Dicevamo della Poesia
“Dopo gli anni sessanta vengono a mancare due aspetti fondamentali:
le tendenze e gli autori importanti”
Edoardo Sanguineti
Vi avevamo chiesto di segnalarci qualche poeta o qualche verso scritto dopo gli anni settanta perché nel ‘71 sono usciti Satura e Transumanar e organizzar, due libri (di due maestri del modernismo: Montale e Pasolini) che hanno segnato una linea per alcuni di crisi, per altri di svolta.
Da quel momento, infatti, alla poesia si imputano tre cose:
– uno spappolamento del linguaggio, dei codici e dei canoni;
– l’atomizzazione delle tematiche, e quindi la mancanza di correnti poetiche definite e forti; – un po’ di autoreferenzialità.
Insomma i poeti non scrivono più in rima, non usano i sonetti, parlano ognuno di ciò che gli pare e se si leggono si recensiscono tra loro.
Eppure le antologie hanno continuato a esistere, belle e complete come I poeti Italiani del novecento curata da Pier Vincenzo Mengaldo del ‘74, con lo stesso titolo quella curata da Maurizio Cucchi e Stefano Giovanardi del 2004 e Parola plurale, sessantaquattro poeti italiani tra due secoli del 2005.
E poi, di poeti che, anche in Italia, hanno davvero meritato di cingersi il capo di lauro, ce ne sono stati eccome: da Giorgio Caproni a Giovanni Giudici, da Edoardo Sanguineti a Giovanni Raboni, da Vittorio Sereni ad Andrea Zanzotto (su di lui una bellissima videointervista di Marco Paolini). Qualcuno, Alda Merini in testa, ha anche sfiorato le mura del grande pubblico.
Inoltre il Nobel non si è dimenticato della poesia, non solo per Tomas Tranströmer, l’ultimo vincitore, ma anche per lo straordinario Derek Walcott, autore dello splendido poema epico Omeros che gli valse l’ambito premio due anni dopo.
E, infine, la stragrande maggioranza dei concorsi letterari raccoglie valanghe di poesie da un popolo che di poeti ne ha tanti da farne proverbio.
Non si capisce bene, allora, dove stia il problema. Nelle scelte dell’editoria, nell’abnegazione che richiede la lettura della poesia rispetto al best seller di turno, al genere in sé da un lato un po’ smarrito, dall’altro lato un po’ accademicamente snob.
Sta di fatto che, anche grazie ai vostri interventi, c’è venuto in mente qualche libro da andare a rileggere, qualche nuovo “poeta” e la tranquillizzante sicurezza che, grandi poeti, rimangono cantautori come Cohen, Dylan, De Andrè, Guccini o Morrisey. E che la poesia, tra mille discorsi fatti e lasciati cadere, ancora qualcuno che la legge (o l’ascolta) c’è.
Per chi è lettore, ma non di poesie e magari vorrebbe cominciare, consigliamo un romanzo in versi appena uscito da Isbn: Perciò veniamo bene nelle fotografie di Francesco Targhetta.
—
Hanno contribuito a scrivere questo articolo: ludovica, albero, avirili, frania85, Valerio Fiandra, rominaricci, speakermuto, ombre, luci48, @SimonaAlmayer, @perfectday68, @Poesia2punto0,