Ci sono più cose in cielo e in terra che in tutte le nostre application
Sempre più spesso mi scrivono dottorandi o postdottorandi (e soprattutto dopo aver scritto questo post e quest’altro) che mi chiedono come informarsi sui dottorati o i postdottorati all’estero. “Il mio professore non ne sa nulla” – mi dicono ; oppure: “Nella mia università non c’è un ufficio che ci informi”; o ancora: “Da noi non vanno oltre l’Erasmus”, “Qui non c’è sbocco, ma non so come muovermi”. Spesso mi chiedono anche proprio consigli su come preparare determinate “application” (la preparazione del dossier scientifico o del colloquio).
Io rispondo volentieri, per come posso, e mi chiedo anche: è possibile che in tempi come questi, di mobilità europea, di contrazione dei fondi per la ricerca, di intasamento delle università italiane, non si pensi a dare un aiuto di informazione efficace da parte delle istituzioni a questi ragazzi e ragazze? Ecco magari tra i lettori c’è qualche direttore di dipartimento che non c’aveva pensato, qualche preside di facoltà particolarmente motivato che può dedicare periodicamente una risorsa a questo, qualche membro di una delle numerosissime associazioni scientifico-accademiche (ce n’è praticamente una per ogni “classe di concorso” e dovrebbero aiutare a promuovere la loro disciplina nella società: perché allora non aiutare i soci più giovani a muoversi nello spazio europeo?), o anche qualche singolo professore o ricercatore – quando lavoravo a Monaco un mio collega aggiornava continuamente la bacheca dell’istituto con tutte le informazioni di questo tipo a cui aveva accesso.
Peraltro la cosa può essere anche relativamente semplice se se ne occupa qualcuno, ci sono anche siti o mailing list, e anche molto produttiva, perché chi va all’estero può a sua volta dare informazioni (e perché non tenere una lista di chi è già andato in altre università o centri?), creare relazioni e opportunità anche per gli istituti d’origine, strutturare reti scientifiche. Aiutare chi vuole muoversi, individuando facilmente alcuni canali informativi, non solo sgraverebbe i ragazzi dell’incertezza iniziale (consentendo loro di dedicarsi con serietà alle loro application, perché la competizione è davvero forte), ma potrebbe essere anche un buon investimento.