Il futuro che ci attende vestiti d’argento
Immaginarsi lo sviluppo prossimo futuro delle tecnologie informative è un esercizio cui ci si applica sempre volentieri. Il nuovo video, con aspirazioni virali e realizzato con un certo dispendio di mezzi, rilasciato dalla Microsoft rappresenta l’ultima versione della propria “visione” futuribile ma ricalca per buona parte quanto già ci aspettiamo. Schermi virtuali e interfacce ologrammatiche sono ormai all’ordine del giorno, dopo Minority Report, anche nelle pubblicità dei dentifrici e guardando il video ne deriva una certa sensazione di deja vu che rovina il meccanismo di narrazione. Difficile tuttavia sfuggire all’emozione delle stupefacenti possibilità che ci vengono mostrate.
Tuttavia l’impressione che rimane al termine dell’algido filmato è che ci sia qualcosa di incongruo, qualcosa che non convince. E questa è l’assoluta perfezione del mondo prossimo venturo che ci viene prospettato, un po’ come in quei film di fantascienza degli anni Cinquanta in cui tutti vanno vestiti con tute d’argento e ogni cosa luccica lucida.
Sarà bello arrivare in un remoto aeroporto e avere la traduzione in tempo reale dell’idioma locale, avere una figlia che fa i propri compiti sull’iPad 20 e trovarsi a un meeting di lavoro dove le proprie rivoluzionarie soluzioni vengono apprezzate e condivise immediatamente sull’ologramma del grande schermo.
Ma non sarà più probabile — ci diciamo tutti dentro di noi — trovarsi in un’affollata coda all’uscita dell’aeroporto, avere una figlia che non vuole andare a scuola perché vittima del bullismo e trovarsi in riunioni nelle quali si seguono logiche d’opportunità piuttosto che soluzioni banalmente razionali? E ancora, quale sarà il costo per accedere ai fantastici servizi interattivi del futuro dato che la pubblicità sembra scomparsa dalle interfacce dal design coerente ed elegante?
Insomma il video della Microsoft ricade in quella visione ingenua e meccanicistica del futuro lindo e perfetto che pensavamo ormai di avere superato ormai dai tempi del realistico, sporco e affollato mondo di Blade Runner (1982). Non casualmente è nel cinema che si sono sperimentate visioni futuristiche ben più verosimili, anzi oggi ben reali, di un filmato istituzionale di una grande compagnia tecnologica.
Pensiamo soltanto a come la rappresentazione della comunicazione del futuro si è evoluta dai tempi del film di Ridley Scott, con l’ossessiva presenza pubblicitaria con cui si è divertito spesso Paul Verhoeven in Atto di forza (1990) e Starship Troopers – Fanteria dello spazio (1997), con quelle di Fino alla fine del mondo (1991) di Wim Wenders, fino alle pubblicità tridimensionali e interattive del già citato Minority Report (2002) di Spielberg. Per finire con il film di Alfonso Cuarón, Children of men (2006) ambientato in una Londra sterile e terrorizzata dove incombe la propaganda governativa fatta realizzare, per maggior realismo, dallo studio grafico inglese Foreign Office.
Tutte visioni forse più realistiche e verosimili di come comunicheremo nei prossimi dieci anni. La tecnologia, lo sappiamo, non basta a creare il mondo perfetto.