Né l’una né l’altra
Stimo Susanna Camusso come una tra le personalità più intelligenti e preparate di questo paese. Per questo mi stupisce grandemente quando dichiara a Repubblica che “l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori ha una funzione deterrente per i licenziamenti senza giusta causa. Per questo non può essere né aggirata né modificata”. Questa affermazione è tecnicamente sbagliata e il segretario generale del più grande sindacato italiano non può fare errori così gravi senza far nascere il sospetto che lo faccia consapevolmente.
L’articolo 18 protegge i lavoratori da licenziamenti senza giusta causa (quelli cioè discriminatori, capricciosi o fondati su contestazioni disciplinari infondate) o senza giustificato motivo (dove le ragioni economiche sulla base delle quali l’imprenditore licenzia sono considerate infondate o dove non siano stati rispettati i criteri di scelta per individuare i lavoratori da licenziare in caso di ristrutturazione).
Con la proposta Ichino si vuole modificare l’articolo 18 (sottolineo: solo per i contratti futuri, non per i contratti già esistenti) solo per il secondo caso (il giustificato motivo),
estendendo invece a tutti i nuovi ingressi sul mercato del lavoro la protezione dell’articolo 18 contro i licenziamenti per giusta causa. Questo significherebbe l’impossibilità di licenziare in modo del tutto discrezionale una persona, rischio al quale – ad esempio – oggi è esposto quotidianamente qualsiasi precario che lavori con una falsa consulenza ottenuta previa l’apertura di una partita iva.
Oggi, insomma, l’articolo 18 difende contro la giusta causa solo coloro che ne sono già coperti. Mi piacerebbe chiedere dunque a Susanna Camusso qual è la funzione deterrente sui licenziamenti che l’attuale articolo 18 svolge nei confronti dei milioni di giovani italiani e italiane che di garanzia oggi non ne hanno nessuna perché lavorano con un contratto precario (senza nemmeno i diritti basilari alla malattia, alle ferie o alla maternità). Vorrei capire quale è la strategia della CGIL per dare a questi ragazzi il diritto che spetta a tutti i lavoratori in un paese civile, che non è l’inamovibilità dal posto di lavoro ma la dignità del proprio lavoro. In questo paese troppa gente, specie tra i giovani, non ha purtroppo né l’una né l’altra.