Contagiosi, isolati ed eretici
Spesso nel medioevo, e ben oltre, gli eretici e le eresie sono detti “pestiferi”. Sono pestiferi loro, sono pestiferi i loro errori, pestifere le loro dottrine, pestifere le loro opinioni.
Sembra un aggettivo buttato a caso per qualificare una cosa pessima, per demonizzare il più possibile. In realtà si fa riferimento al loro essere un focolaio di contagio. Le idee degli eretici contagiano le idee di tutti gli altri e si propagano come una malattia contagiosa che si espande al contatto con le persone, con le loro parole, con l’espressione dei pensieri, come appunto una peste, un coronavirus della mente (diciamo) all’ennesima potenza.
Per questo motivo è necessaria la scomunica, la “ex-communicatio”, cioè l’esclusione immediata dell’eretico dalla comunità, come in un isolamento che impedisce al contagio di propagarsi. Nessuno può parlare o avere rapporti di alcun tipo con un eretico, che perde anche i diritti civili, va tenuto al di fuori. Può tuttavia essere risanato, se guarisce dal suo errore, ma una volta sola, perché una “ricaduta” sarebbe segno del ritorno del contagio (e un eretico “relapso”, cioè “ricaduto”, è condannato definitivamente).
Il meccanismo è medievale, ma lo ritroviamo in tutte le dittature, in una forma o in un’altra. Dal campo di rieducazione al confino, il dissidente è un contagioso, che va tenuto in quarantena o isolato. Letteralmente isolati, cioè messi in isole, sono stati molti confinati. E un’isola è stata ed è il simbolo delle migrazioni recenti (come un’altra isola lo è stata dell’immigrazione europea in America).
Oggi lo schema medievale (che però è politicamente anche molto moderno) ritorna alle sue basi concrete ed epidemiologiche, ma si porta dietro anche il suo carico politico – che affiora inconsapevolmente anche quando si dice che l’approccio “cinese” purtroppo non è replicabile da noi – se non come pericolo reale, da noi, almeno come senso di inquietudine ulteriore.