Il calcio è un gioco semplice, se ci pensi
#CollegeReporting
Due maxi schermi saranno collocati in Piazza San Carlo. Un altro al Motor Village e un altro ancora nel giardino del Parco Dora (quest’ultimi due per conto di privati).
Torino è pronta alla finale di Champions League. Migliaia di tifosi, sabato sera, prenderanno d’assalto il centro città. Immagino fiumi di birra, odore di hascisc, sciarpe bianconere, cori, casse giganti che diffonderanno “le sciabolate morbide”di Piccinini per tutta la città. Berlino, il Barcellona, Lionel Messi, la Juventus. Tutto in alta definizione. Una mega festa pubblica a cui parteciperà mezza città.
L’altra, quella di fede granata, invece, resterà chiusa in casa, probabilmente con una sciarpa blaugrana, a gufare la Juve.
Questo articolo potrebbe anche finire qui.
Invece continua, perché William mi convince ad andare in giro per la città a respirare l’atmosfera, prendere nota delle sensazioni della gente, annusare l’attesa e l’adrenalina.
È il primo vero giorno d’estate, a Piazza Statuto compro un cono gelato mango e limone e cammino fino a Piazza Castello.
In città c’è l’ostensione della Sindone e di conseguenza gli abitanti sembrano essersi moltiplicati. Su via Garibaldi chioschi vendono gadget con il volto di Cristo. Uno dei venditori si chiama Ian. Viene da Bucarest. E cerca di vendermi una tazza da latte con il viso del Salvatore. Faccio finta di essere interessato, gli chiedo un pronostico della finale di sabato.
– Sono juventino – dice lui – ho pianto, nel 2003, quando Schevchenko segnò il rigore decisivo. Amico, sono teso, la notte faccio fatica a dormire, sul serio, non mi spaventa Messi, ma Neymar. I suoi dribbling, i suoi affondi. Mister Allegri avrà preparato un piano difensivo adeguato, basterà difendersi soltanto contro il Barcellona? Abbiamo una possibilità solo se si arriva ai rigori – conclude. Gli chiedo come procede il suo business, lui insiste affinché compri qualcosa e risponde che non si può lamentare. In quel preciso momento decido di usare il registratore del mio smartphone. L’idea è chiedere ad estranei un pronostico della partita di sabato. Chi l’ha detto che solo i giornalisti professionisti capiscono di calcio? E poi – dice William – parliamoci chiaro, cosa c’è di complicato nel calcio?
– Ti prego William risparmiami la storia che si tratta di undici uomini in mutande che cercano di mandare un pallone in una porta.
– Ventenni con la cresta che guadagnano milioni di euro, di questo vorrei parlare.
– Legge del mercato. Il calcio emoziona. Io mi emoziono.
– Tu non tifi.
– Berlino 2006, per esempio, Roberto Baggio contro la Nigeria a Usa 94.
– Negli ultimi due anni le outsider che sono arrivate in finale hanno sempre perso contro le favorite. Borussia Dortmund nel 2013, Atletico Madrid l’anno scorso.
– Come lo sai?
– Me l’ha detto la fornaia.
– Non pensavo che fosse appassionata di calcio.
– Non ci crederai. Sa a memoria tutte le formazioni della Juventus dal 1980.
Cambio ancora idea, non andrò in centro a fermare sconosciuti come fanno i ragazzi con le casacche dell’Unicef, ma intervisterò gli estranei del mio quartiere. Zona nord di Torino, qualche bandiera juventina sui balconi.
Ho parlato con una decina di persona. Di seguito solo le risposte meno banali.
Dalla fornaia l’odore di pane caldo mi stimola la fame. Lei vorrebbe che comprassi anche il mega bauletto ai cereali oltre ai panini integrali. Le chiedo che sensazioni ha sulla partita di sabato.
– Il 4-3-3 di Luis Enrique – dice lei – in realtà è un 3-4-3 offensivo. Il segreto del suo gioco è la posizione di Rakitic. Che io definirei trequartista moderno. Sta a metà tra il centrocampo e l’attacco, prende palla e la gioca in verticale per uno dei tre attaccanti. Limitare il suo raggio d’azione significa assicurarsi il centrocampo, ma può essere rischioso, perché questo Barcellona ha un piano B e uno C.
– Che atteggiamento dovrebbe tenere la Juve?
– Difendersi a oltranza è rischioso. A differenza del Barcellona di Guardiola, questo tira anche da fuori. Però attaccare, con la difesa alta, come ha fatto il Bayern al Camp nou, sarebbe una mossa suicida. I tre attaccanti blaugrana sono veloci, se gli lasci spazio è dura.
– Sembra non esserci nessuna soluzione, partita dall’esito scontato.
Mi guarda a lungo e mi regala un grissino alle olive.
– Allegri è un allenatore sottovalutato. Qualcosa si inventerà.
– È vero che ricorda le formazioni della Juve dal 1980?
– Vuole sapere qual è stata la più forte? È facile: quella che ha perso la finale del 97. Boksic, Del Piero, Zidane, Vieri. 6 a 1 al Psg in Supercoppa, arrivarono in finale scarichi, stra-favoriti, d’altronde da un anno e mezzo avevano vinto tutto quello che c’era da vincere. Il Borussia Dortmund giocò una partita perfetta. Riuscì a segnare ogni volta che ne ebbe l’occasione. Potrebbe succedere lo stesso sabato. Anche se non penso che il Barcellona possa compiere l’errore di sottovalutare la Juve.
– Per molti la Juve più forte fu quella di Capello.
– Nedved, Vieira, Emerson, Camoranesi. Il centrocampo più forte d’Europa.
– In Champions però uscì contro Liverpool e Arsenal.
– Credo che molto dipese da Ibrahimovic. Tendeva a smarrirsi nelle partite decisive, trend che ha confermato anche negli anni a venire.
– Pronostico?
– 2 a 1 per la Juventus, ci pensi bene, può un campione come Buffon terminare la carriera senza aver mai vinto una Champions League?
– Ha detto che giocherà oltre i 40 anni, ha tempo.
– Queste sono occasioni che capitano una volta, massimo due nella vita. E Gigi ne ha già persa una.
Mani in alto, niente toccate scaramantiche.
Il macellaio tifa Torino ma si augura – perché sono pur sempre italiano – che alla fine vinca la Juventus.
– Molti tifosi granata però non la pensano come lei.
– Che senso ha tifare contro una squadra della propria città. Campanilismo, nazionalismo, sono concetti che non approvo. Fosse per me abolirei anche le nazionali.
– Idea estrema, non riesco a immaginare il calcio senza i mondiali.
– Guardati intorno – dice, battendo le fette di tacchino che gli ho ordinato – viviamo in un’era cosmopolita, razze diverse che si mischiano, kebab, pizzerie, sushi sullo stesso marciapiede, l’euro, Bruxelles, la Banca centrale. Solo il calcio sembra essere rimasto fermo agli anni 50.
– Sta parlando di evoluzione?
– Credo che il calcio attiri la massa proprio perché è uno dei pochi campi della società in cui la gente può distinguersi, appartenere a un gruppo.
– Chi vince sabato?
– Non mi interessa, spero al Juve. Ho visto l’ultimo gol segnato da Messi contro il Bilbao, bello, vero, ma non penso che Chiellini, Bonucci, Vidal si sarebbero fatti superare in quel modo.
Il Supermercato in cui vado a fare la spesa dista poche centinaia di metri da casa. Al bancone dei salumi chiedo un etto di bresaola e due di ricotta fresca, poi, al ragazzo con i tatuaggi, chiaro accento siciliano, chiedo anche un pronostico della partita.
– Non sono juventino, in realtà non seguo il calcio dallo scandalo di calciopoli, non sapevo neanche che la Juve fosse andata in finale di Champions league, possibile – mi chiede – non era andata in Serie B?
Il libraio invece prende in mano due libri. “Viaggio al termine della notte” di Céline e “La strada” di McCarthy.
– Sono entrambi romanzi di viaggio – fa una pausa – più o meno. Céline è il Barcellona. Complesso, a tratti noioso, a tratti geniale, un modo di scrivere rivoluzionario, inavvicinabile, inimitabile. McCarthy invece è la Juve degli ultimi 4 anni. Concreta. Precisa, chiara. Sembra una squadra normale, niente di straordinario, ma in realtà, lì dentro, c’è tanta qualità.
– Chi vince?
– Tra Céline e McCarthy scelgo sempre McCarthy. Alla fine, va bene lo stile, la tecnica, l’avanguardia, ma a me piacciono le storie concrete. Scrittori che arrivano dritti al punto, che non stanno ad esaltare se stessi, ma il lettore.
– A sentire i media pare un’impresa titanica quella della Juve.
– Il Barcellona terrà palla per tutta la partita, la Juve lo attenderà a ridosso della propria area di rigore, Messi, Neymar e Suarez saranno marcati con attenzione, ci sarà qualche tiro da fuori che Buffon riuscirà a sventare, poi, alla prima ripartenza, ecco che la Juve, con Tevez o Morata farà gol. I restanti minuti saranno di sofferenza, l’obiettivo sarà di difendere quel gol. Credo che ci riusciranno.
– 1 a 0 dunque.
– 1 a 0. Il calcio è un gioco semplice, se ci pensi. E poi Berlino porta bene al calcio italiano.
Il tabaccaio, infine, mi porge un pacchetto di Marlboro light e mi dice che è la finale più squilibrata della storia. Che il pallone d’oro vinto da Ronaldo ha reso Messi un’ira di Dio e che la vera domanda da fare è: Suarez morderà di nuovo Chiellini?
-Francesco Aquino-