Bernardino Cinque Stelle

20 maggio – San Bernardino da Siena (1380-1444), predicatore.

Se davvero concedessi interviste, io in realtà avrei una domanda sola: li lavi ancora con la Biowashball, i vestiti?

C’è crisi. Da parecchio. Ce n’è così tanta che non ci ricordiamo nemmeno quand’è cominciata, e nulla ci lascia sperare che possa finire. Le vecchie ricette non funzionano più, i vecchi partiti si sono scannati tra loro senza portarci nulla di buono. C’è confusione e non c’è nessuno che ci spieghi cosa fare. No, veramente uno c’è. È un tizio fuori degli schemi. Per dire, è esperto di Apocalisse e di teorie economiche. Però non è tanto questo l’importante. L’importante è che lui si fa ascoltare. Gli altri sono noiosi e battibeccano sempre, lui quando occupa la scena può tenerla per ore, giorni, settimane. Si capisce che ne sa a pacchi, ma non te lo fa pesare; cita gli economisti ma anche i barzellettieri, ti fa spetasciare dal ridere, certe volte; altre volte ti fa pensare. Quando arriva in città, col suo battage pubblicitario un po’ rozzo ma innovativo, le ragazze fanno la fila per occupare i primi posti, dove si sente tutto. I ragazzi occupano i secondi posti, dove si vedono meglio le ragazze. Insomma è l’uomo dell’anno, del decennio. Dove passa ammainano le bandiere dei partiti e innalzano la sua. Gli hanno offerto cariche importanti, ma lui la politica preferisce lasciarla fare agli altri. Quello che veramente gli interessa non sono gli onori (ne ottiene), né i guai (se li procura). Quello che davvero vuole fare, lo sta già facendo: predicare è la sua più grande gioia, continuerà finché le forze non lo abbandoneranno. Sto ovviamente parlando di Bernardino degli Albizzeschi, il più grande predicatore del quindicesimo secolo.

Ma non è che nel ventunesimo le cose vadano troppo diversamente. A chi continua ad affettar stupore per gli exploit di Beppe Grillo, porto questa ipotesi in regalo: forse Grillo non è affatto un uomo nuovo, forse è l’incarnazione di un archetipo dell’inconscio collettivo che noi italiani ci portiamo dentro da secoli: il Grande Predicatore. Grillo è tutto lì, un meraviglioso affabulatore, uno spacciatore di apocalissi da coniugare secondo necessità. In un altro secolo si sarebbe messo un saio addosso e avrebbe detto più o meno le stesse cose: guai a voi banchieri usurai affamatori del popolo, guai a voi politici corrotti, le cose stanno per cambiare, eccetera (continua…)

I ritratti quattrocenteschi di Bernardino sono tra i più realistici (si vede chiaramente che non aveva più denti, per esempio).

Io sono andato a vederlo una volta sola, perché uscivo con una ragazza a cui interessava. Meno male che ci sono le ragazze, ne approfitto per dirlo, e che acconsentono a uscire con me, altrimenti io passerei le mie serate a leggere prediche quattrocentesche o ad approfondire su wikipedia dettagli oscuri delle biografie di supereroi di fumetti di cui si è interrotta la pubblicazione. Stavo dicendo. Una volta sono andato al palazzetto dello sport a vedere Bernardino di Siena, pardon, Beppe Grillo. Non era ancora diventato un non-leader politico, forse non aveva ancora nemmeno spaccato un PC col martello, ma ricordo che proiettò vecchi filmati in bianco e nero sulla canapa indiana. Spiegò che era un materiale incredibilmente duttile e resistente, che ci si poteva fare qualsiasi cosa, e mostrò in un filmato un’automobile realizzata con una carrozzeria di canapa indiana. Si poteva prendere a martellate. Poi interruppe il filmato e disse, con una voce un po’ meno urlata del suo standard: ragazzi vi ho preso in giro, è tutto finto. Poi riprese il tono stridulo abituale e disse: no, è vero, la canapa indiana è stata criminalizzata dalle multinazionali della plastica bla bla. Quello è stato uno dei momenti nella vita in cui mi è sembrato di avere avuto un’illuminazione. Cioè, veramente Grillo aveva detto che mi stava prendendo in giro? O me l’ero sognato? Forse voleva dimostrare che era in grado di convincermi di qualunque cosa: anche che con la canapa indiana si può carrozzare un’automobile. Il palazzetto era pieno di gente che in quel momento ne era convinta. Allora capisci che uno così in politica doveva entrarci per forza, e che ha perso fin troppo tempo prima di decidersi. Che fantastici anni Novanta ci siamo persi, Grillo vs Berlusconi, il Milione di posti di lavoro contro la Biowashball. Stavo dicendo.

Quando predicava ai suoi concittadini, ed era libero di sbrigliare il suo volgare più schietto, Bernardino aveva un modo particolare di dire “stavo dicendo”. Diceva: “a casa”. Nei momenti in cui l’affabulazione lo portava lontano dal seminato, o si metteva a replicare a qualche ascoltatrice, per tornare all’argomento gli bastava annunciare: “a casa”. E ripartiva dal punto che aveva abbandonato. Bernardino, il più grande stand up comedian del Quattrocento, non era esattamente un improvvisatore. Aveva studiato la retorica di Marco Tullio e aveva perfezionato quella empirica dei grandi predicatori francescani. Il repertorio di storiellette buffe da cui poteva attingere era sterminato, Boccaccio e Sacchetti non erano nella condizione di esigere copyright. E comunque l’importante non era il repertorio, ma il personaggio: con quella voce suadente che gli era miracolosamente rifiorita in gola dopo una malattia di gioventù che aveva minacciato di troncargli la carriera. Con la mimica che doveva metterci – sfogliando le sue prediche sembra di vedere le smorfie e sentire le risate. Bernardino non fu il primo predicatore a diventare una celebrità assoluta: prima di lui, già Antonio da Padova aveva stupito l’Italia e il mondo. Ma a Bernardino capita di vivere e predicare in decenni di transizione, privi di personaggi guida, e a doversi ingegnare inquisitore, giudice, conciliatore, diplomatico. È anche patrono dei pubblicitari, per essersi disegnato di suo pugno il logo – il trigramma YHS nel sole raggiante – e per averlo trasformato in una bandiera che le città sventolano al suo passare, abbassando temporaneamente gli stemmi cittadini e nobiliari, i simboli delle rivalità senza fine che intrappolano l’Italia in un medioevo agli sgoccioli. In certi casi è bernardinomania: a Carpi, cittadina in cui è passato una volta sola (e forse nemmeno quella) per secoli ancora le madri chiameranno i figli col suo nome, e il trigramma nel sole verrà esposto contro le epidemie di colera. Tanto clamore gli varrà l’attenzione degli inquisitori, attenzionati dai bigliettini di colleghi invidiosi. Vuoi vedere che dietro quel logo molto efficace, il trigramma nel sole, si nasconde l’idolatria? Bernardino dovrà difendersi in tre processi.

Ecco il bozzetto, che ne dite?

Nel frattempo i concittadini di Siena gli offrono la cattedra di vescovo. “A me mi pare che voi siate vescovo e papa e ‘mperadore”, gli dicono, ma Bernardino non vuole veramente essere nessuno dei tre. Si capisce che comandare non gli interessa. L’unica cosa che lo appassiona è predicare. La predica è tutto: alle dame senesi osa dire che è persino più importante della Messa (“E se di queste due cose tu non potessi fare altro che l’una o udire la messa o udire la predica, tu debbi piuttosto lassare la messa che la predica”). La predica è poesia, la predica è preghiera, la predica è il mondo e la sua volontà di rappresentazione. La predica, in una parola, è teatro: quella forma informale di teatro in cui i comici italiani eccellono, da Petrolini a Gaber a Grillo: il monologo senza interruzioni. Continuerà a predicare in un tour infinito attorno all’Italia, fino all’esaurimento fisico, che lo coglierà all’Aquila nel 1455: gli era rimasto in bocca un dente solo.

Di lui ci sarebbe rimasto poco: un trattatello di economia interessante, non fosse per il fatto che è uno dei primi, in cui tesse le lodi dell’imprenditore che contribuisce alla ricchezza della collettività. Un altro tratto in comune con Grillo. Ma la vera eredità di Bernardino è nelle mille e più pagine di prediche volgari tenute sul Campo di Siena in quaranta mattine nel 1427: nella sua città Bernardino, fresco di assoluzione e di rinuncia alla cattedra vescovile, doveva parlare all’aperto, su un pulpito a rotelle manovrabile a seconda della posizione del vento, amplificatore naturale. Nel pubblico un cimatore, Benedetto di maestro Bartolomeo, raccoglie ogni parola del santo su tavolette di cera, con un metodo stenografico a noi sconosciuto. Il risultato è impressionante: come infilare un dvd medievale e trovarci davanti al Beppe Grillo del Quattrocento, che ammonisce, maledice, improvvisa, sghignazza, cita Duns Scoto e fa i versi degli animali. Qualcuno lo considera il più grande autore italiano del secolo: prima di fare quella smorfia, citatemi un altro autore italiano del Quattrocento. Nelle quarantacinque prediche Bernardino non risparmia invettive agli usurai e ai “maladetti sodomiti” che ammorbano Siena e l’Italia tutta, né elogi delle donne, angeli del focolare nonché parte più cospicua del suo pubblico. Tra i suoi discorsi più famosi c’è quello in cui Bernardino parla proprio dell’arte del predicare, spiegando come si fa a parlare “chiarozo chiarozo”. “O donne”, esordisce, “domani vi voglio fare tutte predicatrici”: le sue istruzioni sono così chiare che dal giorno seguente anche le donne saranno in grado di predicare come lui. Lo leggi, ti sembra di ascoltarlo, e sai che sta mentendo. Nessuno sarà mai bravo come lui, lo sa benissimo. La maggior parte si piegherà dalle risate, si commuoverà quand’è il momento, e pochi minuti dopo avrà già scordato il contenuto, perché la gente è fatta così: ha pance per ridere, occhi per piangere, ma non ha memoria. Sicché alla fine dei conti puoi raccontare loro qualsiasi cosa. L’unico concetto che conserveranno è: ma come predica bene Beppe Grillo, pardon, Bernardino.

Advenne che, una volta fra l’altre, avendo udita la predica di questo suo fratello, elli si misse un dì in un cerchio di altri frati, e disse: – o voi, fuste voi stamane alla predica di mio fratello, che disse così nobile cosa? – Costoro li dissero : – o che disse? – O! elli disse le più nobili cose che voi udiste mai. – Ma dici di quello che elli disse. – E elli: – disse le più nobili cose di cielo, più che tu l’udisti. Elli disse…….doh, perchè non vi veniste voi? che mai non credo che elli dicesse le più nobili cose! – Doh, dicci di quello che elli disse. – E costui pure: Doh, voi avete perduta la più bella predica che voi poteste mai udire! – Infine, avendo costui detto molte volte in questo modo, pure e’ disse: – Elli parlò pure le più alte cose e le più nobili cose che io mai udisse! Elli parlò tanto alto, che io none intesi nulla.

Leonardo Tondelli

Da Modena. Nel 1984 entra alla scuola media, non ne è più uscito. Da 15 anni scrive su uno dei più verbosi blog italiani, leonardo.blogspot.com. Ha scritto sull'Unità e su altri siti. Sul Post scrive di Dylan e di altri santi del calendario.