Il ritorno di Bassolino e della Napoli delle emergenze
Quando ero più piccolo vivevo con la mia famiglia sullo Scudillo, una strada che unisce la parte bassa di Napoli, il Rione Sanità, con quella alta, i Colli Aminei. Ricordo che quando avevo sei o sette anni accompagnai per la prima volta i miei genitori a votare. Erano le amministrative. Si votava in una vecchia scuola incastrata tra i palazzoni del Cavone, con alle spalle la piazza San Vincenzo e i Vergini, così si chiamano, alla propria destra. Ricordo che c’era molta gente. E che per votare si stava in fila (una cosa che, se ci pensate, non succede oggi). Ricordo che tra i candidati c’era Antonio Bassolino: era il 1997, la sua seconda rielezione; vinse con una maggioranza schiacciante, più del 70% al primo turno. Era la sinistra, quella. La sinistra vecchia e lenta, la sinistra di D’Alema (e infatti Bassolino, poco più tardi, si unì al suo governo); la sinistra imborghesita, che provava a riconquistarsi la fiducia dei suoi elettori dopo lo scandalo di Tangentopoli.
Nel 1997 avevo, l’ho già detto, sei o sette anni. E da allora non è cambiato quasi niente: oggi di anni ne ho 24 e alle amministrative, settantenne, si è ricandidato Antonio Bassolino. Certo, lo so: prima ci sono le primarie del PD e non è sicuro (non lo è?) che Bassolino vinca e venga scelto dal partito come candidato. Ma che un vecchio volto della vecchia politica – d’alemiana, lenta, arroccata nei palazzi – si ripresenti alle elezioni ha dell’assurdo.
Napoli è cambiata. Con De Magistris, sicuramente. L’emergenza rifiuti – la stessa che c’era durante il mandato alla Regione Campania di Bassolino – è rientrata. Le strade sono pulite. Ora, assurdamente, si parla di una città ecosostenibile, con ampie zone pedonali e che punta – ci prova almeno – ai trasporti. Si parla di una città diventata famosa per le sue stazioni dell’arte, di una città che, in questi mesi, è rinata dal punto di vista turistico, e che sta riuscendo, contro tutte le aspettative, a rialzarsi.
C’è ancora molto da fare, per carità. Lo sa pure De Magistris, consapevole delle mancanze piuttosto gravi dal punto di vista dei servizi. Ma tornare a una politica di palazzo, una politica vecchia, pre-Renzi, farebbe non solo male alla città, ma anche al partito. Che, ancora una volta, dimostrerebbe la sua incapacità nel rinnovarsi.
Intendiamoci: non sono un sostenitore della teoria della rottamazione; credo che il talento non abbia età, e che se qualcuno sappia amministrare, o fare buona politica, non è per la sua data di nascita. Ma Bassolino rappresenta, senza se e senza ma, la parte di Napoli che speravo non avrei più rivisto. La stessa che ricordo dalla mia infanzia, tra i cornicioni cadenti e i bassi affollati della Sanità, i Vergini stipati di banchetti e bancarelle, e una città appesantita, senza anima, alla mercé di Roma e dei politici, del clientelismo e dell’emergenza.
Napoli, oggi, è cambiata. Lo voglio ripetere. Ha un’anima più giovane; la partecipazione alla cosa pubblica si è allargata sotto tutti i fronti e gli aspetti, l’attivismo cittadino ha conquistato, di diritto, un posto importante nel dibattito pubblico. E i centri sociali e i movimenti si sono riorganizzati e, a loro volta, rappresentano una fetta importante di elettorato. Non si respira – non ancora – l’aria delle metropoli europee, né di quelle città in cui i servizi minimi (i trasporti? La sanità?) vengono garantiti. Ma si nota sicuramente un mutamento nella società civile. Una rinascita che sa di coraggio e di onestà, due elementi non così scontati in una città in cui, ogni giorno, si combatte contro la camorra.
Bassolino rappresenta un passo indietro. Francamente, da elettore, non mi aspettavo la sua ricandidatura, né, da napoletano e da cittadino, mi sarei aspettato il sostegno di una certa Napoli: soprattutto perché Bassolino è, volenti o no, il simbolo di una politica regionale e comunale inefficiente, troppo legata alla capitale e ai ministeri, troppo lenta, servile e poco giovane. E in una città come Napoli, che è la più giovane d’Italia, una politica che dia spazio alle nuove generazioni non è una possibilità, è un dovere.