Scrittori Totali
Nel 1960 Antonio Tabucchi vide La dolce vita e ne rimase profondamente colpito. Il film di Fellini gli fece capire due cose: la prima che l’Italia del boom era “un paese corrotto e decadente, una società orrenda e putrefatta come nel Satirycon di Petronio”. La seconda che si poteva narrare il dissenso con “i simboli e le metafore dell’arte”.“Leggenda” vuole che fu proprio questo film ad allontanarlo dall’Italia, direzione Parigi e la Sorbona per completare i suoi studi.
Arrivato alla Gare de Lyon, però, Tabucchi andò incontro ad un’altra opera che l’avrebbe portato oltre: in una bancarella comprò Tabacaria, un poema di Alvaro de Campos, pseudonimo di Fernando Pessoa.
Tabucchi è stato docente universitario, traduttore, critico, saggista, giornalista, intellettuale mitteleuropeo, scrittore, anche in una lingua non sua. Ha preso dal cinema e al cinema ha dato (sei furono le pellicole tratte da suoi romanzi e racconti). Questa poliedricità si è trasmessa alla sua scrittura che non è mai stata una professione, ma “qualcosa che coinvolge i desideri, i sogni e la fantasia”, mai “influenzata dall’immediato, ma una verità simbolica”.
Così conosciamo un Tabucchi narratore di “fiaba popolare” con il suo primo romanzo Piazza d’Italia, 1975; un Tabucchi reporter di viaggio con Notturno indiano, 1984; un Tabucchi giallista con Il filo dell’orizzonte, 1986; un Tabucchi quasi gotico con i racconti di L’angelo nero o un Tabucchi dall’allucinato autobiografismo con Requiem, 1992; senza dimenticare naturalmente il Tabucchi romanziere puro con il suo più grande successo, Sostiene Pereira, 1994.
Romanzi, racconti, reportage di viaggio, epistolari immaginari, pamphlet, saggi. Uno scrittore in grado di attraversare prima di tutto i tantissimi approcci di chi impugna la penna per mestiere e, quando si dedicava alla sua amata “verità simbolica”, “quella che gli inglesi chiamano fiction”, di attraversare i generi senza tentennamenti.
Potremmo dire uno scrittore totale.
E allora quanti sono e chi sono, oggi, gli scrittori totali? Quelli che sanno scrivere bellissimi racconti e romanzi incantevoli, saggi di lucida intelligenza, reportage di viaggi che fanno vedere o pamphlet corrosivi che fanno riflettere?
Lo scrittore totale è in via d’estinzione? E se fosse così, perché?
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