Tutte le mosse del presidente
Su queste elezioni presidenziali – a mia memoria tra le più interessanti e tra le più potenzialmente importanti – ci stiamo divertendo a dire tutto e a fare tutte le considerazioni del caso. Un elemento, tra i più istruttivi e in fondo molto rilevante, mi pare non sia ancora stato sottolineato e cioè il modo in cui Mattarella si è posto personalmente fin dai mesi precedenti rispetto a queste elezioni. Il suo manifestare, almeno fin dall’inizio di novembre (cioè qualche settimana prima del decollo del dibattito, frenato dalle ultime schermaglie sulla legge di bilancio), è stato interpretato al primo grado di comunicazione, letteralmente, cioè come una semplice non disponibilità al bis. Del resto quel discorso era stato preceduto dalla notizia, trapelata in molti giornali, che il Presidente stesse cercando una casa in affitto. Sappiamo anche la zona e i metri quadri, almeno così si scrive sui quotidiani.
L’intenzione di sottrarsi a una rielezione viene poi sempre ribadita, spesso per via indiretta, in varie occasioni e situazioni. Nel giro di poche settimane, l’idea di un Mattarella non disponibile diventa un fatto scontato (e una frase fatta) nel dibattito corrente, anche grazie alle esortazioni spontanee a rimanere (come il bis chiesto a gran voce alla Scala di Milano). Nelle settimane immediatamente precedenti al voto su twitter anche qualcuno dei suoi collaboratori più stretti ostenta i cartoni ormai quasi pronti a lasciare il Quirinale. In questo modo la comunicazione del presidente – che peraltro ha dimostrato in molte occasioni di essere particolarmente raffinata; basterebbe ricordare il fuori onda, in pieno primo lockdown, su “Giovanni, non vado dal barbiere neanche io” che infuse coraggio e mostrò empatia e coesione in un momento duro – è stata funzionale non a una sua rielezione, ma alla creazione di uno spazio di sospensione, di una cesura, che consentisse il caos tra i partiti, senza il quale una sua rielezione non sarebbe stata possibile.
Mi spiego meglio: non sto dicendo che Mattarella volesse essere eletto (credo anzi che proprio non volesse); sto dicendo che avendo letto con grande anticipo alcuni possibili sbocchi della situazione, ha creato le condizioni psicologiche, narrative e politiche (di sentiment, dicono alcuni) perché una sua elezione come riserva estrema potesse essere preservata. L’elezione di Draghi è sembrata per mesi la cosa più ovvia, ma la rielezione di Mattarella è sembrata la cosa più facile. Ma un Mattarella che fosse rimasto ambiguo rispetto alla rielezione lo avrebbe gettato nel tritacarne delle prove di forza dei partiti (esattamente com’è successo a Draghi, che ha deciso una radicalmente diversa condotta di avvicinamento all’elezione) e avrebbe privato i partiti – e quindi il paese – della carta estrema, cioè la sua rielezione, che poteva evitare una crisi pericolosissima in caso di bisogno. Potremmo dire che si è coperto da solo, creando un sistema di segnali che lasciavano i partiti soli a risolvere la situazione senza un appoggio, ma coprendosi ha preservato un’opzione proprio con il negarla. E quando il caos ha consumato tutte le ipotesi, la “saggezza del parlamento” ha chiuso il racconto chiedendo la disponibilità di quel presidente indisponibile, che assecondando la richiesta, pur avendo “altri progetti”, attutisce a livello istituzionale la crisi delle forze politiche che non riescono a produrre politica.
La valanga di meme sul presidente che deve disfare i pacchi, che deve disdire il contratto d’affitto, che chiede di essere liberato, che vuole a tutti i costi andare in pensione, consacrano poi spontaneamente la riuscita dell’operazione, confermando l’aspetto di sacrificio del bis presidenziale e chiudendo la crisi nell’epoca dei social.