Chiudere un’orchestra sinfonica nazionale
Certo, ci sono cose più importanti e più urgenti, ce ne sono sempre, ma a me pare che l’idea di chiudere la televisione pubblica e l’orchestra sinfonica nazionale siano momenti che possono segnare un processo di disgregazione sociale inedito.
Ma l’orchestra sinfonica, si dirà, non è certo il primo dei problemi greci ed europei. Forse no, ma la differenza tra una moltitudine dispersa e disgregata di singoli che si arrabattano nel perimetro stretto del quotidiano e che proprio per questo sono inevitabilmente sopraffatti dalla miseria e dalla tirannia dei più forti e un popolo, una società, una comunità, è data anche (non solo) dalla capacità di rispecchiarsi in valori comuni, in un orgoglio collettivo, in un desiderio di bellezza e in un’esigenza di gioia, di elevazione, che tutti sentono, come popolo.
La musica tradizionalmente, nella sua inutilità apparente, ha svolto anche questa funzione, questa capacità di dire «siamo umani, siamo noi, siamo qui, possiamo essere felici perchè siamo nati per questo» e di farlo sentire a tutti. È uno strumento simbolico, e un fine in sé, che non ha a che vedere con il numero di biglietti timbrati al concerto e che non è uno svago di pochi, ma è una salvaguardia, una garanzia di umanità. Cominciare a tagliare da lì, peraltro con costi relativamente modesti, è un passo che rischia di farci retrocedere (altro che contagio finanziario) da popolo, da società, a moltitudine.