Sesso, droga e ebooks
Fra le pieghe del Kindle Store appare un ebook, The Pedophiles Guide to Love and Pleasure, di certo Phillip Greaves. Una guida per pedofili. Molti utenti ne chiedono la rimozione, offesi dai contenuti del libro. Amazon, dopo aver inizialmente reagito ricordando a tutti il proprio ruolo di semplice intermediario (Amazon ritiene che sia censura non vendere certi libri semplicemente perché altri credono che il loro messaggio sia discutibile; Amazon non sostiene o promuove atti di odio o criminali, ma il diritto di ogni individuo di poter prendere le proprie decisioni d’acquisto) alla fine decide per la rimozione del libro dai propri scaffali digitali.
Parallelamente è nota la “crociata” di Steve Jobs e della sua Apple nei confronti dei contenuti pornografici, che spesso ha portato alla mancata approvazione di diverse applicazioni sullo store dedicato ai suoi apparecchi, e ha costretto alcune riviste a produrre versioni censurate delle proprie pubblicazioni perché fossero pubblicabili su iPad, anche se alcuni sostengono che le griglie della censura di Cupertino siano diciamo… sensibili all’importanza economica dell’interlocutore, allargandosi o restringendosi alla bisogna.
Nel mondo digitale, sesso, droga e rock’n’roll temo continueranno a essere… sesso, droga e rock’n’roll, con buona pace di sostenitori teorici, consumatori abituali e denigratori (e sia chiaro che la pedofilia rimane sopruso e violenza), ma nel mondo digitale le possibilità di pubblicare (o di ritirare dal commercio) sono mutate. Che l’atteggiamento libertario iniziale di Amazon fosse dovuto più ai dollari che alla libertà di stampa, e che i tentennamenti di Apple seguano lo stesso binario è di nuovo un discorso antico, e che le decisioni dei consumatori possano essere influenzate dalle policy dei venditori è anche questa una discussione già vista. Ma, nell’epoca del digitale, del prodotto replicabile infinite volte – o cancellabile con un solo tasto quando si abbia il controllo sul primo canale distributivo – i ruoli, come i territori di discussione, sono mutati.
I nomi che circolano sono più che altro brand, Apple e Amazon, non sono quelli degli autori, degli editori. E Apple e Amazon non sono editori, vendono per conto di altri, che sono loro gli editori e gli autori: la responsabilità della pubblicazione vede ora un vecchio soggetto, l’intermediario, da sempre esistente anche nel vecchio mondo fatto di furgoncini e di carta, proporsi con capacità decisionali nuove, mezzi enormi, possibilità quasi divine, e un proprio brand da difendere dedicato alla vendita di prodotti altri, ben diversi da quelli strettamente editoriali, e con denti acuminati. Le vecchie discussioni andranno cambiate: qualsiasi apparecchio utilizzeremo – laptop, notebook, ereader, smartphone, tablet – non saremo più soli. Ma forse avremo, grazie agli strumenti sociali e alle possibilità di coinvolgere altri, anche noi nuovi poteri, la cui grammatica è tutta da costruire.