La battaglia delle donne
“Le donne sono state abbandonate per molto tempo allo scoperto, come un campo senza siepe… Non c’è dunque da meravigliarsi se i loro invidiosi nemici e l’oltraggio dei villani, che le hanno assalite con tante frecce, hanno avuto la meglio in una guerra senza difesa alcuna”.
Sono parole di Christine de Pizan, una donna e scrittrice straordinaria che ha vissuto in Francia nel tardo medioevo. Il Nobel bellissimo a Malala Yousafzay, la ragazza pakistana che si batte per l’istruzione alla bambine nel suo paese me le ha fatte venire in mente. “I libri e le penne sono le armi più potenti” e “l’educazione è l’unica soluzione” ama ripetere spesso Malala Yousafzay.
Christine diceva alle donne, nel suo libro più famoso e dalla scrittura scintillante, La città delle dame: “Te lo ripeto, e non dubitare del contrario, che se ci fosse l’usanza di mandare le bambine a scuola e di insegnare loro le scienze come si fa con i bambini, imparerebbero altrettanto bene e capirebbero le sottigliezze di tutte le arti, così come fanno loro… Esse hanno un’intelligenza più viva e più acuta là dove esse si applicano”.
Siamo ancora lì, tutti, alla battaglia non vinta per costruire una città delle donne, o una città con le donne. Certo la situazione di quelle zone del Pakistan, in cui Malala è stata fisicamente aggredita e rischia la vita, è particolare, ma chi potrebbe negare che in ogni società, nei comportamenti quotidiani, nelle carriere, negli ambienti di lavoro, le donne siano ancora un prato senza siepe?
“Perché non mi hai fatta nascere in un corpo di uomo?” chiede Christine in una certa fase della sua vita. Rimasta vedova da giovane e senza protezione, cerca di affrontare una situazione difficile, tra cause legali e problemi economici. A un certo punto, in una sorta di visione che la conduce alla consapevolezza della sua autonomia, conducendo un nave in tempesta sente di diventare un uomo, si trasforma in un uomo: “diventai un vero uomo – non è una favola – capace di condurre la nave”. Ma è solo una fase della sua evoluzione, che la conduce a rivendicare il suo essere donna, in una società presidiata da uomini “Nella mia follia” pensavo che sarebbe stato meglio essere un uomo, ma è arrivato il momento di “sottrare le donne dalle mani del Faraone”, è arrivato il momento di combattere gli ignoranti e gli invidiosi, siano essi intellettuali, clerici, villani.
Il Nobel a Malala Yousafzay ci ricorda che questa battaglia non è ancora finita e che a combatterla, spesso, purtroppo, sono ancora solo le donne.