Non sono solo matrimoni
In realtà l’obiettivo del matrimonio per gli omosessuali, al momento, a me pare difficile da realizzarsi in un Paese arretrato rispetto al resto dell’Europa e dove conta molto l’opinione della Chiesa cattolica restia a riconoscere i diritti civili. D’altra parte il matrimonio gay da solo non risolverebbe il problema dei diritti per le coppie etero ed omosessuali che scelgono di non sposarsi pur vivendo insieme. Ma che per questo non devono avere meno diritti di chi decide di sposarsi.
Non sono parole di Rosy Bindi né di Beppe Fioroni. Sono parole di Enrico Rossi, il presidente della Toscana, senza alcun dubbio uomo di sinistra. Le riporto perché spiegano molto bene il senso delle parole del documento Pollastrini-Cuperlo, il documento alternativo al documento della Commissione Bindi che ha circolato in assemblea.
In tanti Paesi a cui ci sentiamo legati – dalla Francia agli Stati Uniti – si sono riconosciuti o ci si avvia a riconoscere i matrimoni e le adozioni per coppie gay. Molti tra noi possono essere d’accordo, altri possono non esserlo, ma il fatto stesso che altrove si legiferi in quel senso dovrebbe annullare il tabù sulle parole. Le coppie etero e omosessuali devono avere gli stessi diritti: proponiamo il pieno riconoscimento giuridico e sociale delle unioni civili per coppie omosessuali e non.
“Unioni civili per coppie omosessuali e non”: non ho firmato il documento Pollastrini-Cuperlo presentato in assemblea proprio per questo ultimo, essenziale, inciso. È ben chiaro che, proprio come i cattolici del PD, anche la sinistra socialdemocratica del partito non riesce a sostenere l’eguaglianza tra cittadini etero e omosessuali. Il documento di Pollastrini e Cuperlo lo dice chiaramente: le unioni civili a cui si pensa dovranno applicarsi a coppie gay e etero. Rossi spiega perché: tutte le coppie, gay e etero, devono avere gli stessi diritti delle coppie sposate.
Questo è evidentemente impossibile. Se le coppie etero non sposate volessero avere i diritti delle coppie sposate, non dovrebbero fare altro che sposarsi. Se non lo fanno vuol dire che non accettano i diritti e, soprattutto i doveri, del matrimonio. A meno che Rossi non pensi che tutti i conviventi etero siano obbligati a sposarsi – ne sarebbe felice Ratzinger – ne deriva che le unioni civili “per etero e gay” devono essere per forza inferiori al matrimonio. L’ipotesi della coesistenza di due istituti giuridici (matrimonio e unioni civili), uno “minore” a disposizione di tutti (le unioni) e il secondo, “pieno”, a disposizione dei soli eterosessuali (il matrimonio) non è assolutamente ricevibile.
Il tema vero di cui si discute qui, non è il matrimonio. Il serissimo problema politico sul tavolo è l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. I socialisti di tutta Europa lo hanno compreso, i firmatari di questo documento, purtroppo, evidentemente ancora no.
Capisco che alla fine la soluzione di compromesso potrà essere un’unione civile riservata alle sole coppie omosessuali, come accade nel Regno Unito e in Germania: proprio alla Germania ha infatti fatto cenno il segretario Bersani ieri alla festa dell’Unità di Roma. Se così fosse – ma non è ciò che chiedono Pollastrini e Cuperlo – sarebbe una soluzione sicuramente avanzata. Se la vedremo arrivare in porto non potremo che plaudire al Partito democratico e alla sua sostanziale evoluzione in tema di diritti civili.
Ma anche in questo caso sarà una soluzione che non avrà risposto al grande quesito della parità di dignità tra i cittadini, come hanno capito benissimo Barack Obama e François Hollande. Per questo la comunità GLBT britannica non ha mai smesso di lottare per il matrimonio, anche avendo ottenuto una legge che mette il proprio paese all’avanguardia nel mondo. E per questo il governo conservatore sta capitolando davanti all’evidenza del fatto che le unioni civili non costituiscono l’uguaglianza.
Una legge sulle unioni civili, soprattutto se allargata anche agli eterosessuali, non può essere dunque la “mia” soluzione, la soluzione per la quale mi batto e la soluzione che porta in calce la mia firma. Io sono per l’uguaglianza. Ma – Pippo Civati a parte – non sono in grande compagnia.