Scrittore totale e opera mondo
Partire da Tabucchi per cercare di identificare lo scrittore totale è stato insieme sfruttare un grande esempio per levarci l’impiccio di dare una definizione e fare un piccolo omaggio.
Perché definire lo scrittore totale non è semplice ed è, sicuramente, cosa opinabile. Non credo si possa etichettare uno scrittore come più o meno “totale” in base alla sua capacità di scrivere romanzi, reportage, sceneggiature, saggi, articoli e quant’altro (compresi post e tweet) dice FIORE. E ha ragione.
Attraversare i generi è sicuramente un tratto distintivo dei grandi, una cosa non da tutti, e di scrittori così ce ne avete suggeriti tanti: Josè Saramago (FIORE), Martin Amis (JB912), Orhan Pamuk, Gabriel Garcia Marquez (Simona77), Nick Hornby e Daniel Pennac (ROMINARICCI), Mordecai Richler, Tom Robbins, DF Wallace (JACKZZ), Mia Couto (ANITA81) e, per rimanere in Italia, Umberto Eco (Eugenio Perotti), Antonio Scurati e Roberto Saviano (DAULERIO), Andrea Bajani, Alberto Arbasino, Claudio Magris, Andrea Camilleri, Giulio Mozzi (Valerio FIANDRA), Erri De Luca (@barbarabracci), Stefano Benni e Alessandro Baricco (Simona 77).
Ma non è condizione sine qua non. Anche perché potrebbe risultare un fastidioso esercizio di stile di quelli a cui Carver direbbe di non usare “trucchi da quattro soldi” (VID3OGIRL).
Inoltre oggi, se da un lato l’editoria pare classificare i propri autori per generi e forme (questo è un giallista, questo uno scrittore del precariato, questo scrive solo racconti), dall’altra gli scrittori stessi vengono chiamati a intervenire su giornali blog e riviste intorno ai temi più svariati.
Dunque? Cosa rende lo scrittore, totale? Forse abbattere le barriere geografiche e culturali? Saper parlare di personaggi senza frontiere, avvicinabili a qualsiasi latitudine? In questo senso è interessante la riflessione di Vittorio Coletti nel libro Romanzo mondo. La letteratura nel villaggio globale. Perché qui, implicitamente, si dice che, a differenza di qualche tempo fa, sorpassare queste barriere non è più garanzia di “totalità”: oramai le differenze linguistiche e culturali si sono attenuate e la specificità nazionali ridotte. In questo saggio, però, Coletti scrive una cosa interessante «Emma Bovary trasferita a Roma non solo non funzionerebbe come emblema della piccola borghesia ottocentesca, ma semplicemente non potrebbe darsi». Eppure Madame Bovary è un romanzo che ha saputo attraversare non solo la geografia ma anche le generazioni, così come Orgoglio e pregiudizio e Delitto e castigo, anche se [erano tutti] libri saldamente radicati nel loro territorio e nella lingua locale” (Tim Parks 21 agosto 2011, domenica, Sole 24ore).
Qui allora viene in mente che, se attraversare le forme narrative non è sufficiente a fare di un autore uno scrittore totale e se abbattere le distanze, soprattutto oggi, potrebbe non essere un indicatore affidabile, forse, saper costruire corpus narrativi “puri” resistenti nel tempo e intelliggibili, quelli che Franco Moretti chiamava Opere mondo, potrebbe rendere il loro autore lo scrittore totale che stiamo cercando?
Le opere mondo sono opere che esprimono l’epica nella modernità, complesse, infinite, digressive, allegoriche, polisemiche e aperte. Non più un attraversare i generi, ma i contenuti che essi possono veicolare.
Di opere così ce ne sono molte, anche recenti: Underworld, 2666, Le Benevole, V., Infinite Jest… e chi più ne ha, vorremmo ce le suggerisse.
E quindi: le opere mondo potrebbero essere il frutto del lavoro di quelli che abbiamo chiamato scrittori totali?
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Questo post è stato scritto con il contributo di: FIORE, JB912, ROMINARICCI, JACKZZ, ANITA81, Eugenio Perotti, DAULERIO, Valerio FIANDRA, Simona 77, VID3OGIRL, @barbarabracci
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Credits foto: Photo by Keystone/Getty Images