Valerio Scanu, Anna Oxa e il postmodernismo
È successo pochi giorni fa. Me ne stavo seduto sul divano a ultimare i dettagli della lista della spesa. Ammorbidente. Sapone per i piatti. Sacchi neri per l’immondizia. Ero già vestito, dovevo solo indossare le scarpe, rollare una sigaretta da fumare nel tragitto casa – supermercato e uscire.
Poi è arrivata la mia compagna e come se fosse la cosa più naturale del mondo (e probabilmente dal suo punto di vista lo era) mi ha detto: ho appena scoperto che Valerio Scanu e Anna Oxa sono la stessa persona.
Ho scritto le parole: Plum Cake, e ho detto: Cara, chi diavolo è Valerio Scanu?
Valerio Scanu è quello che fa l’amore con la sua donna in tutti i modi, in tutti i luoghi, in tutti i laghi, in tutto il mondo. Il baby prodigio di un edizione di Amici di qualche anno fa. Ha vinto anche Sanremo. Ricordi? Si. Ricordavo. Valerio Scanu è un cantante. Anna Oxa è una cantante (e mi ricordavo benissimo chi era anche se nel momento in cui me ne ricordavo mi sono chiesto che fine avesse fatto) perché dovrebbero essere la stessa persona? Ho fissato a lungo la mia compagna: non era ubriaca e non fumavamo roba buona da mesi.
La sto facendo lunga. Me ne rendo conto. La mia ragazza mi ha mostrato un video su You Tube (questo) dove c’era in effetti Valerio Scanu che cantava “Quando nasce un amore” travestito da Anna Oxa. Non-ci-posso-credere. Ho esclamato. Non solo l’aspetto fisico e le movenze ma anche la voce era identica a quella della Oxa. Una cosa inquietante.
La domanda filosofica-scientifica del giorno è: com’è umanamente possibile tale somiglianza?
Te lo dicevo io – ha detto la mia compagna – sono la stessa persona.
La teoria mi convinceva poco. Anche se avrebbe spiegato l’assenza dal palco della Oxa per così tanti anni. Era stata ibernata? Valerio Scanu era ed è un prototipo tecnologico costruito in laboratorio? C’è lo zampino di Maria De Filippi o di Maurizo Costanzo?
Assolutamente no. C’è una trasmissione che va in onda il venerdì sera su Rai 1 nella quale personaggi famosi si mascherano da altri personaggi famosi (cantanti, per la precisione) e si esibiscono davanti a una giuria composta da: Loretta Goggi, Marcello Lippi e Christian De Sica. Conduttore: Carlo Conti.
Ha senso tutto ciò? E perché l’esibizione di Valerio Scanu mi ha messo a disagio?
Ho approfondito la questione. E mi sono reso conto che anche le altre imitazioni erano “sorprendenti”. Diciamo che l’ottanta per cento delle imitazioni sono state sorprendenti. Alessandro Greco/cantante dei Modà. Pino Insegno/Louis Armstrong. E altre che non ho voglia di elencare anche perché cambiano i personaggi famosi imitati ma non gli imitatori. C’è anche una classifica provvisoria che cambia ad ogni puntata. Alla fine, presumo, ci sarà un vincitore. Non ho idea di quale sia il premio finale.
Di cosa stai parlando? Potrebbe dire qualcuno. È solo recitazione. Un mestiere antico.
Sto parlando di postmodernismo. Ecco qual è l’origine dell’inquietudine: il postmodernismo. Questa trasmissione, questa idea, questa messa in scena ha tutti gli ingredienti del postmodernismo.
Tv postmoderna. L’imitazione in sé è il classico pastiche letterario. Cioè lo scrivere usando stili altrui. Creatività intesa come ripresa di forme estetiche del passato. L’idea di far cantare una canzone di Claudio Baglioni – per esempio – non a Claudio Baglioni ma ad Alessandro Greco, fa capire che l’interesse non è per la canzone in sé (il contenuto) ma per l’imitatore. La molla della trasmissione è: Alessandro Greco sarà in grado di cantare la canzone come Claudio Baglioni? Se la risposta sarà affermativa allora ci sarà lo stupore e poi, forse, anche il disagio.
Che non è lo stesso disagio provato alla fine dell’Incanto del lotto 49 di Thomas Pynchon o Punto Omega di Don DeLillo. Ma ci siamo vicini (o almeno per me e così mentre per qualcun altro tutto questo parlare potrebbe essere senza senso).
L’ironia, un’altra delle peculiarità dell’arte postmoderna sembra essere alla base della trasmissione. E probabilmente Claudio Lippi e Gabriele Cirilli – impegnato in ogni puntata in una mission impossible – sono lì per questo.
Ironia, pastiche, meta-narrativa (in questo caso meta-spettacolo), disagio. Ma anche capitalismo (uno dei temi cardine degli artisti postmoderni). Perché il fine ultimo della trasmissione è vendere spazi pubblicitari. Nessun altro.
Il dibattito su cosa sia o non sia “post-moderno” (se qualcuno ha voglia può leggere quest’articolo di Edward Docx che parla, addirittura, della fine del postmodernismo), si sa, è lungo, noioso, privo di certezze oggettive. E non muoio certo dalla voglio di dire la mia a proposito.
Quello che più mi premeva capire era perché Valerio Scanu/Anna Oxa mi ha provocato disagio. Non ho una spiegazione razionale. Fatto sta che ho visto anche altre imitazioni e non ho provato niente.
Perché?
Forse (ipotesi) il disagio non era altro che tenerezza o pietà verso un ragazzo (Scanu) “costretto” a indossare una maschera per ritrovare la popolarità perduta. In fondo tutti i concorrenti sono vip “alla isola dei famosi” in bilico tra popolarità e oblio. Perché Valerio Scanu o altri talent come lui – mi viene in mente Marco Carta oppure Giusy Ferreri o ancora l’ultimo vincitore di Xfactor Michele Bravi – non “campano” del loro talento, motivo per cui sono diventati famosi? Un mese di popolarità e poi la dimenticanza? È colpa loro oppure è colpa dei talent? Perché, a pensarci bene, alcuni ce la fanno a campare del loro talento. Penso a Emma Marrone o Alessandra Amoroso. Sono casi isolati, la classica eccezione che conferma la regola, oppure no?
Sono curioso di sapere se anche qualcuno di voi ha provato la mia stessa sensazione di disagio vedendo la performance di Scanu. E se sì che spiegazione si è dato e se non si è dato nessuna spiegazione perché non ha sentito il bisogno di farlo. Sono sincero, mi interessa davvero.
Aveva ragione Andy Warhol («In futuro ciascuno avrà 15 minuti di fama») oppure, con l’avvento dei social network, di You Tube e di un sempre minor potere della televisione, non ha più senso parlare di fama, popolarità e di conseguenza anche di vip? C’è differenza tra Valerio Scanu o un ragazzo che suona nei locali della sua città e ha 2000 mi piace sulla sua pagina Facebook?
Il punto cruciale è: se Valerio Scanu non riesce a campare del suo talento nonostante la popolarità raggiunta, gli apprezzamenti e una vittoria al Festival di Sanremo alle spalle, come può pensare di riuscirci un ragazzo “comune” che compone canzoni nella sua stanza? Ambizione e fallimento. Mi sento di consigliare tre romanzi postmoderni (tanto per restare in tema) che affrontano proprio questo argomento: Gioventù di J.M.Coetzee, Chronic City di Jonathan Lethem e Franny e Zooey di J. D. Salinger. Quest’ultimo nonostante sia meno “famoso” del giovane Holden o dei 9 racconti è un piccolo gioiellino.
Due cose per concludere. Uno: nell’ultima puntata Valerio Scanu si è mascherato da Stevie Wonder ma per i giudici solo la voce era simile, non il trucco. Due: al supermercato ho dimenticato di comprare il bicarbonato di sodio.
– Francesco Aquino –