Under our eye
Nell’anno del quarantesimo anniversario della legge 194, lo scorso 26 luglio al consiglio comunale di Verona era prevista la discussione di due mozioni presentate dalla Lega Nord e firmate dal sindaco di destra Federico Sboarina contro la libertà di scelta e l’autodeterminazione delle donne. Quel giorno, in aula, c’è stata una protesta femminista finita sui giornali nazionali e sostenuta da movimenti e associazioni di tutt’Italia. Che ha avuto successo, almeno per ora, facendo emergere delle divergenze all’interno della maggioranza.
Sembra banale ricordarlo: la 194 è sì una legge nazionale, ma è anche una legge che permette, a causa di alcune concessioni che fa nel testo, di essere messa a rischio a qualsiasi livello, anche il più piccolo, anche all’interno di un consiglio comunale.
La prima delle due mozioni presentate a Verona, la numero 434, parlava esplicitamente di aborto e voleva proclamare ufficialmente Verona “città a favore della vita”. La mozione poneva tutta la questione in termini positivi di tutela e incentivo alla maternità, ma in realtà voleva finanziare progetti e associazioni cattoliche che sono esplicitamente contro il diritto di interrompere una gravidanza. Intendeva dunque destinare risorse pubbliche a chi usa la “vita” – parola di cui questi movimenti si sono appropriati, ma a senso unico – per cancellare le libere scelte delle donne.
La mozione, come è stato scritto, era illiberale fin dalle sue premesse e per i documenti citati: non si usavano ad esempio i dati ufficiali sulle interruzioni di gravidanza e si costruiva un mondo in cui la quantificazione degli aborti clandestini veniva usata per condannare la legalità dell’interruzione di gravidanza. Si diceva che l’aborto era usato come metodo contraccettivo, si pretendeva di stabilire la vera ragione per cui una donna decide di scegliere per sé e si parlava di pillole abortive facendo riferimento alle cosiddette pillole-del-giorno-dopo che, però, non sono farmaci abortivi, ma contraccettivi. I firmatari facevano infine intendere che le donne abortiscono senza capire le conseguenze della loro scelta oppure per problemi facilmente aggirabili (“basta un piccolo aiuto economico”). Le fonti citate erano infine le stesse degli ambienti da cui la mozione proveniva. Tipo: i Centri d’aiuto per la vita, il sito dedicato alla Marcia per la vita, Libertà e persona, Il cuore in una goccia, Notizie pro vita e Basta bugie.
Legata alla mozione 434 c’era la 441 sulla sistematizzazione del cimitero dei feti: stabiliva una sorta di automatismo nella sepoltura senza prendere in considerazione né il desiderio né la volontà della donna. La scavalcava, ovviamente, pretendendo che la sanità pubblica si occupasse di una questione che dovrebbe dipendere dalle persone direttamente coinvolte e da come quelle persone direttamente coinvolte decidono di elaborare l’eventuale lutto o la loro scelta.
Non Una di Meno Verona, declinazione locale del movimento femminista nazionale, aveva denunciato la questione delle mozioni. Giovedì 26 luglio alcune attiviste avevano quindi partecipato al consiglio comunale mettendo in scena, così come già avvenuto in molte altre città e paesi, una protesta silenziosa e pacifica: alcune si erano presentate in aula indossando vestiti simili a quelli della serie The Handmaid’s Tale, quelli usati dalle donne che vivono come schiave sessuali e incubatrici viventi.
La discussione sulle due mozioni non era ancora iniziata, quando il consigliere di maggioranza Andrea Bacciga (che appartiene al movimento Battiti, fondato dal sindaco Sboarina, a sua volta sostenuto dai movimenti integralisti cattolici e di estrema destra) poco dopo aver varcato la soglia dell’aula aveva rivolto provocatoriamente alle attiviste il saluto romano. Bacciga – che aveva confermato e rivendicato il suo gesto citando Mussolini – era stato difeso dal presidente del consiglio comunale Ciro Maschio di Alleanza Nazionale, da altri esponenti locali e nazionali della destra estrema, e anche dal sindaco che in un’intervista aveva messo sullo stesso piano la presenza legittima in aula di alcune cittadine con il gesto fatto dal suo consigliere. Contro Bacciga Non Una di Meno ha presentato ora due esposti in procura per violazione della legge Scelba: «Chiunque, partecipando a pubbliche riunioni, compie manifestazioni usuali del disciolto partito fascista ovvero di organizzazioni naziste è punito (…)» eccetera.
Quel che era successo quel giorno in aula aveva causato un notevole ritardo e le due mozioni non erano state discusse: erano state dunque rinviate a settembre. Settembre è ora arrivato. Ed ecco la notizia: per ora, le due mozioni non sono state rimesse all’ordine del giorno, perché il rappresentante del gruppo della Lega, evidentemente supportato da altri, ha scelto di non discuterle più.
Per prassi, quando il consiglio comunale ricomincia, l’ordine del giorno ripesca i punti lasciati in sospeso. La scorsa settimana c’è stato un consiglio, ma convocato per una delibera urgente. Quindi il prossimo “vero” consiglio comunale dopo la sospensione estiva sarà quello di giovedì 13 settembre. Durante la riunione dei capigruppo, lunedì scorso, è stato compilato l’ordine del giorno, sono state inserite le delibere di luglio non ancora discusse, ma Roberto Simeoni, il rappresentante della Lega che faceva le veci del capogruppo, ha chiesto esplicitamente di ritirare le due famose mozioni. Togliendo anche la propria firma dalle mozioni stesse. Due consigliere di minoranza, Elisa La Paglia e Michele Bertucco, hanno parlato di «un passo indietro significativo» e dell’esistenza, all’interno della Lega, di una corrente sorprendentemente «meno arcaica».
Ho telefonato a Simeoni: mi ha detto che la 194 «è una legge nazionale» e che prima di metterla in discussione vuole «approfondire» le mozioni. Mi ha detto che «il parere della donna è importante», che lui vuole lasciare «la parola alle donne, su questa cosa, perché è un loro diritto esprimersi e gestire la gravidanza come vogliono in base alle situazioni». E ancora: «Anche la mozione sulla sepoltura dei bambini mai nati… ecco, sono cose molto, molto delicate, non mi permetto di decidere al posto delle donne». Quando gli ho chiesto come ha reagito la maggioranza alla decisione di sospendere la discussione delle due mozioni, mi ha detto che «qualcuno è rimasto deluso, ma che siamo in democrazia». Ha detto che la Lega «è comunque unita» e che la sua proposta di posticipare le due mozioni o «di vedere in futuro che cosa ne sarà» è stata accolta. Tutti felici, dunque. Tutte di sicuro.