Le cose belle della ricerca
Le polemiche di queste settimane sulla ricerca degli italiani (extrinseci e intrinseci) e sugli ERC Grant, i competitivi finanziamenti europei (fino a 2 milioni di euro) per i progetti scientifici di studiosi giovani ma già sperimentati, che abbiano bisogno di costituire dei gruppi di ricerca, sono state molto vivaci. Se ne sono sentite di giuste, di sbagliate, di urlate, di sacrosante, di strumentali e interessate, di sfumate e di manichee. Del resto la polemica può anche essere utile, se ha la capacità di produrre una riflessione pubblica, sincera e duratura su un nodo così strategico (più di quanto sembra che crediamo) del presente e del futuro, come l’università.
Poi però, oltre la polemica, c’è la bellezza della ricerca, ci sono i progetti, che spostano sempre un po’ più in là la nostra conoscenza delle cose, ci sono le idee concrete, che a volte meravigliano per la loro capacità di formulare questioni nuove, di arricchire la nostra percezione della cultura, della società, della scienza.
Per questo nelle prossime settimane sul domenicale del Sole 24 Ore racconteremo alcuni di questi progetti europei di ricercatori italiani – abbiamo cominciato proprio domenica scorsa – senza badare alle polemiche e senza troppo preoccuparci se lavorano in Italia o all’estero, ma spinti solo dalla curiosità di vedere per un attimo come il mondo si trasforma. Ci interessa capire, naturalmente con un colpo d’occhio, che cosa c’è in gioco nelle ricerche di alcuni dei ricercatori premiati. Certo è vero che le questioni sono tecniche, specialistiche, non semplici, ma è anche vero che è utile che ricerca e pubblico entrino sempre più in contatto, stabiliscano dei legami. E poi dietro tutto c’è la passione e la curiosità di capire come il mondo è fatto e come si trasforma, di cui la ricerca è fatta.