L’importanza di essere James Bond

Maschilista, sessista. E, leggendo i primi libri, anche razzista. James Bond è stato il primo, vero eroe della letteratura contemporanea – su questo c’è poco da dire. Quando è arrivato al cinema, lo ha rivoluzionato: il genere action non era mai stato così dinamico; la capacità dei primi Bond di prendersi poco sul serio, con trovate al limite del possibile e della fantascienza, è sempre stata – fino a Daniel Craig – una delle caratteristiche più importanti della saga. E Bond è cambiato con i tempi: a seconda degli anni, degli attori, dei volti che la produzione ha deciso di dargli, e delle storie che, partendo dai libri di Fleming, sono state raccontate. Ma perché, oggi, James Bond è ancora così importante? Ventiquattro film, compreso il prossimo Spectre, ne fanno un vero e proprio fenomeno: la saga più longeva della storia del cinema.

Ogni volta che è cambiato l’attore protagonista, i produttori – e così gli autori – sono stati attenti a mantenere intatto il personaggio, il suo carattere, e allo stesso tempo a modificarlo: Bond si è lentamente trasformato in un uomo prima più seducente, poi più rude, quindi più atletico e alla fine, bypassando totalmente la tradizione che lo voleva solo furbo e scaltro, è diventato un soldato. Occhi azzurri, freddi come il ghiaccio, e capelli biondo cenere.

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C’è chi, e lo ricordo piuttosto bene, non accolse favorevolmente Daniel Craig come nuovo James Bond. Perché troppo diverso dai suoi predecessori. Ma il tempo, e il box office, hanno dato ragione a Barbara Broccoli e alla MGM, e Daniel Craig è diventato, di fatto, il James Bond più “redditizio” (non amato o fortunato, attenzione) della storia del franchise. Skyfall, il 23° film della saga, ha incassato oltre un miliardo di dollari. Ma non è solo questo, i guadagni di un film, che è importante tenere in considerazione; è importante, piuttosto, vedere come un personaggio creato negli anni ’50, nell’immediato dopoguerra, da uno scrittore che, tra l’altro, era stato ufficiale della Royal Navy e collaboratore dei servizi segreti, si sia lentamente adattato, come una maschera di gelatina, alla nostra epoca.

Oggi Bond è un riconoscibilissimo (non usa mai nomi in codice, e non nasconde mai, nemmeno ai suoi nemici, quali sono i suoi piani) agente segreto – addestrato, efficiente, profondamente umano. Le ultime dichiarazioni di Craig, a proposito, sono piuttosto significative: basta con il sessismo; James Bond non è più così. Con il tempo, insomma, anche uno dei marchi di fabbrica dell’agente segreto, il suo machismo, è stato cancellato – l’evoluzione del personaggio e tutto quello che ne consegue. È molto probabile che nei prossimi anni – non subito dopo Craig – il nuovo Bond sarà nero o, perché no, donna. E la versatilità di questo personaggio si vede anche in questo – forse, soprattutto in questo. Non esistono stereotipi troppo stereotipati perché James Bond non possa cambiare. E questo nonostante le descrizioni e la biografia che ne ha scritto Fleming.

James Bond è, più che altro, un’idea. Per questo è importante. È l’idea di un certo cinema ed è, contemporaneamente, la risposta a un’esigenza – umana, dello spettatore – di eroismo. Non quello fantascientifico e fumettistico dei cinecomic, ma uno più vicino a noi, più brutale (adesso) e che, quando serve (Sam Mendes ha il merito di aver rilanciato questo aspetto del franchise), non si prenda troppo sul serio. Dimenticate le penne esplosive e le donne in bikini; il James Bond villoso a là Clooney. James Bond è destinato a cambiare. A perdurare. È l’eroe di cui cinema e letteratura avranno sempre bisogno.
Quando Ian Fleming lo ha creato, la sua idea non era quella di un uomo invincibile, anzi: nelle prime pagine di Casino Royale sembra di avere a che fare con un individuo freddo e calcolatore, ma ben presto, questione di qualche capitolo, le cose cambiano. Sono gli eventi che mettono alla prova Bond.

Il primo 007 era molto più fragile di quello che oggi vediamo al cinema (erano i tempi del dopoguerra e James Bond era una metafora perfetta per rappresentare il Regno Unito che non si arrende mai ma che, al contrario, si rialza e torna in pista); con Sam Mendes, la sua importanza e il suo significato si sono quasi ispessiti: nell’era digitale, dove ogni cosa può essere hackerata e rubata, un uomo che continua a farsi largo tra i suoi nemici a mani nude, sparando e investigando alla vecchia maniera, è un’eccezione. Ed è un’eccezione positiva, su cui fare affidamento.

In molti, vedendo Skyfall, hanno fatto – giustamente – un parallelo con il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan: il film parla del ritorno dell’eroe e di quanto, nonostante tutto, sia ancora necessario alla società, a chi gli sta intorno. Ma non sono la sua forza o la sua capacità di cavarsela sempre che fanno di Bond un personaggio fondamentale della cinematografia contemporanea; è, al contrario, la sua umanità. James Bond è importante perché umano, vero, possibile. Perché è capace di sbagliare, rimediare, redimersi e migliorare.

Gianmaria Tammaro

Napoletano convinto dal '91. Scrive di cinema, serie tv e fumetti. Gli piace Bill Murray. Il suo film preferito è Ricomincio da tre.