Tra Monti e Batman
Ho seguito i risultati delle elezioni siciliane qui da New York. Non vorrei drammatizzare ma a me pare l’ennesima e forse ultima “wake up call” dell’elettorato al nostro sistema politico. La vittoria di Crocetta mi fa piacere, mancherebbe, ma non mi pare sia una notizia di cui felicitarsi, beandosi al contempo nell’ignorare il sostanzioso contorno che l’ha caratterizzata. Rifiutandosi di registrare cioè che ha votato meno della metà del corpo elettorale, che in termini di voti presi tutti perdono vagonate di consenso, che i maggiori partiti rappresentano solo una piccola parte dell’elettorato, che all’ARS non c’è una maggioranza e che Grillo è a capo del primo partito siciliano.
Naturalmente c’è chi festeggia e basta, senza accorgersi che siamo al crepuscolo di un sistema e che è necessario rispondere all’elettorato impegnandosi a un cambiamento radicale. Quello che a me pare gli italiani stiano chiedendo alla politica è un recupero di credibilità di tipo rivoluzionario (“revolutionary”), non semplicemente evolutivo (“evolutionary”). Gli elettori hanno visto quanto in basso può arrivare la politica e quanto invece il paese è in grado di esprimere intelligenze, con le quali si può anche non andare d’accordo, ma il cui prestigio è assolutamente indiscutibile.
La politica italiana, tutta, deve spiegare – attraverso comportamenti concludenti – se vuole assomigliare a Monti o se vuole ricordare Batman. Lo si fa con le azioni, con lo stile e con le decisioni. Con la discontinuità con un passato non sempre inappuntabile e avendo la credibilità necessaria per costruire un futuro. Dalla Sicilia, secondo me, sono arrivati soprattutto sinistri scricchiolii che sarebbe irresponsabile ignorare.