A partire da Vittorio Feltri, Mattia Feltri e Laura Boldrini
Il riassunto: è stato scritto (stavolta da Vittorio Feltri su Libero) l’ennesimo articolo violento sulla violenza di genere che è finito al centro della discussione anche perché era il 25 novembre. Era un pezzo che mostrava chiaramente la narrazione (sbagliata) dei giornali sul femminicidio, con conseguenze che vanno ben al di là delle pagine di quei giornali. E quell’articolo è diventato un pezzo della storia, molto ripreso e criticato, dai marciapiedi al parlamento. Laura Boldrini ha scritto un articolo per il suo blog ospitato sullo Huffington Post che il direttore Mattia Feltri, figlio di Vittorio, non ha pubblicato perché in un passaggio, così diceva, si faceva un “apprezzamento spiacevole” su suo padre. Boldrini si è rifiutata di togliere quel passaggio e ha reso pubblica la vicenda. Il Manifesto, il giorno dopo, ha pubblicato l’intervento di Boldrini.
La discussione è scivolata subito su quello che un direttore può fare o non fare, e lo stesso Mattia Feltri oggi ci è tornato. Ma penso che sia importante attraversare questa vicenda per le motivazioni della decisione e per le conseguenze che quella decisione si trascina, a partire dal ruolo che lui ha. Si trascina via tutto.
L’argomento principale richiamato per giustificare o rendere accettabile la scelta di Mattia Feltri fa leva sulla sensibilità che si doveva avere – o sulla sensibilità che non si è avuta – verso la sua complicata e personale relazione con il padre. Lo rifiuto, non solo perché lo sento come un invito a tornare al mio posto (quello di uteromunita e dunque tenuta a provare naturalmente comprensione), ma soprattutto perché la violenza contro le donne è per me una questione personale.
E lo è non tanto perché l’ho subita, ma proprio perché “il personale è politico”. Che non significa partire dal proprio privato, significa che i rapporti di potere attraversano anche la vita personale, e che questa può e deve essere resa politica attraverso un percorso di presa di coscienza. Per questo non solo pratico il femminismo, ma sono femminista. Ed è questa una questione personalissima, che mette in gioco anche tutta la mia “sensibilità”, anima e corpo.
Da una parte, dunque, c’è il privato che diventa un criterio editoriale. Dall’altra c’è un personale-politico collettivo che è stato negoziato dal direttore di un giornale proprio con la tutela del proprio privato: perché evidentemente era considerato negoziabile.
Mattia Feltri si è giustificato parlando di “apprezzamenti spiacevoli”. Nel suo intervento di oggi dice anche: «Sul sessismo e altre fantasie non mi voglio pronunciare: sono il napalm dei nostri tempi». Mi sembrano due indicazioni significative.
Non c’era alcun “apprezzamento spiacevole” su Vittorio Feltri nel pezzo di Boldrini. Un apprezzamento è qualche cosa che ha a che fare con la sfera soggettiva (mi piaci, non mi piaci). Si diceva che Vittorio Feltri con quell’articolo e il giornale su cui scrive, e così molti altri, «fanno di misoginia e sessismo la loro cifra».
Non c’è alcuno spazio per avere un’opinione, su questo. E non c’è nessuno spazio per chiedere che su questo si faccia un passo indietro. Sulla violenza contro le donne non ci possono essere differenti punti di vista, versioni diverse della storia per cui mi piace o non mi piace quello che hai scritto: se al centro della storia ci finisci tu, se sei tu quella a cui viene chiesta prudenza sennò poi quello che ti succede è in parte colpa tua, se quella dell’autore della violenza diventa la reazione e non l’azione, questa è indiscutibilmente violenza contro le donne. È misoginia. È sessismo.
E questa è la posta in gioco non negoziabile, non un’altra: sulla quale si decide di agire facendola scivolare via in un presunto privato, che si rivendica o per il quale si chiede comprensione. Facendola scomparire, perché è chiaramente qualcosa che non ti riguarda, o che ti riguarda solo fino a quando non ne va di te. Provo a dirla così: la battaglia è talmente grande, porta con sé talmente tanta morte e dolore e vite, e il fronte opposto è talmente resistente e violento e potente che potremo guardare alle questioni laterali, alle sfumature, solo quando le sfumature ci saranno: “Scusate il disturbo, ci stanno ammazzando”, dice Non Una di Meno. E se vale qualcosa, vorrei anche dire che io per prima e tante altre intorno a me abbiamo fatto scelte molto dolorose e penalizzanti per non ripiegare, per non tacere nemmeno mezza parola: scelte lavorative, economiche e familiari.
Nel rifiuto di Boldrini di togliere il riferimento a Vittorio Feltri per ottenere il permesso di parola in quello spazio, nel gesto poi di rendere pubbliche le motivazioni del rifiuto di Mattia Feltri, c’è per me la non negoziabilità di tutto ciò che ha a che fare con la violenza contro le donne, e con la vita delle donne. Superando Feltri e Boldrini, vedo la resistenza doverosa e necessaria contro un sistema che in un modo o nell’altro (per sciatteria, per volontà, per complicità, per motivi privati, perché si sta inalando troppo «napalm», non so) continua a portare avanti il proprio anti-femminismo, la difesa del proprio privilegio, la conservazione reazionaria di ruoli e gerarchie.