I miei due cents sull’agenda Monti e sulle primarie del centrosinistra
Nessuno come un (ex) italiano all’estero sa quanto bene abbia fatto la figura di Mario Monti all’Italia. Quando abitavo e lavoravo a Londra quasi dovevo scusarmi di essere italiano, e oggi apprezzo forse più ancora dei miei connazionali il rispetto che grazie a Monti (e Draghi) nuovamente circonda il nostro paese. Detto questo credo, sempre da italiano all’estero, che se vogliamo mantenere questo rispetto dobbiamo cominciare col comportarci come una democrazia normale: un posto dove si vota e dove i governanti sono scelti dai governati attraverso il voto libero e democratico.
Tutti i sondaggi dicono che gli italiani sostengono Mario Monti e hanno fiducia in lui. Ebbene, non è la persona di Monti quella che conta. È piuttosto capire se il prossimo governo debba continuare sulla strada intrapresa da Monti oppure no. Mario Monti, infatti, non credo si ritirerà in campagna: esistono ruoli istituzionali che abbiamo compreso essere costituiti di molto più che la pura rappresentanza e sono ruoli la cui durata consente un respiro lungo, tale da permettere una visione e costituire una garanzia per un tempo sufficiente a rimettere in carreggiata il paese.
Quanto invece a chi dovrà governare e cosa dovrà fare, le primarie del centrosinistra saranno un’occasione preziosa. La cosa peggiore che possa capitare all’agenda Monti sarà di essere supportata da un’altra “grande coalizione” assurda, spuria e litigiosa. Se dunque le primarie diventeranno l’occasione per discutere di due linee politiche invece che di due persone, avremo raggiunto l’obiettivo.
Per far questo però bisognerebbe che gli schieramenti a sostegno delle due linee politiche fossero coerenti. Coloro che sostengono l’azione di Monti e coloro che invece credono che il professore sia alla fin fine solo un rappresentante dei poteri forti (come dice ancora una volta quest’oggi Stefano Fassina) dovrebbero trovarsi in questo dibattito su fronti contrapposti, per consentire agli italiani di farsi un’opinione e di scegliere di conseguenza se per esempio la riforma delle pensioni vada smontata oppure no, o se il referendum di Vendola debba tenersi oppure no.
Il rischio è invece che non sia così, che gli schieramenti nel PD si fondino sulle persone invece che sulle idee, con la conseguenza che alla fine il candidato alla premiership potrebbe essere ostaggio dei veti contrapposti dei suoi stessi sostenitori. È già successo con Prodi e Veltroni, non ne conserviamo un buon ricordo.