Foca, il martire ortolano
5 marzo – San Foca l’ortolano, martire (primi secoli).
Lo so, latito, ma non è colpa mia. Scrivere i Santi del giorno non è come fare l’oroscopo, che in qualsiasi giorno dell’anno puoi inventarti che Saturno è nell’Ofiuco o qualsiasi altra puttanata, tanto in cielo Saturno c’è sempre, da qualche parte; e anche se non ci fosse dopotutto chissenefrega, puoi copiare il Branko dell’anno scorso e vai tranquillo, ché lui è uno scrupoloso e di sicuro se dice che Urano è nel Leone è proprio così, al limite lo ha letto dal Paolo Fox di tre anni prima che a sua volta l’ha preso da Bob Brezsny che avrà chiesto a uno che ne sa qualcosa, e via così su su fino ai Caldei dell’ottavo secolo prima di Cristo, forse gli unici astrologi che si siano mai presi la briga di alzare il naso verso le stelle per controllare se per caso Saturno c’è, ammesso che riuscissero a vederlo senza cannocchiale, Saturno, forse sì, gli anelli no di sicuro; comunque non scherzo, Branko quando fa l’oroscopo usa ancora le mappe stellari dei Caldei, nel frattempo lassù è successo di tutto, supernove, comete, meteoriti, la precessione degli equinozi per cui dove prima c’erano i Pesci adesso c’è l’Acquario, e il bello è che lo sanno benissimo, voglio dire non sono mica ignoranti, scrivono sulle migliori testate, e quando glielo fai presente sai cosa fanno loro? Spallucce. Proprio così. Cioè sono i primi a saperlo che lo Scorpione non è più il vero scorpione da un pezzo, non so nemmeno cosa sia, ma se ne fottono, che c’entrano loro con le stelle e i pianeti dopotutto? Mica penserete che quei corpi celesti lontanissimi abbiano qualcosa a che fare coi nostri vissuti quotidiani? Ecco, fare gli astrologi è così, puoi friggere le stesse puttanate tutti i giorni e nessuno si lamenterà, anzi è proprio quello che ti chiedono: la stessa razione quotidiana di Avrai Un Chiarimento Importante e Attento Agli Imprevisti. Fare gli astrologi dev’essere fichissimo.
Invece il Santo del giorno è una rubrica che ha i suoi alti e i suoi bassi. Per esempio io non me n’ero mai davvero reso conto, ma le settimane a cavallo tra febbraio e marzo sono una vera e propria buca. Sarà l’effetto Quaresima, ma è come se tutti i pezzi grossi si tenessero lontano. E dire che sarebbe anche un bel periodo, le prime giornate di sole, i prati in fior, e sul calendario ci sono solo beghine noiose, regine raccomandate e altri tizi che francamente, che dire, volete che vi racconti di San Casimiro di Polonia? Era un principe tanto bellino del XV secolo, quando la Polonia era tutt’uno con la Lituania ed era enorme, più grande della Russia, una cosa che se la vedi sulla cartina storica non ci credi che ci fosse una nazione così in Europa, cioè da qualche parte ci dev’essere il trucco. Ma credete che ciò bastasse al tredicenne principe Casimiro? No, macché, a un certo punto riceve un’ambasciata di nobili magiari che gli dicono vieni a salvarci dal turpe Mattia Corvino, siamo pronti a incoronarti re d’Ungheria. Il ragazzino si mette quindi in marcia alla testa di un grande esercito di nobili lituani, polacchi, ruteni, slovacchi e chi più ne ha più ne metta, ma in quella Babele probabilmente perdono tempo e quando arrivano in Ungheria i nobili locali hanno già cambiato idea, dopotutto Mattia Corvino non è così male.
“Ma mi avevate detto che…”
“Eh, ma si vede che c’è stato un qui pro quo, sa, noi magiari, con la nostra lingua di ceppo ugro-finnico”…
Su questa cosa del ceppo ugro-finnico i magiari ci marciano un po’, come se fossero tutti arrivati dalle steppe l’altro ieri, quando la verità è che degli Ungari originali non è rimasto niente, neanche qualche gene recessivo, sono europei come tutti gli altri però hanno quella loro lingua incomprensibile che consente loro ampie libertà di supercazzola. Ordunque, Casimiro arriva in Ungheria che nessuno vuole combattere, perfino il Papa interviene per dire: Siete impazziti? Una guerra tra principi cattolici? non s’è mai vista! Insomma, una figuraccia internazionale. Casimiro torna a casa e malgrado il padre cerchi di consolarlo, dai che non è niente, se vuoi ti faccio governare un po’ la Polonia, vuoi che combiniamo le nozze con la figlia del Sacro Romano Imperatore? No, niente, lui decide di lasciare la politica mondana e diventare il Santo. Gli basta pregare un po’, intercedere per i più deboli e soprattutto bazzicare gli ospedali, e a venticinque anni la tubercolosi se lo porta via, riverito e venerato, patrono della Polonia della Lituania e degli emo. Ma secondo voi ci si poteva imbastire un pezzo? Oppure ieri era San Foca l’ortolano, che almeno fa un po’ ridere. Il nome, almeno. No? (continua…)
No? E insomma, questo passa il convento. Foca poi non è nemmeno un nome così strano, lo portò anche un imperatore bizantino, forse il peggiore di tutti; in ogni caso l’ultimo che a Roma si presero la briga di celebrare con un monumento nel Foro. Del resto era ormai il settimo secolo e il Medioevo era iniziato da un pezzo; Roma faceva ancora nominalmente parte dell’Impero romeo o bizantino che dir si voglia, ma ormai stava sprofondando negli acquitrini dei suoi secoli più bui. Anche il monumento a Foca, non persero mica tempo a scolpirlo ex novo: presero una colonna da qualche altra parte e la misero sul piedistallo, fine. Stavano già cominciando a usare le antichità come mattoncini del lego. Comunque il santo in questione non ha niente a che vedere col Foca della colonna, un autocrate perfido e meschino. Di Foca l’ortolano si racconta questa storia edificante: siamo in un qualsiasi momento tra il secondo e il terzo secolo, diciamo sotto Diocleziano, che ormai si è capito nei racconti di martiri è il Far West, il periodo ruggente in cui si moriva come mosche rendendo grazie a Dio. Due soldati ricevono l’incarico di recarsi a Sinope, nella provincia del Ponto (Anatolia settentrionale, oggi un pezzo di costa turca del Mar Nero), identificare il pericoloso cristiano Foca e… terminarlo. Bisogna premettere che in quel periodo si raccontavano probabilmente sui cristiani le stesse orribili cose che più tardi questi ultimi appiopperanno ai pagani: adorano i capri, fanno orge, cenano a feti, brindano col sangue delle vergini eccetera. Foca è uno di loro. I due agenti di Diocleziano arrivano in città verso l’imbrunire; sprovvisti di navigatore, bussano alla prima porta che trovano e chiedono al padrone di casa se non sa mica dove si trovi il pericoloso cristiano Foca.
Forse perché sono armati e portano insegne imperiali, il padrone invece di mandarli al diavolo risponde gentilmente che sì, egli conosce benissimo l’ubicazione della residenza del pericoloso Foca, ma che prima di rispondere vorrebbe offrire agli ospiti la cena. I due accettano e si trovano in pochi minuti davanti a una tavola imbandita con ogni vegetale ben di Dio – “tutti frutti del mio orto”, puntualizza il padrone di casa. I poliziotti mangiano, bevono, finché ovviamente si è fatto troppo tardi e di andare ad arrestare un pericoloso cristiano nessuno ha più tanta voglia. Facciamo che ci andiamo domani? “Non vorrete mica mettervi per strada adesso? Restate a dormire, ho già fatto preparare le stanze, guardate che mi offendo: dal vostro cristiano vi porto io domattina”. I due non si fanno troppo pregare, c’è davvero il rischio di offendere. Com’è come non è si ritrovano coricati in due letti morbidi e puliti, non dormivano così bene dai bei tempi dell’accademia. Il giorno dopo alla buon ora si svegliano decisi a completare la loro missione. “Prima fate colazione”, intima il padrone di casa, “coi frutti del mio orto. Poi seguitemi in giardino”. Gli sbirri mangiano, bevono, ormai la solfa s’è capita, e quando sono ben satolli escono in giardino, dove li attende il padrone di casa, un po’ sudato: ha appena finito di scavare una fossa.
“E insomma, grazie per l’ospitalità, ma noi a questo punto vorremmo sapere dove si trova il pericoloso Foca”. “Eccomi qua, sono io”, dice il padrone di casa. “Vi aspettavo con impazienza, e vi chiedo soltanto di poter essere sepolto qui nel mio orto, tra gli ortaggi che tanto ho amato”. Gli sbirri prontamente lo accontentano. La storia di San Foca è tutta qui; l’immagine del martire che si scava la fossa da solo avrà successo e sarà smontata e riutilizzata più volte nelle vite di altri santi. In controluce si intravedono più antiche leggende sull’ospitalità sacra: anche il tuo assassino ha diritto a dormire una notte sotto il tuo tetto, per questo i duelli si fanno all’alba. La novità del narratore cristiano è la rinuncia a ogni difesa: nella Valchiria di Wagner il feroce Hunding aspetta il mattino per sfidare l’ospite Sigmund; Foca per contro non deve sfidare nessuno, nessuno può scalfirne il tranquillo buonumore: la sua vittoria è nella resa. Diventerà naturalmente il patrono dei giardinieri: meno intuitivamente quello dei marinai, forse proprio a causa del suo buffo nome. Il Santo avrà un suo breve momento di gloria in meridione nel nono secolo, durante il breve ma memorabile governo dell’omonimo Niceforo Foca, un governatore bizantino che metterà in fuga i pirati saraceni e darà impulso al trasferimento degli insediamenti dalle coste ai più difendibili rilievi. In qualche centro sorgeranno chiese intitolate al suo santo protettore. E poi basta, questo è tutto quello che so di Foca. E ho pure fatto delle ricerche. No, ma il prossimo anno faccio l’oroscopo. Vuoi mettere? “Avete la luna e Plutone in aristotele, evitate il pied-de-poule e bevete karkadè”. Si scrive da sola, quella roba lì. Altro che santi del giorno.