.
FILIPPO
“Ma sta zitto! Ma cosa ne sai tu”.
LEONETTA
“Per cui so’ cresciuta ar casino, insieme alle altre figlie delle puttane. Ma mò Padre Ignazio de Loyola ha detto che le ragazzine nun ce devono sta’ ar casino, sennò se imparamo er puttanesimo fin da piccole”.
FILIPPO
“Beh, ci ha ragione. Non è un posto indicato”.
LEONETTA
“Ah, perché secondo voi è indicato il convento delle vergini miserabili? È là che ci chiudono”.
FILIPPO
“Beh, ma vi danno un’educazione, vi mandano a scuola per sette anni”.
LEONETTA
“E ve l’immaginate sett’anni trammezzo ai gesuiti? Manco in galera”.
FILIPPO
“Vabbe’, mò sta’ a vede’ che è meglio il casino”
LEONETTA
“Apposta er cardinale m’ha portato via e m’ha vestito da maschio”.
FILIPPO
“Eh… qui non ci capisco più niente”.
LEONETTA
“Don Fili’, er cardinale mi vo’ bbene”.
FILIPPO
“Beh, ma è proprio perché ti vuole bene che si deve preoccupare del tuo avvenire, di mandarti a scuola come tutte le bambine”.
LEONETTA
“Ma questo che, ce fa?” (Risolini)
CIRIFISCHIO
“È Santo, è senza malizia”.
FILIPPO
“Nel senso che sono un po’ stronzo?” (Risate)
LEONETTA
“Don Fili’, er cardinale me vo’bbene, ma no alla maniera che pensate voi”.
FILIPPO
“Eh? Come? Ma… Voi tutti fuori! Fuori! Cosa state a sentire, tanto voi non capite niente, siete troppo piccoli. E tu?”
CIRIFISCHIO
“Io so’ grande, posso pure sentì”.
FILIPPO
“Ma io… io spero che tu ti renda conto, ma… lo sai quello che stai dicendo, tu capisci, vero?”
LEONETTA
“Io sì. Siete voi che non capite”.
Siamo nel 1984 su RAI1, e di pedofilia nella Chiesa non si parlerà più per un bel pezzo. In effetti, non so nemmeno se esistesse già la parola, pedofilia. Ho come l’impressione che le fiction agiografiche di adesso glissino ancora sulla questione.
Per altre cose, State buoni oggi sarebbe considerato assolutamente politically uncorrect. Siccome il demonio dirimpettaio si rigenera periodicamente, come il dottor Who, al fabbro Montagnani subentra una “bella mora”, un’extracomunitaria che usa il forno dei dannati per cuocere dolcissimi pasticcini, nel frattempo che seduce i più grandi tra i ragazzini di Sanpippo! C’è pure la scena in cui Johnny in vestaglia (che ti fa subito pensare a Nino Manfredi in vestaglia, è un tic autoriale di Magni la vestaglia) la prende a mestolate nel sedere e lei aaah, sì, picchiami picchiami, non riesco nemmeno a contare in quanti modi oggi una scena del genere sarebbe ritenuta lesiva di minoranze. D’altro canto a un certo punto Johnny sputa in faccia alla Madonna. Cioè, non è la Madonna, è il demonio, però si era truccato proprio bene. L’episodio peraltro è apocrifo, Sanpippo si limitò a ricevere la confessione di un penitente che diceva di vedersi spesso con la Madonna. “Cotesto è il demonio, e non la vergine”, avrebbe suggerito; “però se tornerà più, sputagli in faccia”. Ma figuratevi se Magni si lasciava scappare l’occasione di mostrare un prete che sputa in faccia alla Madonna. Non credo che ne vedremo più molti in tv, in prima serata o anche in seconda. Eravamo più laici?
Forse. Eravamo più furbi, senz’altro: in grado di realizzare dei prodotti complessi, strutturati su più livelli di lettura. Anche allora si faceva tv per le vecchiette e i bambini dell’oratorio, e su quel livello State buoni era agiografia onestissima, c’era un Santo che faceva il santo e Montagnani e la bella mora che facevano i demoni, e che demoni. Su un livello un po’ superiore c’è la Roma papalina in cui Magni sguazza come un pesce nel suo acquaio: cardinali corrotti e preti ironici, non c’è Manfredi ma Dorelli s’arrangia davvero molto bene. Anche un anticlericale moderato poteva farsi una mezza risata guardando Loyola e Neri che si misurano i centimetri d’aureola. “A me ha guarito la Madonna”. “A me no, non volevo disturbare”. “Io mangio sempre solo pane e acqua”. “Ecco perché vede la Madonna”. Forse eravamo anche un po’ più paraculi; senz’altro pensavamo di poter costruire favole che piacessero a tutti, cattolici e scettici. Adesso ognuno se ne sta sul suo canale digitale, chi vuole vedere le aureole su rai1 spesso le trova, ma posso dire? Spesso è roba che non si può vedere, non regge neanche l’unico livello che è rimasto.
A Sanpippo è attribuito uno dei miracoli più delicati che si conoscano. Avrebbe resuscitato un ragazzino, ma solo per qualche minuto: il tempo per confessare l’ultimo peccato e salutare.
Quando passata mezz’ora arrivò il S. Padre, a cui Fabrizio si fece incontro a capo la scala, e piangendo gli disse: “Paolo è morto”, rispose Filippo: “e perché non m’avete mandato a chiamare più presto?” Replicò Fabrizio: “L’abbiamo fatto, ma V.R. dicea Messa”. Entrò poi Filippo in camera dove stava il fanciullo norto e si gittò sopra la sponda del letto facendo un mezzo quarto d’ora orazione con la solita palpitazione del cuore e tremore del corpo; e poi prese dell’Acqua Santa e la spruzzò nel viso del figliuolo e glie ne gittò alquanto in bocca; indi, soffiandogli nel volto, con mettergli la mano in fronte lo chiamò con voce alta e sonora due volte: “Paolo! Paolo!” Alla cui voce il giovanetto, subito come da un sonno risvegliato, aprì gli ocelii e rispose: “Padre”, e poi soggiunse: “io mi era scordato d’un peccato e però vorrei confessarmi”. Allora il S. Padre fece scansare alquanto quelli ch’erano intorno al letto e dandogli un Crocifisso in mano lo riconciliò. Poscia ritornati tutti in camera si mise a ragionar seco della sorella e della madre, le quali ambidue erano morte. Durando il ragionamento per mezz’ora rispondendo sempre il giovanetto con voce chiara e franca come se fosse stato sano, anzi gli tornò il colore in volto che a tutti quei che lo guardavano parca che non avesse avuto mal nissuno. In ultimo il Padre gli domandò se moriva volentieri, ed egli rispose di sì. Interrogandolo poi Filippo la seconda volta se moriva volentieri rispose parimente che moriva volentierissimo, massimamente per andar a veder sua madre e sua sorella in Paradiso; onde il S. Padre, dandogli la benedizione, gli disse: “Va’: che sii benedetto, prega Dio per me”. E subito con un volto placido e senza alcun movimento tornò a morire nelle braccia del S. Padre…
La morte non si può sconfigge, anche Lazzaro risorto sarà rimorto prima o poi. Sanpippo si accontenta di sconfiggerla una mezz’ora. Vai cercando là, vai cercando là: ma quando la morte ti coglierà, che ti resterà delle tue voglie? Quella di salutare gli amici, quella forse non è vanità.