La legge com’è scritta
Quest’oggi la bravissima impiegata della Camera che ha proceduto alla mia accoglienza mi ha spiegato che i deputati sono, tra l’altro, tenuti a versare all’amministrazione una somma di 500 e più euro ogni mese.
Con questa somma si paga – come del resto avviene in molte aziende in molti settori produttivi (per esempio credito, editoria, e ai dirigenti in generale) – l’adesione a una polizza sanitaria obbligatoria per se stessi che, se lo si desidera, è estensibile alla famiglia convivente: coniuge o convivente more uxorio e figli. Avete capito bene: il parlamento non approva una legge sulle coppie di fatto, ma prevede che la cassa sanitaria sia aperta ai conviventi. È esattamente una delle cose di cui voglio occuparmi da deputato.
In ogni caso, quando ho detto che il mio “convivente more uxorio” si chiama Federico, è stato subito chiaro che qualcosa non andava. Infatti l’impiegata ha chiamato un’altra, sempre gentilissima, impiegata. E questa ha chiamato un, sempre gentilissimo, funzionario della Camera. Gentilezze a parte, non c’è stato nulla da fare. Infatti, la lettura che alla Camera danno del testo del regolamento è che si debbano leggere, dopo le parole “more uxorio”, le parole “purché del sesso opposto” che però non sono scritte da nessuna parte.
Ho dovuto quindi scrivere una lettera all’Ufficio di presidenza della Camera, nella quale chiedo – fondamentalmente e semplicemente – che si applichi il regolamento com’è scritto sulla carta.
Questo il testo della mia lettera:
All’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati
Con la presente sono a richiedere a codesto Ufficio di Presidenza l’iscrizione all’Assistenza Sanitaria Integrativa del mio convivente more uxorio.
Sottopongo a Voi tale richiesta in quanto mi è stato specificato che l’articolo 2 del Regolamento ASI è normalmente interpretato nel senso che alle parole “more uxorio” debbano essere aggiunte le parole “del sesso opposto”, che però non appaiono nel testo.
Ritengo che questa interpretazione esclusiva sia irragionevole, dato che è ormai pacifico in giurisprudenza che il “convivente more uxorio” sia da considerarsi tanto il convivente dello stesso sesso che del sesso opposto. Si vedano a proposito le recenti sentenze sull’argomento del Tribunale di Milano e della Corte di Appello di Milano, che mi riservo di produrre a Vostra richiesta, nella vertenza che ha opposto un dipendente di banca al suo datore di lavoro per l’iscrizione del convivente alla Cassa Sanitaria Aziendale.
Voglio però anche significarvi lo stato di disagio e finanche di umiliazione che dover inoltrarvi questa richiesta mi comporta.
Il fatto che la Camera dei deputati della Repubblica Italiana adotti in via preventiva un’interpretazione ispirata a un criterio discriminatorio e non si orienti invece semplicemente a una più fedele interpretazione del testo – che peraltro darebbe il senso di una doverosa, secondo me, prevalenza di un principio di inclusione e del rispetto dei nostri valori costituzionali di uguaglianza – mi delude e mi angustia, come cittadino e parlamentare.
Sono certo che vorrete riscontare questa mia con cortese sollecitudine, posto che, nella scorsa legislatura, una richiesta analoga è rimasta pendente presso l’Ufficio di Presidenza fino allo scioglimento delle Camere.
Vi saluto per il momento con ogni cordialità.
On. Ivan Scalfarotto