Senatori, un sussulto
Caligola per insultare il senato romano nominò senatore il proprio cavallo. Ma ora è il momento che i senatori della repubblica ci dimostrino che non sono solo cavalli nominati dai piccoli Caligola che infestano la nostra vita pubblica. Abbiano un sussulto: chiedano e ottengano le dimissioni del loro vicepresidente. Il cavallo Calderoli può dire (quasi) tutto quello che vuole nei suoi comizi barbari (coperto dall’immunità di cui gode), ma non può fare il vicepresidente del senato. Ci sarà chi lo voterà, benissimo; ci saranno i soliti uomini della statura e della capacità di un Salvini o di un Borghezio che ormai sono entrati di diritto nella commedia dell’arte, come Pulcinella e Colombina, e se ne sono fatti una professione, che faranno la voce chioccia, benissimo.
Quello che non è possibile è che gli altri senatori stiano vergognosamente in silenzio. Si dirà: ma in fondo è un’ipocrisia, non cambia nulla, non verrà meno il razzismo per questo. Se è un’ipocrisia, è un’ipocrisia necessaria, che va pretesa. Le istituzioni sono una difesa della vita associata, sono un barriera contro la disgregazione del cinismo e del “Dio per tutti e ognuno per sè” che porta alla violenza.
Tutto è tollerabile, ogni cinismo politico, ogni tradimento di mandato, ogni magheggio d’interesse, ogni calcolo tattico, ma non l’insulto all’istituzione, non l’aperta ingiuria alla sua funzione.
L’insulto di Calderoli vicepresidente del senato è proprio questo: un insulto al senato e alla sua funzione, uno sfregio agli italiani. È come il disprezzo di Caligola che teneva in così poco conto l’istituzione comune da nominare il proprio cavallo. Calderoli non può più presiedere il senato. Ma dove sono i senatori ora?