The Martian mi è piaciuto
L’idea di The Martian viene da un libro, quello dell’esperto informatico Andy Weir; il titolo originale, ritradotto in italiano, è: L’uomo di Marte. Con la trasposizione cinematografica, e l’ennesimo adattamento nostrano, è diventato Sopravvissuto – The Martian. Diretto da Ridley Scott, è un film compatto, interessante, il primo del regista che riesce a funzionare dall’inizio alla fine dopo tanto, forse troppo tempo. Buona parte del merito va a Drew Goddard, classe ’75, già scrittore di Quella casa nel bosco e di Daredevil, la serie tv di Netflix, che qui, affiancato dallo stesso Weir, rielabora e riadatta il libro per il grande schermo.
Come se non bastasse, Scott si circonda di un cast stellare, dove ogni ruolo, anche il più piccolo, viene interpretato da attori di qualità e bravura. Menzione speciale va al protagonista, un bravissimo Matt Damon che si cala, testa e fisico, nella parte di Mark Watney.
La storia è tutto sommato semplice: una spedizione della NASA su Marte finisce male; il comandante Lewis (Jessica Chastain) decide di abortire e di ritornare sulla Terra; uno dei membri dell’equipaggio, però, rimane indietro, creduto morto. Da questa premessa, il film diventa una miscela di alcuni generi e titoli che hanno fatto la storia del cinema di questi ultimi anni: i primi riferimenti, per vicinanza di tema, sono ovviamente a Gravity (riconoscibilissimo nella sua parte finale, con il recupero nello spazio di Watney) e a Interstellar (il viaggio nello spazio, qui non per la salvezza dell’uomo, ma per conoscere, trovare, “conquistare”); poi ci sono Cast Away, Prometheus e Alien di Scott; c’è tutta quella filmografia che attinge al genere western (interessante, a tal proposito, la riflessione di Giorgio Viaro, direttore di Best Movie). E c’è, evidentissima, una citazione al Robinson Crusoè di Defoe.
L’uomo di Marte prima e The Martian dopo rappresentano un nuovo tassello nella letteratura non solo del cinema, ma pure della narrativa fantascientifica. Dove non c’è più lo scontro contro l’ignoto o il mostruoso (gli alieni), dove l’uomo è consapevole delle proprie capacità e lo spazio è il prossimo passo nell’esplorazione. Sono a questo proposito interessanti le idee e le intuizioni di Weir, che arricchisce ogni passaggio, ogni trovata del protagonista con spiegazioni scientifiche e calcoli attendibili (il comandante Cristoforetti, in un’intervista data ad Adesso Cinema!, ha ammesso che The Martian è “possibile al 70%”). Altro sotto testo importantissimo è quello dei temi: a parte il coraggio e il cinismo ironico del protagonista, troviamo un altro elemento fondante del cinema degli ultimi anni: la speranza. La speranza di stare insieme, di lavorare insieme, di credere gli uni agli altri. E così la Cina aiuta gli Stati Uniti e gli Stati Uniti tornano il “grande paese che erano una volta”, come nel monologo di apertura che Jeff Daniels tiene all’inizio di The Newsroom (qui non siamo in una redazione di giornale, ma il ruolo di Daniels è simile: è una guida, fa la cosa – che reputa – più giusta, non solo per sé ma per chi gli sta attorno).
Ma tornando per un momento ai paragoni – non forzati, ma – evidenti con Gravity e Interstellar: rispetto al film di Cuaron questo di Scott si arma di uno spessore maggiore, di una trama un po’ più elaborata e di una sceneggiatura – di nuovo, merito di Goddard – più curata; rispetto al film di Nolan, invece, The Martian è quasi una commedia: toni leggeri, percezione dei tempi e degli sviluppi più immediata e un protagonista che fa ridere. È il nuovo eroismo del cinema: personaggi semplici, umili, in cui è facile immedesimarsi, che affrontano grandi sfide e che, alla fine, ne escono in qualche modo. La forza e, allo stesso tempo, l’ultima risorsa dell’umanità.
Quindi abbiamo un bravissimo cast (forse poco “sfruttato”), una regia attenta, non intrusiva ma comunque vigile; una fotografia realistica e una sceneggiatura fluida, perfetta – niente forzature o eccessi. In più: la colonna sonora, con Starman di Bowie, è una scelta intelligente, passato, presente e futuro rimescolati continuamente. E anche il montaggio (un alternarsi di riprese “dal vivo” e riprese dalle camere di sicurezza) riesce a mantenere il tono del racconto – e a catturare completamente l’attenzione dello spettatore.
The Martian non sarà un film da Oscar (anche se, confesso, meriterebbe almeno la nomination in Miglior sceneggiatura non originale e Miglior attore protagonista); ma è sicuramente il miglior film della settimana. Siate oppure no amanti del genere.