Momenti straordinari con applausi finti
Quasi non ti rendi conto, mentre lo leggi, di quello che Momenti straordinari con applausi finti di Gipi ti sta facendo. Parole e disegni, mischiati e confusi, turbinanti e feroci, ti entrano sotto la pelle; scivolano sotto la cute, e s’innestano come piccole, ma forti radici nella carne e nei muscoli. Ti prendono piano, e poi ti scuotono nel profondo. E quando sei all’ultima pagina, quando Gipi disegna la sua infanzia e ritorna a quel giorno di molti anni fa al mare con sua madre, ti scopri emozionato e felice e allo stesso tempo disperato e inconsolabile.
In Momenti straordinari con applausi finti, Silvano, il protagonista, è uno stand-up comedian, e come è successo a Gipi sta affrontando la difficile malattia di sua madre. Per tutto il tempo, prova a non pensarci; prova ad andare avanti senza ascoltarsi. Non piange, non si scuote: a sua moglie, che lo chiama ogni sera, risponde per monosillabi, e racconta storie che non hanno niente a che vedere con quello che sta succedendo. Parla di quel consulente, reduce di guerra, che era stato chiamato sul set di Salvate il soldato Ryan a consigliare gli attori su come sentirsi per la morte di un amico fraterno, o di quel cecchino della Seconda guerra mondiale che aveva ucciso centinaia e centinaia di nemici.
E intanto, mentre la sua storia si srotola come un lungo tappeto, Gipi alterna gli acquerelli al bianco e nero, la dolcezza del colore alla graffiante precisione del tratto, e al racconto di oggi sostituisce quello di un futuro prossimo, in cui degli astronauti sono arrivati su un pianeta e si ritrovano ad affrontare l’ignoto, il nero assoluto. È il dolore, è la ciclicità della vita, è ogni cosa che torna e che si fa sempre diversa, sempre peggiore e pure, in parte, sempre migliore.
Silvano, che ha lo stesso nome del protagonista di Unastoria e che in qualcosa, pure, gli somiglia, per vivere fa ridere. E le sue battute, le sue stilettate di ironia, addolciscono
l’amaro di quello che gli sta succedendo. Ma sono, appunto, attimi. E Gipi è estremamente bravo nel rendere questa fragile estemporaneità, nel circondare la sofferenza in una dimensione precisa, e nel lasciarla pulsare. Potente, vibrante, incredibile. Un cuore di sangue e sentimenti.
Le trovate grafiche ed artistiche di Momenti straordinari con applausi finti sono così studiate e così precise da riuscire ad amplificare il corso della narrazione (si cambia punto di vista, in un paio d’occasioni, e dalla terza persona si passa alla prima). Quando compare il bambino, il bambino che Silvano fu, tutto, di nuovo, si scuote. Come un pianeta stravolto dalle intemperie e dai terremoti. Crollano le montagne e ne nascono di nuove. E Silvano, piano, ritorna al passato, a quello che voleva dire avere una madre, alla potenza della scelta di essere genitori, e alla sua infertilità, alla sua impossibilità di avere figli. “Meglio così, no?”, e non ci crede nemmeno lui. Triste, tiratissimo, una maschera che si nasconde in mezzo ad altre maschere, e che si impedisce di soffrire perché ha paura. Apparenze, suggestioni, sensazioni. Si ricomincia.
Il viaggio di Gipi è un viaggio tortuoso, un viaggio che ci parla di noi, del nostro essere umani e fragili, delle nostre emozioni e della nostra capacità (e, talvolta, incapacità) di provare e di essere onesti. Prima con noi, certo, ma poi pure con gli altri. Silvano è Silvano, e allo stesso tempo è un’altra persona: è l’uomo che non riesce a dare da mangiare a sua madre, che non riesce a farsi ascoltare; è lo sconosciuto che si siede con altri sconosciuti a pranzo, e che racconta storie; è l’uomo che sale sul palco, nel locale dove ci sono applausi e risate preregistrate, e che si mette a leggere una cosa che, dice, “non so cosa sia”.
È lo slancio bestiale dell’uomo nel procreare e nel continuare a sopravvivere (ed è di questo, poi, che si parla: sopravvivenza), ed è pure l’estrema razionalità di chi, poi, sceglie. Non c’è amore più o meno vero; non c’è storia che meriti di più o di meno. Gipi vuole dirci di lui, e vuole dirci di Silvano, di quello che gli sta succedendo, e vuole, con Momenti straordinari con applausi finti, affrontare il suo presente.
Il ritmo, in questo fumetto, è fondamentale: andrebbe letto ad alta voce, nel silenzio assoluto, con il rumore delle parole che rimbalza contro le pareti: perché bisogna misurarle, mentre si leggono; e bisogna pesarle, e metterle in ordine, e lasciare che come i disegni vadano al loro posto. “Sei un coglione”, dice il Silvano bambino al Silvano adulto. “Sei un coglione”, gli ripete con il linguaggio dei segni, muto, un sorriso sulle labbra e l’intelligenza acuta di chi è ancora giovane negli occhi. È la vita che va, questa; è la vita che fa schifo, che fa male, e che però ritorna – come ritornano i cosmonauti nello spazio, risucchiati dal nero; come si ritorna a vivere, dopo aver disperato; come si scopre che la morte non è solo la morte, è anche qualcos’altro. E Momenti straordinari con applausi finti, Coconino Press, è tutte queste cose, ed è bellissimo, ed è umanità – vera, fragilissima, contorta, patetica – su carta.