La vicenda dell’UNAR e la guerra nucleare
Sono tornato ieri sera dalla missione in Cina con il Presidente Mattarella e scrivo dunque soltanto adesso, a bocce ferme, della vicenda che ha portato alle dimissioni del Presidente dell’UNAR, Francesco Spano.
È evidente, purtroppo, che la vicenda sia nata all’interno della Comunità LGBT. L’autore del pezzo delle Iene fa semplicemente da testimone, da portavoce. La iena di turno non sa nulla di questa questione, c’è un Virgilio (gay) mostrato di spalle che lo ispira e lo guida, gli spiega i fatti e anche le parole, lo documenta fino al punto di fornirgli del pesante materiale video e a dargli addirittura il numero di tessera del singolo socio di un’associazione. Le Iene in questo caso sono dunque (e dicono chiaramente di esserlo) soltanto uno strumento, che si presta a un gioco altrui soltanto per altre finalità sue proprie. Quali, lo vedremo tra poco.
In ogni caso è chiaro: chiunque ne sia l’autore – sia questa l’opera di un singolo o di un gruppo di persone, non cambia – con questa operazione si voleva raggiungere un effetto che può essere stato solo quello di colpire Spano e/o l’UNAR e/o l’associazione protagonista. Il punto sostanziale, però, è che qualunque fosse l’obiettivo di questo attacco, lo si è perseguito accettando e determinando di farlo con la tecnica della guerra nucleare.
Le ragioni per cui, dopo il 1945, non si sono utilizzate testate nucleari nemmeno nel più cruento dei conflitti è chiara. Chi mai lo avesse fatto, avrebbe infatti annientato non soltanto il nemico, ma anche la vita umana su questo pianeta come l’abbiamo conosciuta finora. Si sarebbero sterminate le popolazioni nemiche, ma anche la potenza vincitrice avrebbe dovuto affrontare la vita su una Terra vittima delle radiazioni, annichilita in buona parte, privata di materie prime e con condizioni climatiche stravolte, dove anche la sopravvivenza degli scampati al disastro sarebbe stata breve e rovinosa. La consapevolezza di segnare la propria vittoria con la propria stessa distruzione è quello che ha impedito il verificarsi della catastrofe nucleare.
In questo caso non è stato così. Chi ha colpito nel caso delle Iene ha coscientemente stabilito di accettare le stessa conseguenza di un conflitto nucleare, quella di nuocere persino a se stesso pur di raggiungere il proprio obiettivo. Ha accettato di rafforzare in maniera evidente lo stereotipo più negativo sulla comunità LGBT, di cui pure fa parte. Possiamo dire che anni di lavoro per spiegare al mondo che le persone omosessuali sono esattamente come tutte le altre persone è stato fatto a pezzi. Televisivamente parlando, 10 minuti soltanto di questa roba sulle Iene hanno distrutto tutto il bene prodotto da ore e ore di trasmissione di “Stato civile” su Raitre. E non ci hanno pensato le Sentinelle in piedi o Casa Pound a fare questo capolavoro: purtroppo a provvedere ci ha pensato qualcuno di noi.
Tutta la comunità LGBT ha lavorato per anni per arrivare alla pancia del Paese, a quella maggioranza che non conosce le persone LGBT e che le ha sempre viste con un sentimento che va da una neutralità negativa al vero e proprio pregiudizio omofobico. Negli ultimi tempi si era riusciti a “sdoganare” presso quel pubblico l’idea che i gay aspirassero a relazioni stabili – proprio come quelle eterosessuali – e che la promiscuità sessuale fosse parte del mondo omosessuale non più di quanto lo sia in quello eterosessuale. La stessa legge sulle unioni civili, in fondo, non è stato altro che il riconoscimento giuridico di questo cambio di immagine: se i gay vogliono relazioni stabili è giusto che l’ordinamento sancisca il loro diritto a viverle.
Il pezzo delle Iene è stato un potentissimo contrordine, al punto che oggi addirittura il più diffuso quotidiano nazionale, il Corriere della Sera, dedica due (ben due) pagine nazionali alle “trasgressioni gay” a Milano, ai locali dedicati al sesso, con tanto di descrizione delle app per il dating nel mondo gay. Naturalmente sappiamo benissimo, immagino lo sappiano anche il direttore del Corriere e il redattore che ha scritto l’articolo, che esistono locali e app di dating uguali e precisi anche per la clientela e le persone eterosessuali, ma oggi la priorità era una soltanto: riprendere il pezzo delle Iene. E si tratta Corriere della Sera – si badi bene – che da anni, grazie anche al lavoro di giornalisti come Elena Tebano, ha raccontato il mondo gay in tutta la sua voglia di normalità e di integrazione.
Insomma, qualcuno, dall’interno, ha deciso che valeva la pena – pur di raggiungere il proprio obiettivo – di far tornare indietro l’orologio di venti anni, e pazienza se in questo modo ad andarci di mezzo sarebbe stata l’intera comunità LGBT. In fondo le Iene, nel loro servizio, nemmeno una volta fanno il nome dell’associazione “incriminata” con il risultato che i telespettatori hanno potuto accomunare nel misfatto qualsiasi e tutte le associazioni LGBT.
Alle Iene bastava attaccare il governo, Gentiloni e Boschi, che appaiono alla fine del pezzo e che sono stati naturalmente fatti oggetto degli attacchi delle opposizioni (da Gasparri, a Salvini a Di Battista, la destra nazionale si è manifestata in tutte le sue declinazioni). Peccato che si trattasse dell’unico governo nella storia della Repubblica che per i gay abbia fatto qualcosa di concreto, dalle unioni civili alla difesa costante dell’UNAR e delle persone che l’hanno via via diretta. UNAR che è uscita a pezzi da questa vicenda, ma che ha operato sin qui in modo benemerito per la lotta alla discriminazione anche per orientamento sessuale.
Insomma, questo regolamento di conti, da qualsiasi cosa sia stato causato, ha provocato pesantissimi danni collaterali: il rafforzamento del pregiudizio omofobico, l’outing e la gogna per un singolo incolpevole, l’indebolimento di un ufficio dello Stato che ha lavorato a favore dell’intera comunità e l’attacco politico a un governo amico.
Conseguenze ricadute, a ben guardare, su tutti gli omosessuali italiani. Compresi quelli che questa brillante operazione hanno ideato, pianificato, eseguito e ai quali, naturalmente, vanno i più sentiti ringraziamenti da parte di quelli che il giorno dopo sono dovuti tornare nei propri luoghi di lavoro e hanno dovuto leggere punti interrogativi che pensavano scomparsi negli occhi dei propri colleghi, quelli che hanno dovuto rassicurare nuovamente le proprie mamme di essere fidanzati e monogami, e anche di quelli i cui vicini di casa sono sembrati un po’ meno amichevoli del solito.
Tranne il massacro pubblico del povero Spano, naturalmente, che ha riguardato soltanto lui, il suo lavoro, la sua famiglia e la sua vita. Ma una vittima collaterale si mette in conto e si accetta come conseguenza di una qualsiasi, banale operazione di guerriglia, giusto? Figuriamoci se si è decisi a scatenare la guerra atomica.