Monti e i diritti civili
Nell’intervista che Mario Monti ha rilasciato ai lettori di Repubblica, emerge un profilo di paese molto chiaro. Più dinamico e più aperto, più propenso ad offrire opportunità che protezioni. Può piacere oppure no (a me piace molto), ma penso che a questa ricostruzione del capo del governo manchi un pezzo decisivo, che è quello della libertà delle persone di autodeterminare la propria vita privata.
Da quando il governo Monti è in carica, uno dei temi che sono spariti dall’agenda politica sono i diritti civili. Ne capisco benissimo le ragioni politiche, date dall’anomalia della maggioranza parlamentare che sostiene l’esecutivo tecnico. Eppure non si capisce come possa integrarsi nella visione genuinamente liberale che emerge dalle parole del premier uno Stato che vive costantemente con il naso nelle vite dei suoi cittadini: stabilendo con chi ti puoi sposare, chi può donarti il seme per fare un figlio, chi può eseguire o meno la tua volontà di essere curato oppure no il giorno che non fossi più fisicamente in grado di esprimerti.
Monti e il suo governo potranno anche creare un posto dove finalmente il merito e il talento valgono qualcosa e dove un giovane o una giovane possono creare un’impresa di successo in un garage. Eppure non riusciranno mai a fare dell’Italia un posto veramente attraente per le intelligenze di tutto il mondo finché da noi, per esempio, essere omosessuale costituirà una condizione di minorità oggettiva davanti alla legge e nel giudizio delle persone.
Non si tratta di un tema etico, si tratta di dare un mezzo efficace alle persone per realizzare il proprio progetto di vita. Un progetto che riguarda sì il proprio sviluppo professionale e la prosperità economica di ciascuno ma che non può non riguardare anche la possibilità concreta di essere se stessi e di vivere la propria vita alla ricerca pacifica della propria felicità. L’assenza di leggi che attribuiscono dignità e diritti alle persone e gay, lesbiche e bisessuali e alle loro famiglie sono un’anomalia tutta italiana non meno esclusiva di quella dell’articolo 18 e limitano lo sviluppo (anche economico) della nostra società non meno di quella norma.
Monti dice che siamo il paese delle garanzie in astratto. Bene: siamo anche il paese dell’uguaglianza teorica. In nessun paese come in Italia chi abbia l’avventura di non essere conforme alla maggioranza è costretta a vedersela male. Con la scusa che “siamo tutti uguali”, gli unici che se la cavano sono quelli che corrispondono perfettamente alla maggioranza, quelli “più uguali degli altri”.
In questo percorso che, come dice il capo del governo, deve portarci ad assomigliare il più possibile alla Germania, ricordiamoci che in Germania (e in tutto il resto d’Europa, esclusa – guarda un po’ – la Grecia) due uomini o due donne possono serenamente sposarsi o unirsi civilmente, assumersi impegni reciproci, avere dei bambini, essere riconosciuti davanti alla società, ed essere protetti dalla legge contro le violenze fisiche e le insolenze verbali.