Le solite polemiche su identità e religione
Siamo alle solite. Quando c’è il richiamo generico all’identità, in mancanza di meglio si tira fuori la religione. Gente che non ha mai messo piede in una chiesa si batte perché il re del cielo possa scendere dalle stelle, strani personaggi ululanti che in casa non hanno la Bibbia, e se cercano un versetto ti chiedono il numero di pagina, combattono perché sul muro dell’aula ci sia il crocifisso. È normale, non c’è da scandalizzarsi. Più fastidiosa è la litania degli atei devoti (uso la categoria in generale) che dichiarano che loro in Dio mica ci credono, ma che è appunto per difendere l’identità (nazionale? europea? occidentale? Informatevi un pochino, ragazzi e non più ragazzi, di che cos’è l’Occidente e anche su quale antimodernità volete interpretare) che bisogna trincerarsi sulla linea del cristianesimo come ideologia. Se usassimo categorie evangeliche dovremmo dire che quest’atteggiamento è simile a quello di Giuda, che nel Messia vedeva un liberatore politico, un difensore dell’identità del popolo contro i romani, e che com’è noto non capì nulla di quanto stava succedendo, oppure ancora meglio di Erode, il primo, quello che pensava che il bambino nascente fosse venuto a costruire un regno vero e proprio. Di Erodiani e Iscariotidi – ai quali peraltro il papa attuale non piace molto, perché al posto delle statuette del presepio vede persone e vede nelle persone concrete personaggi del presepio – è pieno il brusio pubblico e la loro è un’ideologia spicciola, ma potente, come si addice a questi tempi, anche per ciò interessanti. Ma i tempi sono anche purtroppo popolati di problemi drammatici e urgenti e questo brusio ci fa perdere un sacco di energie, che andrebbero utilizzate per cercare soluzioni e non soltanto nenie. C’è da augurarsi che questi amici scendano al più presto dalle stelle e che al brusio si sostituisca prima o poi un po’ di serietà.