La nuova squadra della moda italiana
Ieri è successa una cosa importante, una cosa che non è apparsa in modo particolarmente visibile sui giornali di oggi (fatta eccezione per la stampa di settore, a cominciare da Il Sole 24 Ore), ma che secondo me ha rappresentato un successo rilevante per il Paese: a Milano abbiamo presentato, con il Presidente di Confindustria Boccia e con tutte le associazioni confindustriali interessate, la nuova federazione della moda e dell’eleganza italiane che si chiamerà “Confindustria moda”.
È un risultato molto importante perché è la dimostrazione che questo nostro Paese può – e quando vuole sa – fare sistema, fare squadra, mettere insieme le forze. La nuova federazione – che unisce tutto il tessile, il calzaturiero, la pelle, gli accessori, la gioielleria – crea un gigante da 88 miliardi di fatturato, quasi 600.000 addetti, 67 mila imprese e più di 54 miliardi di export.
Come governo abbiamo molto sostenuto la moda italiana. Prima di tutto prendendola sul serio, smettendo di considerarla il settore del frivolo e dell’effimero, non avendo più quell’atteggiamento moralistico e in qualche modo punitivo nei confronti del bello che una parte della politica ha sempre tenuto – come se un lavoratore del tessile valesse meno di un lavoratore metalmeccanico a causa di una sorta di peccato originale che la bellezza porterebbe in qualche modo con sé.
Matteo Renzi ha inaugurato due volte la settimana della moda, dimostrando così l’importanza di questo settore per le nostre strategie industriali ed economiche. Carlo Calenda ha esercitato una forte moral suasion per fare in modo che tutti gli attori del settore si sedessero allo stesso tavolo, e il tavolo – anche dopo la partenza di Calenda, quando la responsabilità è passata nelle mie mani – si è riunito con cadenza mensile da allora.
La nuova federazione è il frutto di questa stagione, dell’aver creato un luogo di condivisione e un vero lavoro di squadra che ha favorito il dialogo, lo scambio di idee, la reciproca informazione e la fiducia tra gli attori economici. Della stessa stagione sarà frutto la nuova settimana della moda, che da settembre vedrà tutte le manifestazioni fieristiche concentrate nelle stesse giornate delle sfilate.
L’Italia ha il privilegio di essere l’unico Paese nel quale è presente l’intera filiera dell’eleganza: qui abbiamo dal filo all’abito finito e dalla concia delle pelli alla produzione della calzatura più elegante: la scarpa che si indossa pensando magari sia francese è fatta quasi certamente a Parabiago, a Macerata o nel trevigiano. Abbiamo dunque la responsabilità e il dovere di essere i primi al mondo: qui si fa più di un terzo della moda europea. Eppure non basta, perché spesso in termini di immagine lasciamo il passo a concorrenti forse più abili di noi nel marketing, ma certamente meno forti di noi nella manifattura, nella creazione, nella qualità.
Ma il primo passo verso il ritorno a una primazia assoluta sta proprio nel riconoscere i propri punti di forza e di riconoscerli come quel minimo comune denominatore che fa del sistema Italia quello che è. Per questo la nuove federazione è importante, e la sua importanza si espande anche molto al di là del settore della moda. È un esempio, una best practice, un modello che spero possa allargarsi a molti altri settori. Siamo al seconda potenza manifatturiera in Europa e siamo circondati a livello internazionale dal massimo rispetto di clienti e concorrenti.
In questi anni abbiamo portato le imprese italiane in tutto il mondo, sostenendole come governo nei rapporti con i sistemi imprenditoriali degli altri paesi e rappresentandole come un sistema che si caratterizza per l’omogeneità con la quale cura la qualità e l’eccellenza delle proprie produzioni. Se anche le imprese sapranno operare come una squadra, facendo magari un passo indietro per evidenziare la forza del collettivo, io credo che non ci sarà concorrente al mondo che potrà tenerci testa. È così che si fa.