E poi dicono che non serve a nulla
Cose di cui si è parlato, male o bene, alcune simboliche, altre simboliche e non solo. Cose di cui possiamo essere orgogliose, che ci hanno commosso, fatte arrabbiare o che ci hanno fatto dire: “Finalmente”*.
Gennaio
Alcuni episodi avvenuti in Italia tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014 hanno contribuito a far parlare, anche qui, di una questione spesso messa da parte o comunque non trattata con attenzione: quando il soggetto preso di mira da insulti, minacce e offese su internet è una donna, l’offesa ha immediatamente una declinazione di genere. L’occasione del conflitto politico o d’opinione viene insomma colta per esprimere odio misogino e sessista.
Grazie a un video girato a New York e che ha avuto un grandissimo successo si è parlato anche di molestie per la strada e di come ci sia molta difficoltà a riconoscerle come tali.
Febbraio
Se negli archivi di qualsiasi agenzia internazionale di immagini si cerca, per esempio, “donna idraulico” compaiono foto di giovani donne in biancheria intima con una chiave inglese in mano. Se si cerca “donne e lavoro” appaiono una segretaria sexy seduta alla scrivania e una bionda sorridente davanti a un cesto di frutta. Circolano talmente tante immagini stereotipate sulle donne e talmente tante donne che ridono mangiando un’insalata che un gruppo ha creato il blog satirico “Donne che ridono da sole con insalata” (Women laughing alone with salad). E che Sheryl Sandberg, dirigente Facebook, e Johathan Klein, co-fondatore e ad di Getty – uno dei più grandi archivi di immagini al mondo e uno dei principali fornitori di immagini generiche – hanno collaborato creando una nuova collezione in cui si vedono donne con le rughe e i capelli grigi, ragazze di corporature diverse che fanno sport vestite come tutte noi quando facciamo sport, donne che aprono convegni e donne che aggiustano lavandini.
Johathan Klein: «Il modo in cui le persone sono rappresentate visivamente influisce più di ogni altra cosa sul modo in cui vengono percepite». Sheryl Sandberg: «Le immagini che spesso capita di vedere si ispirano a quegli stereotipi che cerchiamo di superare». Jessica Bennett, curatrice della collezione: «Credo che troppo spesso vediamo emergere rappresentazioni stereotipate come la recente copertina della rivista Time su Hillary Clinton per illustrare l’idea delle “donne al potere”. Il fatto che non ci sia altra opzione che quella di usare un’immagine, così anni Ottanta, di una gigantesca gamba in pantalone che schiaccia un minuscolo uomo per illustrare una storia su una donna in corsa per la presidenza ci mostra quanto disperatamente abbiamo bisogno di cambiare la narrazione visiva che circonda le donne e il potere». La popolarità che ha avuto questa collezione di Getty in tutto il mondo dimostra che c’è un gran bisogno di rappresentazioni più realistiche.
Marzo
È iniziato il processo a Oscar Pistorius, l’atleta sudafricano accusato di aver ucciso la sua fidanzata, Reeva Steenkamp. I siti e i giornali di mezzo mondo hanno cominciato a riproporre foto e gallery della “bella e sexy Reeva” e di lui sofferente con il cappuccio in testa. Volontario o accidentale, in molte e molti hanno ricordato che l’assassino è comunque lui e che i media devono ancora imparare a trattare come si dovrebbe la questione della violenza di genere e del femminicidio.
Aprile
Un nuovo pezzo della legge 40 del 2004 è stato abolito. In aprile, la Corte Costituzionale ha deciso che il divieto di fecondazione eterologa (che impedisce di ricorrere a un donatore esterno di ovuli o spermatozoi nei casi di infertilità assoluta) è incostituzionale.
Lo stesso meseThe Lancet, una delle più prestigiose riviste mediche del mondo, ha pubblicato i risultati di un’operazione mai realizzata prima: quattro impianti di vagina sono stati coltivati in laboratorio e impiantati a quattro pazienti affette da una rara malattia: ora potranno fare sesso e rimanere incinte.
Maggio
Il 23 maggio Elliot Rodger è uscito di casa e ha ucciso in una sparatoria sei persone vicino all’Università di Santa Barbara, California; ne ha ferite altre tredici; si è ucciso. Non prima di lasciarsi alle spalle un vero e proprio manifesto di più di cento pagine sull’odio contro le donne (sono «animali viziosi, stupidi, crudeli», sono «senza cuore», sono «una piaga, il male e la depravazione», «non dovrebbero avere alcun diritto in una società civilizzata», «distruggerò tutte le donne e farò la guerra contro tutti gli uomini da cui sono attratte», «se non posso averle io non potrà averle nessuno», e così via).
A partire da questa storia l’hashtag #YesAllWomen ha raggiunto quasi 2 milioni di tweet in meno di quattro giorni. Non tutte le donne che hanno partecipato hanno subito stupri o violenze, ma è stata una grande occasione di parlare apertamente di molte ingiustizie o minacce con le quali le donne si confrontano quotidianamente. #YesAllWomen ha saputo guardare a quel fatto (e a molti altri di quello stesso tipo) attraverso la lente del genere, cosa che invece per diversi giornali o media non è stata né chiara né immediata («Ha ucciso quattro uomini e due donne: il doppio dei maschi rispetto alle femmine. Questa sarebbe misoginia?». Si, lo è).
Giugno
Facebook ha modificato la sua politica sulla pubblicazione di immagini che ritraggono donne mentre allattano al seno i cui capezzoli sono visibili. Sotto la domanda: “Facebook che consente la pubblicazione di foto di madri che allattano al seno”, ora c’è scritto: “Sì, riconosciamo la bellezza e la naturalezza dell’allattamento al seno. Siamo felici di sapere che è importante per le madri condividere questo tipo di esperienze con gli altri su Facebook”. La decisione è stata presa dopo diverse campagne contro la censura: il movimento che ha contribuito maggiormente è #FreeTheNipple della blogger Soraya Chemaly, attivista femminista (una donna che allatta non è un oggetto sessuale).
Un certo analfabetismo femminista si è invece manifestato nell’entusiasmo di molte e molti alla notizia che Facebook e Apple hanno avviato dei programmi per farsi carico dei costi del congelamento e del mantenimento degli ovuli delle loro impiegate. Penso che consegnare docilmente la propria potenza riproduttiva al datore di lavoro non sia una buona notizia, né un progresso né un guadagno di libertà (lo sarebbe avere un figlio quando lo si desidera senza dover essere penalizzate al lavoro). La giornalista Marina Terragni ha parlato di una specie di “dimissioni in bianco” «ma più moderne, tecnologiche e women friendly. Insomma: non ti caccio se fai un figlio, ma ti pago per non farne».
Luglio
Emma Watson – che ha 24 anni, che è considerata una brava attrice e che si definisce una femminista – è diventata la nuova ambasciatrice dell’UN Women delle Nazioni Unite e ha tenuto un discorso sui diritti delle donne a New York molto bello e condivisibile.
Agosto
Quest’anno, per la prima volta nella storia, una medaglia Fields è stata vinta da una donna: Maryam Mirzakhani ha 37 anni e insegna a Stanford, un’università privata della California considerata fra le migliori al mondo. Le “medaglie Fields” sono un premio che si assegna ogni quattro anni dal 1936 ai migliori matematici che hanno meno di 40 anni. La sua importanza è comparabile a quella del premio Nobel, che non viene assegnato per la matematica.
Estela Carlotto, presidente e storica attivista delle Abuelas de Plaza de Mayo – movimento civile di donne argentine che si occupa di rintracciare i bambini sottratti alle loro madri durante la dittatura militare – ha ritrovato suo nipote, che ora ha 36 anni.
Stella Ameyo Adadevoh ha identificato il primo caso di ebola in Nigeria opponendosi a chi le faceva pressione per dimettere l’uomo sospettato di aver contratto il virus e contribuendo a contenere la diffusione dell’epidemia nel suo paese: è stata a sua volta contagiata ed è morta, celebrata in Nigeria (e non solo) come un’eroina.
Settembre
Soprattutto grazie alle associazioni a favore della libertà delle donne e ai movimenti femministi che hanno organizzato mobilitazioni sia in Spagna che in altri paesi d’Europa (su Twitter erano stati lanciati gli hashtag #MiBomboEsMio e #YoDecido), il primo ministro spagnolo Mariano Rajoy ha ritirato il progetto di legge per riformare (in senso restrittivo) le norme in materia di aborto. La proposta di legge avrebbe reso l’aborto non più un diritto, ma un reato depenalizzato in due sole circostanze (riprendeva in sostanza la legge approvata nel 1985 e in vigore fino al 2010, quando era stata modificata dal governo socialista di Zapatero).
Ottobre
Malala Yousafzay, giovane donna pakistana colpita alla testa da un colpo di pistola sparato dai talebani il 9 ottobre del 2012, era ad una lezione di chimica quando le è stato comunicato che aveva vinto il Nobel per la pace.
A Göteborg, in Svezia, una donna di 36 anni che aveva subito un trapianto di utero nel 2013 ed era stata sottoposta alla fecondazione in vitro all’inizio del 2014, ha partorito un bambino.
Novembre
Il ministro degli Interni del Regno Unito, Theresa May, ha rifiutato il visto e quindi l’ingresso nel paese a Julien Blanc, un venticinquenne americano conosciuto come “pick-up artist”, cioè “artista del rimorchio”. Blanc lavora per una società di Los Angeles (Real Social Dynamics) che organizza dei corsi per insegnare agli uomini come sedurre le donne. Blanc avrebbe dovuto tenere un corso nel Regno Unito a febbraio, ma più di 150mila persone (soprattutto donne) hanno firmato una petizione per non farlo entrare accusandolo di insegnare comportamenti che equivalevano a vere e proprie molestie, di usare un linguaggio sessista e misogino e di produrre nelle sue performance una vera e propria «apologia dello stupro». A Julien Blanc era stato revocato un visto anche in Australia e le proteste contro i suoi corsi si sono allargate: in Canada, per esempio, dove Blanc dovrebbe tenere dei corsi il prossimo anno, è nato l’hashtag #KeepJulienBlancOutOfCanada (“teniamo Julien Blanc fuori dal Canada”) e il ministro degli Interni canadese, Chris Alexander, ha scritto su Twitter che comprende la preoccupazione dei cittadini facendo intendere che probabilmente negherà anche lui il visto a Blanc. Quello che conta, in questa storia (al di là del fatto di condividere o no la negazione del visto), è la presa di posizione politica e collettiva contro la violenza di genere.
Il magazine Time ha pubblicato un sondaggio che chiedeva ai lettori di votare la parola più brutta del 2015, perché superata o abusata. Insieme a vari neologismi della lingua inglese come influencer, yaaasssss, literally, bae, om nom nom nom è stata inserita anche la parola “femminista” che è risultata anche quella più votata. La direttrice Nancy Gibbs si è scusata pubblicamente. Sarà bene ricordare che “femminista” non è uno slogan.
Dicembre
Il Sinodo generale della Chiesa d’Inghilterra ha approvato definitivamente una norma (ratificata dal Parlamento inglese e poi dalla regina Elisabetta, capo della chiesa anglicana) che consente alle donne di essere ordinate vescovo: lo scorso 17 dicembre è stata annunciata la prima nomina, si tratta della reverendo Libby Lane.
Accuse contro Cosby circolavano da anni: i media hanno cominciato a preoccuparsene e molte donne a prendere parola. Da tutta questa storia è nato un dibattito molto interessante sul perché sia così difficile credere a una donna che denuncia una violenza sessuale (qui, qui e qui, qualche articolo che vale la pena leggere).
* sì, uso il plurale femminile perché le cose che racconto le ho condivise, soprattutto, con le mie compagne di viaggio (accanto a me, qui, o su internet). E tanti auguri a tutte e tutti.