Lavoratori e scioperi
Ieri mi sono preso una serata e ho accettato l’invito di Federico di andare con lui a vedere il concerto di Lady Gaga in quel di Assago. Mal ce ne incolse: era giorno di sciopero dei mezzi per cui quella che doveva essere una serata di svago si è trasformata in una piccola odissea. Non mi lamento affatto: alla fine alla mia età un taxi da Assago, se sei alla canna del gas, lo prendi e così siamo in qualche modo riusciti a rientrare spendendo multipli di quello che avevamo preventivato ma sani e salvi.
Però con noi c’erano un paio di decine di migliaia di ragazzi che, al termine del concerto, si guardavano intorno chiedendosi come sarebbero tornati a casa da Assago a Milano, e spesso risolvevano la situazione mettendosi in cammino a piedi o in bicicletta, rischiando la vita lungo la tangenziale. In città, intanto, era successo di tutto con le immagini che avete visto quest’oggi sui giornali dei pendolari schiacciati nei treni e sotto le saracinesche del metrò.
Rientrando a casa dopo il concerto ne ho scritto su facebook e subito qualcuno mi ha fatto notare questa era la lotta per i diritti dei lavoratori e pazienza se prevedeva il caso che i pendolari rimanessero schiacciati e che i ragazzi si facessero a piedi di notte quella decina di chilometri. È il diritto di sciopero, bellezza. Che fai, lo contesti?
Ci ho pensato parecchio e devo dire che faccio fatica. Considero assolutamente sacrosanto il diritto di protesta e di sciopero dei lavoratori ferrotranviari. Però non posso fare a meno di pensare che erano lavoratori anche coloro i quali sono rimasti sotto il tunnel della metropolitana. Quale parte politica pensa ai loro diritti? È di destra preoccuparsene? Lo sciopero nasce come uno strumento di pressione nei confronti del proprio datore di lavoro: io non lavoro, la tua azienda non produce; io perdo il salario, tu non guadagni. I lavoratori che interagiscono sul pubblico, però, hanno la possibilità di fare un altro ragionamento: io non lavoro, privo i cittadini di un servizio essenziale, creo allarme sociale, questo allarme sociale è strumento di pressione nei confronti delle autorità e di queste nei confronti dei datori di lavoro.
Il risultato è che l’incolpevole utente (che, ripeto, è a sua volta un lavoratore) dev’essere vessato il più possibile perché urli il più forte possibile. Più gli faccio male, più efficace sarà la mia azione. E sapete cosa c’è? Che a me pare ci sia qualcosa che non torna in questo ragionamento. Anche perché il lavoratore che lavora per una fabbrica di pigiami o in un ufficio interno di un’azienda qualsiasi non ha le stesse chance di far sentire la sua voce attraverso questo meccanismo.
La società è diventata molto complessa e dovremmo provare a considerare questi fenomeni con gli occhi di questo secolo. Individuare forme di legittima protesta che non coinvolgano “vittime” terze. Quando scioperano i casellanti delle autostrade, questi si limitano a non prelevare i pedaggi: una forma di protesta molto popolare presso gli utenti e molto efficace come forma di pressione nei confronti della proprietà.
Esemplificazioni estreme a parte – la maturazione delle relazioni industriali è tema complesso – la cosa che mi lascia perplesso è che si consideri “di sinistra” difendere, come si è tradizionalmente fatto, il diritto del lavoratore organizzato e solo in quanto e fino a quando rappresenta se stesso nello svolgimento delle sue funzioni.
Non appena un infermiere, o un insegnante, o un controllore di volo o un operaio metalmeccanico smonta dal suo posto di lavoro, la “sinistra” (per come la si intende comunemente) non è più al suo fianco con la stessa convinzione. Ritiene il suo diritto di tornare a casa servente e subordinato al diritto del tranviere di protestare legittimamente per i suoi diritti. E, viceversa, appena il tranviere finisce il suo orario le tutele che ottiene da parte della sinistra tradizionalmente intesa si affievoliscono. Pensiamo a tutti gli imbarazzi che abbiamo sui temi legati alla vita privata dei cittadini: nuove famiglie, fecondazione assistite, fine vita. Il tranviere che volesse avere un bambino con la sua compagna con la fecondazione eterologa sentirebbe assai meno la nostra voce in sua difesa che nel momento in cui molla il treno carico di pendolari in stazione.
È di sinistra tutto questo? Siamo proprio sicuri? Io credo di no.
Credo che sia di sinistra assicurare al cittadino un’equa difesa dei suoi diritti in tutti i momenti della sua vita. Quando lavora e quando torna a casa. Quando mette la tuta blu e quando porta i bambini a scuola o si dispera perché non c’è posto negli asili. Quando timbra il cartellino e vuole il rinnovo del contratto ma anche quando va in ospedale a curarsi o a partorire e quando si preoccupa per le persone che ama. Ce la facciamo a diventare il partito delle pari opportunità per i cittadini? Il partito che fa dell’uguaglianza sostanziale il suo obiettivo? Il partito che premia il merito e non abbandona chi ha bisogno quando ha bisogno, dai lavoratori che aspettano li contratto da anni ai ragazzi di Assago e ai pendolari di Piazza Lima?